giovedì 18 luglio 2013

Rimborsopoli lucana «Quanto vuoi per negare che facevo la cresta?»

di FABIO AMENDOLARA
«Mi chiese quanto volessi per ricomporre la questione». Il consigliere regionale Mario
Venezia (Fratelli d’Italia) cercò di intervenire su uno dei giovani della sua segreteria dopo la convocazione degli investigatori. Il racconto del ragazzo è contenuto in un verbale di due pagine depositato dagli investigatori pochi giorni prima della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari dell’inchiesta sui rimborsi «scroccati» dai consiglieri regionali alla Regione Basilicata.
Daniele Dragonetti, convocato come testimone dai carabinieri (dopo essere già stato sentito dalla Guardia di finanza nel mese di dicembre del 2012), ha dichiarato: «Preoccupato per la convocazione della Guardia di finanza, ho chiamato Mario Venezia per ricevere qualche delucidazione. Il consigliere mi chiese di incontrarlo di persona. La sera, quindi, ci incontrammo in un bar di Montescaglioso. Venezia, intuendo il motivo della convocazione, si raccomandò che in caso me lo avessero chiesto, dovevo riferire che con lui avevo solo una collaborazione sporadica e non a tempo pieno come invece era».
Gli investigatori ritengono che Venezia sui compensi di alcuni suoi collaboratori, tra cui Dragonetti, facesse la «cresta», trattenendo per sé parte dello stipendio. Dice Dragonetti: «Venezia mi disse di ricontattarlo immediatamente il giorno dopo, una volta terminata la mia escussione. Ricordo che si raccomandò anche di usare cautele nella comunicazione telefonica. In particolare, essendo lui un medico, io dovevo dirgli di sentirmi poco bene e quindi chiedere un incontro per una visita medica. In quella circostanza mi diede 50 euro, visto che andavo a Potenza per colpa sua. Io, dopo l’escussione, non lo chiamai. Fu lui a chiamare con insistenza, con numeri che poi ho scoperto essere di sua madre e della clinica per cui lavora. Non avendo ricevuto risposta - sostiene il testimone - Venezia mi si presentò sotto casa e attese nonostante la pioggia battente. Quando rientrai, aprì la portiera della mia auto e entrò. Era in evidente stato di agitazione. Gli chiesi di andare via».
È in quel momento, stando al racconto del testimone, che Venezia gli avrebbe proposto: «Venezia - si legge nel verbale - dopo avermi chiesto se fosse mia intenzione costituirmi parte civile nei suoi confronti, tirò fuori il portafogli chiedendomi quanto volessi per ricomporre la questione. A quel gesto minacciai di chiamare la Guardia di finanza. Uscì dall’auto e si allontanò». E i 50 euro che gli diede per raggiungere Potenza? Racconta Dragonetti: «Glieli restituii, con l’aggiunta di 70 centesimi, in busta chiusa, tramite un suo nipote, accompagnandola con il seguente messaggio scritto a penna. “La dignità non si acquista con una laureo o con titoli e cariche ormai decadute. Non la si acquista con soldi. E io ne ho più di te. Riprenditi questa banconota da 50 euro che mi hai dato per andare a Potenza. Affinché quel viaggio serva a dare giustizia alla gente onesta. I 70 centesimi sono per un caffè. Meglio se lo prendi da solo, magari ti abitui”. Da allora non ho avuto più contatti con lui».