Dal Quotidiano della Basilicata
IL
giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Matera, Angela
Rosa Nettis, ha rinviato a giudizio lo scorso 21 aprile, il
presidente della Provincia, Francesco De Giacomo, e il suo capo
Gabinetto, Carmine Lisanti, con l’accusa di concorso in abuso
d’ufficio. Il procedimento era partito da un esposto presentato
alla Procura di Matera ed alla Corte dei conti, dal policorese
Ottavio Frammartino, attivista del Movimento “Policoro è tua”,
l’unico che volle mettere nero su bianco il dissenso per un
provvedimento unilaterale del presidente, che fece tanto scalpore in
un periodo di grande austerity e con il personale dell’Ente già
definito in esubero, per i tagli della riforma Del Rio. In questo
clima generale, l’allora neo eletto presidente De Giacomo, senza
bandire alcun concorso pubblico, il 30 dicembre 2014, emanò il
decreto di nomina (il numero 15 protocollo 0037765),
del suo capo di gabinetto, l’avvocato Carmine Lisanti,
inquadrandolo nei ruoli dirigenziali con uno stipendio annuo di
90mila euro. La levata di scudi dell’opposizione politica si alzò
immediatamente, finendo persino a Roma con un’interrogazione del
senatore Vito Petrocelli di M5S al ministero dell’Interno ed quello
per la Semplificazione, Pubblica amministrazione, Affari regionali ed
Autonomie, chiedendo un intervento immediato di revoca e annullamento
del provvedimento. Nulla avvenne, nonostante il fatto che il
presidente un mese prima, il 20 novembre, con
decreto numero 6, avesse già ufficializzato un’ulteriore nomina
esterna, individuando nel grottolese Silvio Donadio la figura
dell’addetto alla Segreteria, facente parte dello Staff operativo
di Presidenza. Così Frammartino decise di passare alle vie
giudiziarie. Secondo l’accusa, De Giacomo, in concorso con il suo
nominando Lisanti, avrebbe violato leggi
e regolamenti, considerato che non è stato indetto un bando di
avviso pubblico, né è stata esperita alcuna procedura
amministrativa interna tra i dipendenti e sarebbe stato violato
l’articolo 12 del Regolamento dell’organizzazione dei servizi e
uffici, approvato con deliberazione di Giunta provinciale 47 del
2011, modificato con deliberazione di Gp 56/2013. L’articolo
12, infatti, voluto dal precedente presidente Franco Stella, prevede
che per formare l’Ufficio di Gabinetto e lo Staff operativo, di cui
il presidente della Provincia può disporre, occorre prioritariamente
ricorrere al personale interno. Tra il personale interno alla
Provincia esistevano (ed esistono) figure con requisiti e titoli
idonei a ricoprire quegli incarichi. Secondo l’accusa, De Giacomo e
Lisanti, avrebbero violato anche la circolare n. 5/2015 del 29
gennaio 2015 (quindi successiva al decreto), emanata dal Ministero
per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione (lettera E),
per la parte che qui interessa, così recita: “(…) Alle Province
è preclusa in modo assoluto, per le finalità di contenimento della
spesa derivanti principalmente dalla misura di cui al comma 418, la
possibilità di attivare nuovi rapporti di lavoro (…), ne deriva
che, per supportare il Presidente della Provincia nell’esercizio
delle funzioni di indirizzo e di controllo attribuite dalla legge lo
stesso può ricorrere esclusivamente ai dipendenti di ruolo dell’ente
senza maggiori oneri. In nessun caso, invece, è consentito assumere
collaboratori con contratto a tempo determinato. De Giacomo si è
sempre difeso affermando che appariva: “Necessario conferire
l’incarico di capo Gabinetto a un soggetto esterno altamente
qualificato, non essendo possibile ricorrere al già insufficiente
personale direttivo e dirigenziale in servizio presso l’ente”.
Punti di vista divergenti, ma la magistratura inquirente, per il
momento, ha ritenuto valida la tesi accusatoria. Intanto, Frammartino
annuncia che si costituirà parte civile nel procedimento del
prossimo 12 luglio davanti al Tribunale in composizione collegiale, e
punta il dito anche sul Segretario generale Marazzo, deputato per
legge a controllare la legittimità degli atti amministrativi, che
all’epoca fu formalmente interessato al caso con una richiesta di
ritiro in autotutela, che non ebbe mai seguito.