martedì 20 ottobre 2015

Condannata professoressa Unibas Nove anni per peculato e concussione

La docente Albina Colella si è difesa spiegando di non essersi impossessata del denaro dei progetti su cui si è concentrata l'inchiesta. Uno dei docenti, però, ha dichiarato al giudice di non aver preso quei soldi, e di aver collaborato per «interesse scientifico»

Tratto dal quotidiano della Basilicata
Unibas
La sede dell'Unibas
La condanna è arrivata superiore a quanto richiesto dalla procura: il pubblico ministero Antonio Natale aveva chiesto per la professoressa una pena di 8 anni di reclusione.
Il Tribunale di Potenza ha condannato invece a una pena complessiva di nove anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici Albina Colella, docente dell’Università della Basilicata accusata di concussione e peculato per fatti avvenuti tra il 1999 e il 2001, relativamente a progetti legati all’attività didattica e all’uso di un gommone di proprietà dell’Ateneo.
Il giudice Aldo Gubitosi ha stabilito la pena: cinque anni per la concussione e quattro per il peculato.
Il progetto di ricerca riguardava le risorse idriche in Val d’Agri, finanziato dalla Regione con fondi europei. Secondo l’accusa, alcuni ricercatori avrebbero «restituito» parte dei loro compensi - circa cento milioni di lire in totale - in base a una richiesta della professoressa (all’epoca direttore del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Unibas), serviti poi per pagare altri docenti,
senza una necessaria documentazione fiscale.
Colella si è difesa spiegando di non essersi impossessata del denaro, che invece serviva per il prosieguo del progetto. Uno dei docenti, però, ha dichiarato al giudice di non aver preso quei soldi, e di aver collaborato per «interesse scientifico».
Per quanto riguarda il gommone, invece, l’accusa ha ipotizzato che venisse usato dalla professoressa per motivi personali e non legati alla ricerca, contestando anche il fatto che la manutenzione del natante avveniva in Puglia (secondo la Colella in Basilicata non vi erano officine specializzate in questo settore).
L’avvocato della docente, Leonardo Pinto, dopo la lettura del dispositivo, ha spiegato che «la sentenza non risponde all’esito dell’istruttoria dibattimentale» e che l'impugnazione in appello sarà su elementi oggettivi che escludono la sussistenza dei reati contestati».