venerdì 15 maggio 2009

E adesso sono proprio cavoli nostri.


E adesso sono proprio cavoli nostri. Nel senso che i territori, le regioni, i comuni, gli enti locali e in definitiva le comunità, adesso dovranno scannarsi tra di loro per evitare che sul proprio territorio vengano individuati e dislocati i siti destinatari di impianti nucleari e/o per lo stoccaggio delle scorie. E’ stato varato, infatti, dopo lunghi tira e molla che hanno portato martedì a svariati rinvii per mancanza di numero legale al Senato, nottetempo, furtivamente, l’articolo 17 del disegno di legge numero 1441 che il governo Berlusconi chiama pomposamente “Decreto per lo Sviluppo e l’Energia”, dentro cui ci sono per l’appunto una serie di articoli che riguardano il ritorno dell’Italia all’energia nucleare. Scelta strategica, dicono i sostenitori dell’atomo - Berlusconi, Scajola, il precedente ministro dell’Ambiente del Pdl Matteoli e l’attuale Prestigiacomo, tutti firmatari in solido dell’accordo bilatelare con la Francia di Sarkozy - per fare energia a basso costo; scelta demenziale, ribattono gli oppositori che, oltre a enumerare i rischi, sostengono che il basso costo
non ci sarà, date le spese lunari e non si sa a carico di chi - per non contare i tempi biblici di costruzione - delle stesse centrali e per la messa in sicurezza degli impianti e dei territori da contaminazioni certe, anche a prescindere da possibili incidenti - come allagamenti e alluvioni, smottamenti e terremoti - se non veri e propri disastri come quelli di Cernobyl in Ucraina o di Three Mile Island in Pennsylvania; e persino dei rischi già paventati nell’impianto di ultima generazione Epr della Areva a Flamanville in Normandia, o dei guasti seguiti a un terremoto che stanno bloccando da due anni la centrale più grande del mondo già costruita in Giappone nel sito di Kashiwazi-Kariwa, con una perdita secca per la società Tepco (Tokyo Electric Power Company) di sei miliardi di dollari nel primo anno di fermo-impianto. Con uno scoop che ha fatto saltare sulla sedia i politici, i governatori e gli assessori delle regioni indicate come “prescelte”, ieri la Repubblica ha fatto sapere che i primi tre-quattro siti individuati dal governo potrebbero
essere quelli di Santa Margherita di Pula in Sardegna, di Ostuni in Puglia, ungo le golene del Po e sul confine tra la Lombardia e il Piemonte, e la Basilicata col sito di ScanzanoJ. o CracoSarebbero questi infatti, secondo le proiezioni geografiche di sicurezza fatte dall’Enea e dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia del Cnr, le aree “più sicure”, meno a rischio, tenuto conto che il territorio nazionale si sviluppa per la massima parte o lungo le coste (vi ricordate? l’Italia è stretta e lunga e tutta circondata dai mari) o in zone ad alto rischio sismico,
come raccontano i terremoti degli ultimi decenni, dal Belice al Friuli, dall’Irpinia all’Umbria, dalla Basilicata E adesso sono proprio cavoli nostri. Nel senso che i territori, le regioni, i comuni, gli enti locali e in definitiva le comunità, adesso dovranno scannarsi tra di loro per evitare che sul proprio territorio vengano individuati e dislocati i siti destinatari di impianti nucleari e/o per lo stoccaggio delle scorie. Gli articoli 14, 15 e 16 dello stesso disegno
di legge, inoltre, prevedono che il governo possa adottare entro sei mesi appositi provvedimenti, dopo opportuna delibera del Cipe (presidente Berlusconi, vicepresidente Tremonti, segretario il sottosegretario Gianfranco Micciché), che per decreto stabiliranno il ripristino dell’intera filiera per la produzione di energia
atomica, la localizzazione degli impianti, lo stoccaggio del combustibile, il deposito dei rifiuti radioattivi, eccetera. Già sono insorti la presidente della
regione Piemonte Mercedes Bresso, dato che uno dei siti di stoccaggio delle scorie è stato indicato a Saluggia in provincia di Vercelli, e l’assessore all’energia e all’ambiente della regione Puglia Michele Losappio, che ha chiesto l’immediata convocazione di un Consiglio regionale che avvii subito un confronto sulla questione
del nucleare, nonostante che il viceministro Adolfo Urso si sia affrettato a chiarire come le notizie propalate dalla stampa fossero prive di fondamento.
«Di fronte all’accelerazione del Parlamento con l’approvazione del disegno di legge che affida al governo ampi poteri per la scelta dei criteri e dei siti - ha detto Losappio - è indispensabile che il Consiglio regionale dichiari la sua volontà». Analoga convocazione d’urgenza dei Consigli comunali di Ostuni, Fasano, Cisternino e Carovigno sono stati sollecitati dall’Anci Puglia, mentre per i deputati sardi del Pd Fadda e Calvisi «una scelta del genere farebbe della Sardegna la pattumiera nucleare d’Italia», per il senatore IdV Felice Belisario «localizzare un sito nucleare in Italia sarà difficile, a meno di non imporlo con l’esercito, come
nelle dittature militari». «Se dovesse tornare il nucleare in Italia, sarebbero pochissimi i territori che potrebbero ospitare una centrale - afferma in un documento Greenpeace - considerando zone le sismiche, quelle a rischio alluvioni, quelle a rischio siccità, le coste in erosione e le città densamente popolate».
Attraverso «tre importanti carte tematiche » l’organizzazione ambientalista svela «perchè lo stivale è assolutamente inadatto alle centrali nucleari
». Una di queste, la carta del Cnen (Comitato nazionale energia nucleare costituito
nel 1960 poi diventato Enea) «era la risultante di varie carte tematiche elaborate negli Anni Settanta per la localizzazione del deposito nazionale per le scorie nucleari elaborata nel 1999-2000. Per capire dove potrebbero finire le nuove centrali nucleari bisogna partire da queste carte e vedere con quali criteri verranno
aggiornate - spiega Giuseppe Onufrio, fisico, direttore esecutivo di Greenpeace Italia - un criterio è quello sismico, un altro criterio è quello della vulnerabilità delle coste». Nel report “Mappe nucleari per l’Italia”, Greenpeace fornisce una lista di aree a maggiore vulnerabilità: «Se questo criterio verrà adottato - sostiene Onufrio - dalla vecchia carta Cnen devono essere espunte diverse
aree costiere e se ci fosse anche l’indicazione di restringere l’attenzione nelle aree a minore pericolosità sismica, davvero rimangono pochissimi siti su cui puntare l’attenzione: le province di Vercelli e Pavia, l’isola di Pianosa, le province di Ogliastra, Nuoro e Cagliari». Una legge pessima,

