MANIFESTAZIONE PRO-MARINAGRI E GLI ERRORI DI PROSPETTIVA
Qualcosa sappiamo e qualcos’altro immaginiamo. Il blocco del cantiere “Marinagri” provoca gravissimi disagi. Le imprese che hanno realizzato le opere ed attendono il pagamento dei corrispettivi, rischiano il fallimento e, a catena, i loro dipendenti versano in condizioni ancora peggiori. Si tratta di una situazione talmente grave che anche la ricerca delle colpe e delle responsabilità passa in second’ordine. Cosa volete che importi a chi deve portare il pane a casa se Tizio ha firmato un’autorizzazione “abusando” dei propri poteri oppure se Caio ha dichiarato il falso pur di accedere a finanziamenti miliardari? Ci sono questioni, problemi, situazioni che oggettivamente hanno una priorità e non si può far finta di nulla. Chissà quanti, rivolgendosi a politici amici piuttosto che ad amici politici si sono sentiti dire “cosa vuoi che faccia? Non possiamo far altro che aspettare gli esiti dell’azione giudiziaria”. Ma come, in Italia si possono ancora dare simili risposte? Come se non sapessimo tutti che la Giustizia (quando funziona) impiega anni e anni per giungere a verità definitive. Ed ecco sorgere la protesta, sacrosanta, rabbiosa, a tratti persino disperata. Sembra che l’origine del problema sia un magistrato, al secolo Luigi De Magistris, che ha firmato un atto di sequestro preventivo. Allora “dalli” al magistrato, e tutte le speranze si appuntano sul Giudice delle Indagini Preliminari. Ma anche questo magistrato firma per convalida l’atto di sequestro. E allora? Ecco farsi avanti la nuova speranza: il Tribunale del Riesame. Fra una trentina di giorni. E cosa faranno gli uomini che non sanno come cavarsela domani o domani l’altro? Queste posizioni, in parte indotte da sapienti regìe, sono sbagliate all’origine, contengono un clamoroso errore di prospettiva. Infatti il primo responsabile del patatrac è la classe politico-amministrativa che ha concesso autorizzazioni e permessi che non poteva concedere. Se la giostra è potuta iniziare, lo dobbiamo a Filippo Bubbico, a Nicolino Lopatriello e via via declinando i nomi dei funzionari e dei titolari di cariche elettive che hanno autorizzato l’impossibile. C’è pure il notaio che attesta erroneamente ma formalmente (sbagliando colposamente o dolosamente?) la titolarità di suoli a fronte di passaggi di proprietà mai avvenuti. Ci sono i magistrati che investono capitali propri nell’impresa (e questo non è un male) ma poi sono titolari di indagini che si intrecciano con gli interessi della società (e questo è vietato dalla Legge). Troviamo magistrati che seguono le indagini e, contemporaneamente, trattano l’acquisto delle bellissime villette con posto barca. E poi ci sono gli imprenditori al centro della Marinagri, i Vitale. Fanno il loro mestiere, più o meno come (forse) lo faremmo tutti. Hanno un’idea di business e cercano di realizzarla. Ma non è solo questione d’affari, vedono in Marinagri l’impresa della vita, quella che cambierà il volto di una regione. Comprensibile! È vietato accedere a fondi pubblici? No, se si superano gli articolati iter di progettazione, esposizione, autorizzazione, investimento. E loro li superano. Lo fanno con una eccessiva benevolenza delle autorità? Sembra proprio di sì. Lo fanno spingendo e forzando questo o quel rapporto? Sembra proprio di sì. Ma, in fondo, fanno il loro mestiere. Ed è qui l’errore di prospettiva. Gli imprenditori, gli operai, e persino l’Erario che eventualmente dovesse scoprire di aver subito truffe o appropriazioni indebite, non possono avere come controparte il Dr. De Magistris che compie solo il suo dovere e motiva con dovizia di evidenze i propri convincimenti investigativi. Le loro controparti sono la Regione Basilicata, l’Autorità di Bacino, il Comune di Policoro, e tutte quelle commissioni ispettive, consuntive, valutative e quant’altro la munitissima burocrazia del Bel Paese ha predisposto per vigilare, controllare, ispezionare, pianificare in materia di urbanistica, piani paesaggistici, tutela dell’ambiente, protezione civile eccetera eccetera. Perché questa pletora di personaggi costa centinaia di milioni, cresce molto più del tasso d’inflazione e s’infiltra in ogni posto dove ci sia un terreno da colonizzare. Non tutti e non sempre, ma nel caso Marinagri tutti e sempre, chiudono entrambi gli occhi quando sono in ballo interessi miliardari foraggiati dallo Stato Pantalone, e di questo devono rendere conto. Sono loro, i politici e gli amministratori la controparte naturale della “Marinagri”, delle imprese sub-appaltanti e degli operai che rischiano di non poter offrire ai propri figli l’indispensabile. Ed è a loro che bisogna chiedere la soluzione del pasticcio in cui hanno cacciato tanta gente. Sia chiaro, sempre e solo attraverso i sistemi ortodossi che la nostra evoluta repubblica democratica offre. Per esempio, partecipando tutti alla seduta straordinaria del Consiglio Regionale richiesta dal neo-senatore Egidio Digilio con l’avallo dei consiglieri dell’opposizione. È davvero singolare che ad oltre un anno dal primo sequestro del cantiere “Marinagri”, nessun Consiglio Regionale della Basilicata abbia affrontato la questione. Le contestazioni all’operato di Filippo Bubbico e delle principali autorità a presidio del territorio regionale sono gravissime e la massima assise regionale non ha nulla da dire? Gli indagati in sede giudiziaria sono tanti ed il loro destino dipende da persone (magistrati) e da valutazioni giudiziarie che esulano dalle nostre competenze. Quello che invece rientra perfettamente nelle competenze dei cittadini, nelle valutazioni e nelle richieste alla classe politica è la richiesta di un’assunzione di responsabilità e della ricerca di soluzioni che sono tanto più urgenti e doverose quanto più improprio, illecito ed illegale è stato il comportamento tenuto da Filippo Bubbico ed il suo entourage di potere e sottopotere che ha imperversato in Basilicata e, forse, ancora imperversa. Ma, come dice Cosimo, che di mestiere fa il salumiere, sarebbe pure ora che chi sbaglia paghi di tasca propria. Specie se per amministrare riceve compensi da centinaia di migliaia di euro. Altrimenti siamo alla beffa.
di Filippo De Lubac (Il Resto)
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