mercoledì 20 agosto 2008

Il sud rischia la bancarotta

MILANO - È un caso se Mercedes Bresso, presidente del Piemonte sia la più aperturista sul tema del federalismo fiscale tra i governatori di centrosinistra? O che viceversa non lo sia il presidente del Lazio, Piero Marrazzo che ammonisce a non trasformare l'Italia "in un paese a due velocità?" Per nulla: sono posizioni politiche che si basano sui numeri e che rivelano, in effetti, una graduatoria tra chi rischia di guadagnare di più e chi, viceversa, perdere non pochi quattrini se dovesse andare in porto la riforma in senso federale così come la prevede la bozza del ministro Calderoli: con le regioni del Nord che si ritroverebbero con più soldi rispetto al passato e quelle del Sud che dovrebbero ricorrere a nuovi trasferimenti da parte dello Stato. Perché, innanzi tutto, il disegno di legge cambia la partita di giro tra Roma e giunte regionali, che finirebbe in vantaggio di queste ultime: le regioni nel loro complesso si vedranno ricevere fino a 60 miliardi di nuove risorse. Lo ricorda una elaborazione eseguita pochi mesi fa dal professor Massimo Bordignon e dal centro Cifrel della Cattolica di Milano sul disegno di legge della Lega che a sua volta si basa da un testo della regione Lombardia e contenuto nel programma della Pdl, poi corretto da Calderoli in una serie di incontri anche con le Regioni. Il calcolo prevede che se oggi entrate proprie e trasferimenti garantiscono alle Regioni 81 miliardi, domani con il progetto della Pdl si arriverebbe attorno a 228, in pratica 147 in più. Ma da questi vanno tolti i soldi destinati alle nuove funzioni che saranno attribuite alle Regioni e che sono in carico allo Stato (dal finanziamento per le Università agli stipendi degli insegnanti, fino ai trasferimenti per Comuni e Province), per arrivare alla cifra di 63 miliardi.
Ma quali sono le regioni che guadagnano e quelle che perdono in questa partita di giro. Avvantaggiate le Regioni più virtuose, quelle che pagano più tasse "regionali". Lo sostengono dati elaborati, in questo caso, dalla Cgia di Mestre. Al primo posto c'è la Lombardia, seguita proprio dal Piemonte di Mercedes Bresso e dal Veneto. In Lombardia lo Stato copre solo il 35,4% della spesa pubblica della Regione, il resto arriva dalle tasse regionali; in Piemonte siamo al 46,3% di copertura, in Veneto al 47%. Così via, fino ad arrivare ai record negativi delle regioni del sud, ovvero a quella Italia a due velocità di cui parla Marrazzo: la Basilicata, ultima della classifica tra le regioni a statuto ordinario, bussa a Roma per il 78,4% delle spese, la Calabria per il 77,7% e il Molise per il 75,8%. Un meccanismo che rischia di diventare esplosivo se proiettato su un'altra classifica (eleborazione Unioncamere Veneto), la differenza tra tasse pagate e servizi ricevuti pro-capite. Lombardia è ancora una volta in testa con un saldo favorevole di 3.292 euro a cittadino, seguita da Emilia Romagna (2.643), Veneto (2.513), Piemonte (316), Toscana (180) e Marche (120). Poi ci sono solo saldi negativi, con in fondo alla classifica Calabria (-3.373) e Basilicata (-3.060). Ma attenzione alle Regioni a statuto speciale: qui non si fa tanta distinzione tra nord e sud: la Valle d'Aosta è la maglia nera della classifica (saldo negativo per 4.767) e supera anche Sardegna (-3.186) e Sicilia (2.854). Dove prenderanno le risorse dei diminuiti trasferimenti allo Stato dalle regioni del Nord?

(tratto da Repubblica)

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