4 commenti:

  1. Cosa deve accadere ancora, prima che gli Italiani capiscano che siamo sotto regime? Forse quando i manganelli della polizia cominceranno a rompere le zucche vuote dei lucani nelle future barricate a terzo cavone, la gente si sveglierà dal sogno Berlusconiano fatto di spot ad effetto e prese per il culo a più non posso. Adesso non lamentatevi, dopotutto la maggioranza degli Italiani ha votato per lui! Beccatevi le scorie adesso e muti!!

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  2. adesso si che è proprio brutta! Non ci saranno comitati, gruppi o grigliate che freneranno l'avanzare delle trupe del regime. Se vorranno mettere qualcosa sulla nostra terra stavolta lo faranno ! La mia non è rassegnazione ma una cruda visione della realtà. Arriveranno e militarizzeranno l'area , così come hanno fatto a Pianura, l'opposizione a questi blindati potrà far scoppiare un nuovo massacro....vedi Avola!

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  3. Avete ascoltato le dichiarazioni di Latronico? Lotterà per farci rimborsare dei danni ...della morte che avremo. Siamo alla frutta, attenzione al voto, non possiamo pensare che per punire il centro sinistra ci dobbiamo mettere nelle mani di chi non ha rispetto per la Basilicata. Non dimentichiamo il tipo di federalismo che ci stanno propinando, non dimentichiamo la legge sulle concessioni petrolifere che stanno facendo, non dimentichiamo i fondi Fas che fine hanno fatto, non dimentichiamo le dichiarazioni delle Ferrorie dello stato su Matera, è una vergogna, attenzione.

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  4. caro ottavio ricorda che nella commissione ambiente ci sono latronico,chiurazzi e antezza
    scusami ma ho bisogno di un indirizzo mail personale a cui inviarti dei dati
    lucanolibero@libero.it

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