Oggi vi presentiamo un'analisi tratto dal Blog di Pietro Dommarco e segue il filmato con le parole del Dott Giuseppe Frezza dove ci spiega come in basilicata si è condannati a morire di tumore con una incidenza di quattro volte superiore che all'ILVA di Taranto
Il caso. La
Basilicata infrange da tempo l’appellativo di “isola felice”. L’ultimo Rapporto
ISTAT inserisce la Basilicata ai primi posti in Italia per mortalità da tumori,
con percentuali che superano la media nazionale. Un’altra “zona franca”
italiana, nel profondo Sud, dove il brusco passaggio delle vocazioni del
territorio da agricole e paesaggistiche ad industriali, produttive ed
impiantistiche, ha provocato un forte trauma, colpendo la salute dei residenti.
Il caso. La
Basilicata infrange da tempo l’appellativo di “isola felice”. L’ultimo Rapporto
ISTAT inserisce la Basilicata ai primi posti in Italia per mortalità da tumori,
con percentuali che superano la media nazionale. Un’altra “zona franca”
italiana, nel profondo Sud, dove il brusco passaggio delle vocazioni del
territorio da agricole e paesaggistiche ad industriali, produttive ed
impiantistiche, ha provocato un forte trauma, colpendo la salute dei residenti. Un’incidenza tumorale – dal 1970 ad oggi – che continua a
crescere,
assumendo sempre più i connotati di una curva pericolosa verso l’alto a forma
epidemica. Una terra di nessuno dove il silenzio sulle cause e le
responsabilità è assordante, tanto da far passare sottotono i 195 casi di
asbestosi – dal 1960 al 1992 -, di cui 135 decessi, tra i lavoratori venuti a
contatto con l’amianto durante le attività dell’ex Anic di Pisticci (poi
Enichem Fibre dal 1984), della Syndial e dell’ex-Materit di Ferrandina. Ad
evidenziarlo è l’Associazione Italiana Esposti Amianto, sezione della Val
Basento, la prima delle due aree industriali dichiarate “Sito d’Interesse
Nazionale” dal Ministero dell’Ambiente. La seconda è quella di Tito scalo, in
provincia di Potenza. Ed è proprio uno Studio Epidemiologico Nazionale dei
Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischi da Inquinamento, commissionato
nel 2006 dal Ministero della Salute, ad approfondire stime di esposizione e caratterizzazioni
epidemiologiche finalizzate a “chiarire il possibile rischio sanitario
associato ad un documentato inquinamento ambientale” nei 57 S.I.N. (Siti
d’Interesse Nazionale).
Sotto analisi circa 55 cause di morte “ritenute
informative ai fini della descrizione del possibile impatto sanitario di
esposizioni ad agenti inquinanti presenti nell’area di residenza”. Tumore allo
stomaco, al colon, al fegato, alla laringe, ai polmoni, alla pleura, alla
vescica e al sistema nervoso centrale sotto stretta osservazione. Gran parte
delle sedi tumorali che in Basilicata hanno l’incidenza massima è superiore a
quella che si registra nel resto d’Italia e nelle regioni vicine, come è
possibile leggere nella relazione di attività del Registro Tumori Basilicata Irccs-Crob.
A confronto i tassi di incidenza, basati sulle SDO (Schede di Dimissione
Ospedaliere), che misurano la quantità di nuovi casi in distinti lassi di tempo
su una standardizzazione di 100.000 abitanti, nel quinquennio I dati
sono allarmanti. I casi di tumori al polmone, alla mammella e alla prostata
sono in aumento in tutte le aree della regione, con delle eccezioni ancora più
negative in alcune zone.
Il Lagonegrese e l’area Sud spiccano per l’incremento
di tutte le forme di cancro, sia per i maschi che per le femmine. Nel
Metapontino crescono i casi di tumori tiroidei con un abbassamento notevole
dell’età dei pazienti, tra le cui possibili cause si riconoscono le radiazioni
ionizzanti.
Nel Basso Sinni il tumore alla mammella fa registrare un +46.9,
essendo passati da un 29.1 ad un 76; sulla Collina Materana il tumore al colon
è a +20.8, così come nel Basso Basento e nel Melandro per le donne; l’Alto, il
Medio Basento ed il territorio del Bradano preoccupano per il tumore alla prostata,
rispettivamente, con un +39 (da 14.7 a 53.7), un +42.2 (da 4.4 a 46.8) ed un
+46.9, poco meno di un terzo dell’incremento che si registra nel Vulture
(+84.2). Accanto a queste sedi tumorali che colpiscono tutte le fasce d’età, i
dati confermano anche l’insorgere di nuove patologie come il linfoma non
Hodgking e la leucemia mieloide. Il linfoma non Hodgking, particolarmente
“aggressivo” nell’area basentana (+28.7 per i maschi, +5 per le femmine),
colpisce prevalentemente le persone tra i 40 e i 70 anni e le cui cause sono
imputabili anche ad alcune sostanze chimiche, come pesticidi e solventi,
presenti nelle acque e nei terreni. La leucemia mieloide non ereditaria,
invece, fa registrare notevoli incrementi nella Val d’Agri e nella Val Camastra
con aumenti medi pari a 10.3. Tra le sue cause, oltre al fumo di sigaretta e ad
alcuni farmaci usati per la cura dei tumori, si annoverano le esposizioni al
benzene, sostanza contenuta nel petrolio e nella benzina. Una forma di leucemia
maggiormente giustificabile in centri urbanizzati e con forte inquinamento
atmosferico.
Nella stessa fetta di territorio, meglio conosciuto per le
impattanti attività petrolifere e per la presenza del centro Oli Eni di
Viggiano – unitamente alla Val Sarmento, al Vulture e al Melandro – anche il
tasso di incidenza del tumore al pancreas (+16, +15, +17.1, +8.5, +4.6) denota
disfunzioni. Per questo tipo di cancro, più raro al di sotto dei 40 anni, una
recente metanalisi – condotta in 92 studi, raggruppando 23 agenti cancerogeni –
circa il rischio occupazionale e l’esposizione ambientale ha inserito tra i
possibili responsabili sostanze come alluminio, nichel, cromo, idrocarburi
policiclici aromatici, polveri di silicio, solventi di idrocarboni alifatici e
aliciclici, presenti in attività d’estrazione e di incenerimento. Le indagini
epidemiologiche in Basilicata, rivolte maggiormente all’effetto e non alla
causa dell’incidenza tumorale, dimostrano la presenza di fattori di rischio
indotti, in un territorio
dove il sodalizio tra sviluppo industriale,
occupazione e sostenibilità non ha funzionato