Come
volevasi dimostrare: i 10 supposti saggi di Giorgio Napolitano si sono smascherati da soli. E
quello che c’è sotto non è bello da vedere.
Dovevano partorire un elenco di 4 o 5 cose da fare subito per fronteggiare la
crisi economica e politica. Un breve documento attorno al quale mettere in
piedi un governo di scopo che, una volta approvata la nuova legge elettorale,
riportasse il paese alle elezioni. Invece, dai loro 10 giorni di lavoro, sono
saltate fuori 130 pagine in cui di chiaro ci sono solo due
passaggi. Quelli in cui i prescelti dal futuro ex Presidente della
seconda nazione più corrotta d’Europa indicano, con dovizia di particolari, i
provvedimenti con cui depotenziare le
intercettazioni telefoniche, abbreviare i tempi d’indagine, mettere una mordacchia alla stampa, intimorire i magistrati (c’è la creazione di una sorta di Csm
di secondo grado i cui membri sono nominati un terzo dal parlamento e un terzo
dal Capo dello Stato), abolire in caso di assoluzione l’appello e salvare i soldi della partitocrazia.
I rappresentanti (solo
maschi) della partitocrazia che ha portato il Paese allo sfascio hanno infatti
stabilito – ovviamente con saggezza- che il risultato del referendum del ’93 sull’abolizione
finanziamento pubblico
ai partiti non conta. E che non conta nemmeno l’opinione degli attuali elettori
schierati (secondo tutti i sondaggi) per la cancellazione dei (finti) rimborsi
elettorali. O quella del Movimento 5 stelle, dei
parlamentari renziani, di quelli di Scelta Civica e persino del Pdl , chiamati al momento della
candidatura a impegnarsi in questo senso per iscritto.
La cosa però non turba il
saggio senatore Pdl, Gaetano Quagliariello, che
preferisce giustamente ricordare come “il capitolo nel quale più significativa
è risultata la piena legittimazione di importanti posizioni fin qui oggetto di
pregiudizio è quello della giustizia”. E poi elenca felice tutti i punti
dell’accordo, compresi il “più stretto
controllo dei provvedimenti cautelari, i rapporti tra
magistratura e mezzi di comunicazione, i limiti alla giurisprudenza creativa”.
Come dire: ladri di partito, colletti bianchi, tirate un
sospiro di sollievo, ci saranno meno indagini, meno galera e
meno cattiva stampa per tutti.
Ovviamente per fare una
riforma simile ci vogliono mesi. Ma è stata
trovata una soluzione. Sullafondamentale legge elettorale, indicata fino a
ieri come un’urgenza, salta fuori l’ennesima ipotesi pastrocchio un po’ proporzionale e un po’ maggioritaria.
L’idea che, per fare in fretta, si potesse copiare in toto le norme di un altro
paese (magari la Francia) non ha sfiorato i rispettati esponenti della Casta
che hanno redatto questo eccellente programma dell’inciucio.
E anzi, giusto per far capire che se la cosa si fa durerà cinque anni, sono
state previste in parallelo una serie diriforme costituzionali, ovviamente lunghissime da
approvare.
Così almeno ci sarà il tempo
di capire quali provvedimenti prendere davvero sull’economia. Nell’agenda
dell’inciucio di indicazioni concrete, tra mille principi
spesso condivisibili, non ve ne sono. Tutto è fumoso, come
nella migliore tradizione dei partiti di italica concezione, e giusto per
dimostrare al mondo che non si è capito nemmeno in quale anno si vive la parola
internet, in 89 pagine, non compare mai. C’è però un accenno molto vintage alla trasparenza degli atti della pubblica
amministrazione da
ottenere “anche grazie all’uso del web”.
Povera italia, verrebbe da
dire. L’hanno umiliata e offesa. E adesso la
vogliono uccidere.
Peter Gomez
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