Fare impresa non significa lasciare inquinare il ciclo dell’acqua
dolce del sottosuolo, l’aria che
si respira e i campi che si coltivano per
consentire, ad esempio, che i Riva dell’Ilva di Taranto evadano ben 8 miliardi
di euro o che l’Eni in Basilicata debba avere dei salvacondotti di libertà
assoluta. O che l’inceneritore a responsabilità limitata di Fenice Ambiente
srl, a San Nicola di Melfi, sia tenuto in piedi e funzionante senza
l’autorizzazione integrata ambientale regionale, con artefici amministrativi
rilasciati dalla Provincia e con una spaventosa continuità di interessi a
tutelare le irregolarità nella gestione dei processi industriali e inquinanti.
Vito Petrocelli |
Motivo per cui, ci vuole una bella faccia tosta politica, e
un’esperienza non da poco nel gioco delle tre carte, da parte del
sottosegretario Marco Flavio Cirillo, per conto del ministro all'ambiente,
Andrea Orlando, nel far sapere ai lucani che, in risposta all’interrogazione
del M5S, la Regione Basilicata, la Provincia di Potenza e il Ministero hanno
«da tempo» sott'occhio la questione Fenice e che «ritengono inaccettabile il
tentativo della società francese di escludere proprieresponsabilità sul superamento,
nelle acque sotterranee, della soglia di contaminazione relative ai metalli
pesanti».
Insieme all’Arpa di Basilicata, la Regione, la Provincia e il
Ministero, hanno, infatti, tenuto sottocchio così bene Fenice Ambiente srl che,
per nove anni, come dimostra l'indagine della Procura di Potenza, è stata non
solo consentita, ma anche celata ai cittadini la contaminazione delle falde
sotto l’area di Fenice e dell’ex zuccherificio. Tutti questi enti, invece,
sembrano essere ben consapevoli del fatto che si stesse consumando un reato nel
melfese e che, il dichiarare come «inaccettabile» l’autoassoluzione di Fenice
Ambiente srl dalle proprie responsabilità, è di fatto una maniera subdola della
politica lucana di autoassolversi dall’aver coscientemente disatteso il
principio di precauzione e dall’aver favorito procedimenti industriali in
difformità della legge 152 del 2006. Un sofismo che non salverà la classe
dirigente lucana da una “Norimberga” che chiederemo quando governeremo la
Basilicata per i reati ambientali commessi da decenni a spregio della catena
alimentare umana, per aver volutamente sottostimato i numerosi dati
epidemiologici sulla salute dei lucani e per aver nascosto, all’opinione
pubblica, molte attività invasive sul suolo e sottosuolo lucano.
L'Istituto nazionale dei tumori di Milano assegna alla
Basilicata, negli ultimi 20 anni, un trend di incremento dei tumori doppio
rispetto alla media nazionale. Lo studio“Sentieri” parla di incidenze tumorali
ad alto tasso di mortalità tra gli abitanti e i lavoratori delle due aree Sin
regionali (Tito Scalo e Valbasento). La “Relazione Sanitaria 2000”
dell’Istituto Mario Negri Sud, prima commissionata e poi “dimenticata” per 13
anni dalla stessa Regione Basilicata, dopo 3 anni di osservazioni, dal 1997 al 2000,
certificò come in Val d’Agri le patologie cardio respiratorie avevano incidenze
doppie rispetto al resto della regione. In Val d’Agri, l’Eni ha sperimentato
sin dal 1999 l’uso di sostanze altamente tossiche come l’acido cloridrico,
l’acido fluoridrico, e «strane pillole viscose», mentre in tutti questi anni,
le società minerarie e i politici lucani si sonosbracciati a dire che nel
sottosuolo lucano, fondamentalmente, si iniettava bentonite, una specie di
innocua argilla.
La stessa risposta delMinistero dell’ambiente su Fenice non
scioglie le riserve del M5S né riduce la volontà di istituire una “Norimberga
lucana”. Al ministro, infatti, non è stato chiesto di conoscere il suo grado di
“apparentamento politico” con la classe dirigente lucana né il suo grado di
conoscenza dei fatti di cronaca su Fenice né quello sul relativo “Progetto
Operativo di Bonifica”, formulato in bozza in Regione nell'aprile del 2012 e
ampiamente descritti nella risposta all’atto ispettivo del M5S. Molto più
gravemente, l’interrogazione del M5S mirava a chiedere: un cronoprogramma per
la chiusura dell’inceneritore; le misure da applicare per la consapevolezza
reale del danno creato alle popolazioni; l’applicazionedell’art. 132 del
Decreto Legislativo n. 152 2006 della legge italiana. Disposizione che consente
agli enti pubblici di provvedere alla bonifica dell’area, con oneri a carico di
chi ha inquinato, anche con nomina, essendo una prerogativa del ministro,
nell'esercizio dei poteri sostitutivi, di cui al comma 1 dell’art. 132 del
D.lgs 152/2006, di un commissario "ad acta" per la gestionedelle aree
contaminate.
Vito R. Petrocelli, portavoce Movimento 5 Stelle