mercoledì 25 marzo 2009

Policoro ricorda Luca e Marirosa


POLICORO - Il 23 marzo di quel lontano 1988, la data più nera di cronaca della storia della città jonica, due giovani ragazzi furono trovati morti nella casa di lei, in tarda serata: Marirosa Andreotta e Luca Orioli. A distanza di ventuno anni, ci si chiede: chi? perché? Due interrogativi ai quali nessuno finora ha dato delle risposte logiche aggiungendo al triste elenco dei misteri italiani anche quello dei “fidanzatini”di Policoro. Sono trascorse poche ore dalla marcia dei 150 mila nella città di Napoli, organizzata dall'associazione nazionale “Libera” di don Ciotti, a favore delle vittime di tutte le mafie, che la sede regionale lucana dell'omonima associazione, guidata da un altro parroco di frontiera, don Marcello Cozzi, sta cercato di far luce su questo caso di omicidio. E proprio nella ricorrenza del ventunesimo anno, a poche decine di metri dalla casa che ha visto morire i due giovani, nella sala convegni di “Padre Minozzi”, don Cozzi ha cercato di squarciare con un raggio di luce di legalità tra le fitte tenebre che avvolgono ancora il caso giudiziario, un caso che negli ultimi anni proprio per il suo mistero è diventato anche un caso di giustizia divina. Quella che dovrebbe ripulire le coscienze nella vita eterna, nell'aldilà. E chissà se in questi anni qualcuno che sapeva non sia stato già perdonato dal Padreterno. Ma chi ha visto e tace ancora oggi nella sua esistenza terrena non può dirsi cristiano, nella sua accezione più ampia e non solo religiosa. Ed è a lui, o loro, che Olimpia Fuina in Orioli con al fianco don Marcello Cozzi si rivolge, alla ricerca della verità: “Le cose mai dette”. E Olimpia ricorda con grande lucidità quel giorno. Un giorno che era iniziato come tutti gli altri: «Luca mi diede un bacio come faceva sempre prima di uscire di casa per andare a scuola… in questi anni i passi in avanti fatti sono stati importanti e sono stati tutti nella direzione di cause non accidentali che hanno portato alla loro morte». Ma in questi lunghi anni passati alla ricerca della verità, Olimpia non è mai stata sola: «la partecipazione allargata della gente, la solidarietà che mi è stata
data anche dalla stessa città dove per anni sono vissuta (Policoro ndr) mi ha fatto e mi fa sperare tuttora che il giorno della verità e della giustizia non sia tanto lontano». Nella sua testimonianza di mamma coraggio contro quelli che si chiamano poteri forti, Olimpia contrappone: «la libertà interiore che mi dà la forza di lottare, di sperare, che non tutti hanno… io posso fare quello che mi sento di fare e dire quello che mi sento di dire… altri non so se hanno la mia stessa coscienza e libertà ». Nella sala c'è un silenzio tombale, di rispetto verso il dolore di una persona che nemmeno la verità, qualora saltasse fuori, potrà mai lenire. E quello che lei dice trova riscontro nei fatti narrati in sequenza dall'ex comandante della Compagnia di Policoro, Salvino Paternò, in un filmato proiettato di un convegno a Metaponto anni fa, sono agghiaccianti. L'ufficiale racconta come le indagini, siamo nei primi anni del 1990, siano state depistate e coperte perché dietro la morte dei fidanzatini, a suo dire e dopo la denuncia di una convivente di un pregiudicato
tursitano affiliato ad un clan che spadroneggiava nella fascia jonica in quegli anni, si nascondeva un giro di prostituzione e di droga in cui erano coinvolti notabili del posto a partire da magistrati e noti professionisti che si radunavano al villaggio “Heraclea”. Però la Procura di Salerno, competente, archiviò il caso, sostiene nel filmato Paternò perché non ci sarebbero gli estremi di reato. E subito dopo arriva in sala un altro ufficiale che è stato fino a qualche mese fa a Policoro, Pasquale Zacheo, reduce dal ritiro del premio Rosario Livatino in Sicilia. Il quale narra la straordinaria esperienza umana e professionale lucana: «le pallottole che fanno più male non sono quelle che ti tirano di fronte, ma quelle dell'ipocrisia di qualcuno dietro la schiena».
Gabriele Elia

7 commenti:

  1. Ma è il blog che non pubblica i commenti o nessuno ha niente da dire sull'argomento?

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  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  3. Bella domanda? Il Blog pubblica sempre i commenti

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  4. Non ho dubbi che il blog pubblichi i commenti, alludevo ad un eventuale ritardo o problema tecnico. La domanda a questo punto è: nessuno ha niente da dire? Oppure è opinione comune che è meglio farsi i cavoli propri?

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  5. quante cosa da dire, ma per?domenica, 29 marzo, 2009

    su quel duplice delitto di cose da dire ce ne sono tante, ma quando gli indagati sono anche gli investigatori(o strettamente correlati a loro) c'è poco da fare, il prof. Oriolo ha dedicato fino all'ultio le sue forze per risalire a chi gli aveva ammazzato il figlio, si diceva che era diventato pazzo , invece non lo era affatto!
    il fotografo di montalbano afferma di esser andato con i carabinieri, che smentiscono.....allora, intimidendo lui ritratta.
    questo è il punto 1 per esempio gli sbirri la chiave ce l'avevano o no?poi senza risalire ai mandanti si è data la colpa ad un morto, che purtroppo non può difendersi.

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  6. Conosco un pò la storia ma non completamente. Chi sarebbe il morto a cui è stata data la colpa? Grazie per l'informazione.

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  7. per farla breve si attribuisce lo scempio ad un ragazzo ammazzato pe r mafia qlk anno fa e ritrovato nei calanchi. Questa era la notizi a che per qualche tempo circolava e i mandanti , dando per vera questa impotesi , chi sono?la sta l'inghippo

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