ovrà scontare 14 anni di carcere Antonio Francese, il 26enne di Cassano allo Jonio imputato per l’omicidio di Francesco Mitidieri, il 7 maggio del 2005 davanti al Cherokee pub di Policoro
POTENZA - In primo grado chi ha effettuato l’autopsia aveva
detto che la coltellata mortale era
stato sferrata «dal basso verso l’alto». Ma
in Appello ha parlato di un taglio «perpendicolare», aggiungendo che soltanto
chi si trovava di fronte alla vittima mentre veniva colpita poteva
sporcarsi le scarpe di sangue in quel modo. Per questo i giudici non hanno
avuto più dubbi.
Una fiaccolata in memoria di Francesco |
Dovrà scontare 14 anni
di carcere Antonio Francese, il 26enne di Cassano allo Jonio imputato per
l’omicidio di Francesco Mitidieri, il 7 maggio del 2005 davanti al Cherokee pub
di Policoro.
Lo ha deciso ieri
pomeriggio la Corte d’assise d’appello presieduta da Vincenzo Autera assistito
dal consigliere Alberto Iannuzzi, rovesciando l’assoluzione pronunciata a
maggio di due anni fa.
Francese, che
interrogato dal presidente della Corte al termine delle discussioni non ha
voluto rilasciare dichiarazioni, era presente alla lettura del dispositivo ed è
stato considerato responsabile di omicidio e condannato al minimo della pena
(21 anni meno un terzo per le attenuanti generiche). Mentre per lui e altri 3
ragazzi di Policoro accusati di rissa, Nicola Mitidieri, Marco e Christian
Lauria è arrivata la prescrizione.
In aula il pm materano
Rosanna De Fraia, applicato anche in Appello per questo processo, aveva chiesto
una condanna un po’ superiore: 18 anni di reclusione.
Fondamentale per
l’accusa si sono rivelate le dichiarazioni del professor Luigi Strada, autore
della perizia autoptica sul corpo della vittima. Dichiarazioni su cui hanno
puntato molto anche i legali della famiglia Mitidieri, Nicola Buccico e Nuccio
Labriola.
Di fronte alla Corte
d’assise d’appello il direttore dell’Istituto di medicina legale
dell’Università degli studi di Bari ha precisato il senso di quanto affermato
in precedenza, spiegando che la coltellata al cuore di Francesco Mitidieri era
stata comunque inferta ad altezza d’uomo, da qualcuno che si trovava di fronte
a lui. In più si è soffermato sull’analisi della macchia di sangue,
appartenente a Mitidieri, trovata sulla scarpa di Francese: l’unica di quel
tipo scoperta sugli indumenti delle persone coinvolte nella zuffa. Infatti si
tratterebbe di una macchia provocata dallo «sgocciolamento» della ferita
avvenuto negli attimi immediatamente successivi al colpo («non più di 5 secondi
dopo»), prima che il giovane policorese cascasse a terra.
Per leggere le
motivazioni della sentenza serviranno 90 giorni, ma è probabile che sia stato
proprio questo l’elemento più importante sopraggiunto dopo la riapertura del
dibattimento disposta dalla Corte d’assise appello per superare l’orientamento
dei giudici di primo grado.
Commossi, durante la
lettura della sentenza, i familiari di Mitidieri che non hanno trattenuto le
lacrime alla parola «condanna». Commosso anche Gianfranco Prillo, l’amico in
soccorso di cui era intervenuto Mitidieri, colpito a sua volta da un fendente
al fegato e costituito come parte civile. Mentre il legale di Francese,
Giovanni Guaglianone, ha già annunciato il ricorso in Cassazione. Non era
presente, invece, il padre di Francese, Lorenzo, autore di discusse indagini
difensive per provare a scagionare il figlio, e arrestato poco meno di un anno
fa per estorsione a mano armata ed evasione dai domiciliari.
Il 7 maggio del 2005
Antonio Francese e due amici di Cassano allo Ionio avevano deciso di passare
una serata “diversa” e si erano incamminati lungo la statale 106. Lo scontro al
Cherokee pub sarebbe nato per uno sguardo troppo insistente di Francese alla
fidanzata di Prillo, costretto su una sedia a rotelle per un vecchio incidente
d’auto. In pochi minuti si sarebbe scatenata una mega rissa con circa 200
persone implicate a vario titolo e soltanto in parte identificate dai
carabinieri.
Mentre Francesco
Mitidieri moriva in ospedale per un singolo colpo inferto dritto nel cuore,
Francese avrebbe atteso le luci dei lampeggianti per uscire dalla boscaglia
dietro al locale dove si era nascosto. I militari intervenuti sul posto
avrebbero dovuto faticare non poco per aprirsi una strada. «Urlavano e
correvano da tutte le parti» ha raccontato in udienza il tenente dei
carabinieri Antonio Guglielmi che all’epoca dei fatti era il comandante il
nucleo operativo radiomobile di Policoro: «volevano linciarli».
Nel giro di qualche ora
davanti ai cancelli della caserma dov’erano rinchiusi i tre ragazzi calabresi
sarebbero stati in 3mila a premere sui cancelli. «C’era una questione di ordine
pubblico da risolvere». Ha spiegato il tenente Guglielmi. Tutti a chiedere “la
testa” dei presunti assassini di Francesco al punto da impedire l’immediata
delimitazione della scena del crimine.
D’altro canto il
tentativo dei carabinieri di mettersi in contatto con il Comune sarebbe
fallito, e quando le ricerche dell’arma del delitto sarebbero partite i
cassonetti di immondizia della zona attorno al locale erano stati svuotati.
L’assenza tra i reperti
della lama da 12 centimetri che secondo la perizia autoptica del professor
Luigi Strada avrebbe causato la morte di Mitidieri e la ferita all’addome del
suo amico Prillo ha pesato non poco nel bilancio del dibattimento di primo
grado.
Gli avvocati di Francese
ne avevano fatto il fulcro della loro difesa, arrivando a ipotizzare, che fosse
stato Prillo a colpire la vittima che era intervenuta in suo soccorso.
Dopodiché sarebbe stato lo stesso Prillo a ferirsi in un punto del corpo dov’é
insensibile a causa dell’incidente.
«Francesco era più di un
fratello per me». Ha ribadito Prillo a margine dell’udienza. «Ero arrabbiato
durante la mia testimonianza ma vorrei che si capisse in che situazione mi sono
trovato. Accusato io? Come potevo restare tranquillo di fronte a una cosa del
genere?»
Durante la “rissa” di
fronte al pub Cherokee almeno altre 3 persone hanno riportato ferite da arma da
taglio, tra cui i due Lauria e Nicola Mitidieri, ma nessuno di loro è stato in
grado di indicare agli investigatori chi li avesse colpiti. C’è stato persino
chi ha parlato di una bottiglia spaccata al posto di un coltello ed è stato
smentito in maniera decisa dai referti medici.