Udienza alla Corte dei Conti per gli ex consiglieri. Le difese chiedono prove testimoniali e sospensione in attesa del processo penale
di ALFONSO PECORARO
La richiesta è quella che gli imputati
hanno già conosciuto leggendo il loro atto di citazione: ossia risarcire la
Regione Basilicata di oltre 300 mila euro, indebitamente rimborsati ai
consiglieri regionali della ottava e nona legislatura, che avevano autoqualificato,
“quali spese di rappresentanza, esborsi sostenuti privatamente”.
L’ha confermata il procuratore regionale
della Corte dei Conti Michele Oricchio nell’udienza che si è celebrata ieri
dinanzi alla Sezione Giurisdizionale regionale per la Basilicata presieduta dal
giudice Tocca, consiglieri Pergola e Tagliamonte, al termine della sua
requisitoria.
Ovviamente il motivo del contendere
riguarda l’indagine popolarmente conosciuta come Rimborsopoli e che ha visto
coinvolti - in quattro distinti filoni, come ha precisato il pm - i singoli
consiglieri e i gruppi dell’ottava legislatura e i singoli consiglieri e i
gruppi della nona, nel periodo che riguarda il 2009 e il 2010.
Al termine dell’attività di indagine,
partita il 4 dicembre del 2012, dopo la ricezione di un esposto anonimo, la
Procura della Corte dei Conti ha evidenziato un indebito esborso per la finanze
regionali di 314 mila euro, dato dal complesso dei rimborsi richiesti ed
ottenuti da ciascun consigliere per spese non immediatamente riconducibili
all’espletamento del mandato.
Oricchio nella sua requisitoria ha preso le mosse proprio dal comportamento degli accusati che avrebbero “svolto illegittima e dannosa azione verso la collettività”, oltretutto “non essendoci nessun nesso logico, ontologico e giuridico tra la richiesta di rimborsi e l’effettivo svolgimento del ruolo di rappresentanza.
Oricchio nella sua requisitoria ha preso le mosse proprio dal comportamento degli accusati che avrebbero “svolto illegittima e dannosa azione verso la collettività”, oltretutto “non essendoci nessun nesso logico, ontologico e giuridico tra la richiesta di rimborsi e l’effettivo svolgimento del ruolo di rappresentanza.
In sostanza, Oricchio ha spiegato come
ogni singolo consigliere avesse ricevuto l’anticipazione delle spese di
rappresentanza (2517 euro mensili), essendo poi tenuto alla restituzione di
quanto non speso. L’oggetto del contendere per la magistratura contabile dello
Stato è proprio la definizione di queste “spese di rappresentanza”: gran parte
di quelle rendicontate - secondo l’accusa - non vi rientrerebbero, per cui
rappresentano degli indebiti rimborsi.
«Dalle pezze giustificative - ha detto
il pm - non emerge uno stretto legame dell’azione svolta in qualità di
rappresentante della collettività». Per essere più specifici Oricchio contesta
pasti, cene e incontri conviviali, ricevute di alberghi, ma anche acquisto di
profumi, fiori, piante e riparazioni di televisori. «Un uso allegro dei 2516
euro di acconto», ha ribadito.
Ovviamente - ed è il quadro più o meno
generico, venuto fuori dalle arringhe dei difensori degli ex consiglieri - ogni
caso non può essere assimilato a un altro. E di questo ne ha dato conferma
anche la Procura che ha voluto ribadire che i consiglieri Antezza, Restaino,
Ruggiero e Tisci non erano incorsi in abusi e la posizione del consigliere Di
Lorenzo era stata archiviata, vista l’esattezza delle controdeduzioni
presentate nelle fase istruttoria.
Così come il collegio ha preso atto
della richiesta di diversi legali di ammettere a una prossima udienza prove
testimoniali.
La ragione risiede nel fatto che oggetto
di contestazione sono fatti che risalgono al 2009 e al 2010, per i quali - è la
linea delle difese - servirebbe ascoltare testimoni. Oltretutto, fino al 2012 -
ossia all’epoca dello scandalo venuto alla luce nel Lazio e in Lombardia - non
esisteva una normativa precisa e che il legislatore nazionale ha disciplinato
la questione dei rimborsi spesa per gruppi e consiglieri solo dal 2013. Si
tratta, quindi, anche di una sorta di “prassi comune” l’essersi comportati
indistintamente - salvo rare eccezioni - con il medesimo modus operandi di
tutte le altre volte precedenti.
Ma Oricchio ha inteso anche tirare in ballo responsabilità di controllo. «L’Ufficio di Presidenza, per colpa grave, non aveva mai provveduto al sorteggio di chi doveva essere controllato, per cui la dirigenze deputata al controllo era impossibilitata a funzionare», ha spiegato.
Ma Oricchio ha inteso anche tirare in ballo responsabilità di controllo. «L’Ufficio di Presidenza, per colpa grave, non aveva mai provveduto al sorteggio di chi doveva essere controllato, per cui la dirigenze deputata al controllo era impossibilitata a funzionare», ha spiegato.
Il collegio adesso dovrà prendere
visione di fascicoli documentali decisamente corposi ed anche datati, così come
dovrà prendere in considerazione le richieste delle difese, tra le quali anche
una giusta individuazione del concetto di “rappresentanza politica” che a detta
dei consiglieri è molto più esteso della ristretta nozione che Oricchio
contesta. Ma in particolare va evidenziata la richiesta di sospendere il
giudizio innanzi alla magistratura contabile, in attesa della pronuncia
definitiva di quella penale, che sta agendo su una strada parallela sia pur
convergente per accuse.
Orientativamente, per una pronuncia si potrebbe attendere anche un paio di mesi.
Orientativamente, per una pronuncia si potrebbe attendere anche un paio di mesi.