POLICORO – E' uno dei delitti irrisolti della Basilicata. “Un delitto di
mafia”, per don Marcello Cozzi, vicepresidente nazionale di Libera. Mario
Milione aveva 34 anni e due figli minori quando fu trovato carbonizzato nel
bagagliaio di una Lancia Dedra il 19 ottobre 2004 nelle campagne di Ginosa (TA). Forse egli era ancora vivo
quando l'auto fu data alle fiamme tra il 16 ed il 19 ottobre di 10 anni fa. Ma quell'efferato crimine è ancora impunito. Lo Stato non è
riuscito neanche a stabilire la data certa della morte. “Non è un Paese civile
– ha ribadito don Cozzi - quello nel quale un padre va a piangere sulla tomba
del figlio sulla cui lapide è incisa solo la data di nascita, ma non quella di
morte. Quella data che non c'è è il simbolo dell'ennesima verità mai raggiunta
e dell'ennesimo percorso di giustizia mai giunto a compimento”. Don Cozzi ha
continuato con due interrogativi: “I mafiosi che hanno ucciso Mario pagheranno
mai? Chi di dovere riuscirà mai a dare una risposta alla famiglia?”. Ed ha concluso cosi: “A
questo punto far luce su questo delitto non è solo una questione giudiziaria ma
è un questione di civiltà”. Già. L'inchiesta sull'omicidio fu affidata, per
competenza territoriale, alla Procura di Taranto. E Libera, nonostante abbia
fatto intervenire i suoi legali, non è riuscita a sapere quali siano stati gli
atti di indagine ed a quali risultanze, se ve ne sono state, siano arrivate.
Ricordiamo che il padre di Mario, Salvatore, nell'unica volta che parlò alla
stampa, dichiarò il 4 gennaio 2011 alla Gazzetta “di avere forti sospetti su
alcune persone come responsabili dell’omicidio di mio figlio. Sono disponibile
a fornire il loro nomi alle forze dell’ordine ed ai magistrati”. Ma nessuno,
tra inquirenti ed investigatori, ritenne di acquisire la sua testimonianza. E
l'assassinio di Mario continua a gridare giustizia. Il padre elencò tutti i
suoi sospetti. Sospetti non solo sui soggetti di cui era disponibile a fare i
nomi ma anche sul luogo dove sarebbe avvenuto l’omicidio e sul movente: “Mario,
forse, fu ucciso in Basilicata e la sua salma fu fatta trovare, per depistare,
in Puglia dove diedero fuoco all’auto. Mario ha commesso come tanti altri
giovani errori di gioventù. Fu facile creare il movente della
tossicodipendenza. Ma mio figlio non era un tossico ma un bravo ragazzo, un
lavoratore che portava il pane ai suoi figli a casa”.
Tratto dal Blog di Filippo Mele