Di Leo Amato dal Quotidiano della Basilicata
Le intercettazioni dell’inchiesta sulla droga nel metapontino: le minacce per i debiti di droga ai pusher passati col boss Scarcia. Il pasticciere di Nova Siri vicino al clan degli zingari: «Pagherete caro»
maresc.llo G. Carluccio |
Le intercettazioni dell’inchiesta sulla droga nel metapontino: le minacce per i debiti di droga ai pusher passati col boss Scarcia. Il pasticciere di Nova Siri vicino al clan degli zingari: «Pagherete caro»
POTENZA
- Spacciare a Policoro è pericoloso. C’è chi finisce accoltellato
per strada e chi dal carcere vede andare in fumo auto e proprietà.
Qualcuno rischia anche la vita, beccandosi una fucilata per i debiti
coi fornitori. E per chi cambia “amici” la ritorsione è un fatto
inevitabile.
E’
una città violenta, abitata da personaggi che vivono nell’ombra
quella che emerge dall’ultima inchiesta sui pusher del metapontino
condotta dalla Guardia di finanza.
Tra gli elementi raccolti dal gip di Matera che a fine maggio hanno portato all’arresto di 5 persone e all’obbligo di dimora per altre 5 c’è anche un’intercettazione ambientale considerata di «valenza gravemente confessoria». Una conversazione registrata dalle microspie piazzate nell’auto
di Pier Paolo Gizzi. Con Claudio Laviola, il suo socio in
affari, e Nicola Lofranco (ora ai domiciliari), il pasticcere di Nova
Siri vicino agli zingari. L’uomo di fiducia del “carabinir” di
Scanzano Jonico, Gerardo Schettino, che è considerato dagli
investigatori il vero referente della ‘ndrina di Corigliano per i
traffici di droga sulla Ss106.
Tra gli elementi raccolti dal gip di Matera che a fine maggio hanno portato all’arresto di 5 persone e all’obbligo di dimora per altre 5 c’è anche un’intercettazione ambientale considerata di «valenza gravemente confessoria». Una conversazione registrata dalle microspie piazzate nell’auto
Con.llo P. Cozzoli e il cap.no A. Taccardi |
Le
Fiamme gialle seguivano da tempo i traffici di Gizzi e Laviola. Da
quando avevano scoperto la loro «assidua frequentazione» con Davide
Pascale, l’imprenditore ferito da un colpo di fucile sotto casa
sua, a ottobre del 2012.
Proprio
per un debito di droga, stando a quanto lo stesso Pascale avrebbe
confidato al telefono una settimana dopo l’agguato, a uno dei suoi
pusher. Sì perché secondo i militari della compagnia di Policoro
Pascale «commerciava eroina e cocaina», mentre Gizzi e Laviola si
occupavano perlopiù di «hashish» e di «cocaina». E avrebbero
avuto anche i loro corrieri, diversi acquirenti-rivenditori e
fornitori vari.
Poi
però qualcosa si è rotto. Pascale è stato punito in maniera
esemplare. Tanto che per qualche centimentro non ci lasciava la
pelle. E la frequentazione tra tutti e tre è cessata «per volontà
di Gizzi e Laviola a seguito dell’attentato».
Chi
abbia sparato all’imprenditore, perforandogli la milza e il fegato,
e maciullandogli un gluteo, il gip non lo scrive. Ma del fatto che il
movente sia stato un debito di droga gli investigatori sembrano
certi. Droga affidatagli in conto vendita da qualcuno, che a un certo
punto deve essersi stancato di aspettare per avere i suoi soldi.
Succede
se si mette in giro tanta “roba” e si cerca di invogliare nuovi
clienti e di tenersi buoni quelli vecchi, anche quando sono a corto
di liquidità. Solo che per tutti prima o poi arriva il momento di
battere cassa e il gip è convinto che quattro mesi dopo l’agguato
a Pascale Gizzi, Laviola e Lofranco parlassero proprio di un piccolo
debito da saldare.
Lofranco
era uno dei loro rifornitori e doveva riscuotere 350 euro. Ma in quei
giorni Gizzi e Laviola avevano preso contatti con Salvatore Scarcia,
il boss appena uscito dal carcere, che avrebbe avuto intenzione di
riprendersi subito quello che un tempo era suo. Per avviare un nuovo
canale di rifornimento.
«Ricordati...
ricordati sempre... Solo queste cose... Ricordati sempre che io mi
sono messo in discussione con tutti quanti di Policoro per colpa tua,
che non ti dovevano toccare, che non ti dovevano fare niente... non
ti dovevano fare sfregi... perché se no statti sicuro che gli sfregi
li avresti avuti...»
Così
Lofranco mette in guardia Pier Paolo Gizzi, aggiungendo di aver già
riferito quello che stava succedendo a qualcuno che entrambi
conoscevano bene. «Questo gliel’ho detto tre giorni fa pure
all’amico nostro di Scanzano... Perché ti sei comportato malissimo
e tu pensi che io sono un pagliaccio come quello hai a fianco... Io
non sono stato mai un pagliaccio (...) ma per chi cazzo mi hai preso?
Per un cretinetto? O ti pensi che io per 350 euro vengo a piangere?
Io non vado a piangere da nessuno».
Infine
la minaccia: «Prima o poi... Io non vi chiamo... Non vi vado
cercando... Mo’ per caso vi ho visto (...) ma state tranquilli che
prima o poi queste 350euro che mi dovete dare... Voi non siete
dritti... Lo pagherete caro... Mi direte: “Maledizione, lo ha detto
e lo ha fatto”».
Le
forze dell’ordine sono intervenute qualche settimana dopo.