La rivoluzione democratica è in atto da tempo, è parte fondamentale della storia della regione: l’hanno fatta, e la fanno tuttora, coloro che vanno via, i tanti giovani che non hanno più tollerato le prevaricazioni e il parassitismo della politica
di Nino Dagostino
di Nino Dagostino
POTENZA - Un fiume di parole ha inondato il dibattito sulle
dichiarazioni programmatiche del presidente della giunta, Pittella, incentrato
su 3 parole chiave suggestive, emozionali : Rivoluzione democratica, coesione
sociale, cambiamento. Non c’è stato consigliere capace di resistere alla
tentazione di inseguire il governatore su questo terreno. Si è ancora una volta
ragionato (si fa per dire) sulla realtà virtuale, ricorrendo allo svolgimento
in molti casi di “compitini” sulle cose da fare, inutilmente lunghi,
senza supportare le proposte che venivano prospettate con analisi di
fattibilità economica, guardandosi bene dall’indicare chi, come ed in quanto
tempo fare le cose e senza minimamente andare alle cause ed alle
responsabilità che finora ne hanno impedito la realizzazione. Perché,
capiamoci, le confuse e contraddittorie azioni proposte in consiglio regionale
non hanno niente di originale, sono decenni che vengono avanzate, ma senza
costrutto tale da poter far uscire la regione dal suo sottosviluppo. L’aspetto
nuovo va ricercato proprio nelle parole pronunciate che di fatto ne hanno
svilito, stravolto il valore. È mancato, cioè, per dirla con Calvino, quello
sforzo di esprimere con la massima precisione possibile le cose fa fare - che
ovviamente non significa sciorinare elenchi di opere a capocchia - avanti alla
complessità dei problemi che per essere irrisolti da decenni evidentemente
necessitano di analisi approfondite a 360 gradi sul contesto regionale e sui
soggetti che lo caratterizzano, sulla storia dei tanti fallimenti finora
conseguiti.
La rivoluzione
democratica è in atto da tempo, è parte fondamentale della storia della
regione: l’hanno fatta, e la fanno tuttora, coloro che vanno via, i
tanti giovani che non hanno più tollerato le prevaricazioni e il
parassitismo della politica, le insufficienze della burocrazia e più in
generale dei corpi intermedi che impediscono lo sviluppo delle potenzialità
delle eccellenze che pure vi sono in Basilicata, piegate per rimanere qui alle
logiche dell’appartenenza e della obbedienza ai desiderata del sistema politico
- clientelare. I soggetti citati prima mirano certosinamente a creare i
“bisognosi” per disporre di uno zoccolo duro su cui contare e da opporre
a possibili domande di cambiamento che possano venire dall’esterno. Coloro che
si sono astenuti alle ultime elezioni e sono la maggioranza della popolazione
dei votanti non possono fare massa critica, per svariati motivi.
La popolazione che
introiettato il demerito e che avanza richieste di pura sopravvivenza
è purtroppo maggioritaria in Basilicata. E i risultati finora sono
chiari: l’emigrazione o al massimo una mezza rivoluzione come quella del forte
astensionismo nelle elezioni regionali, un Pd che paradossalmente
ha ottenuto il 50 per cento dei seggi in consiglio regionale, i piccoli partiti
che confermano i micronotabili. La coesione sociale presuppone una
coesione politica che non c’è. Basti vedere la proliferazioni dei partitini in
Consiglio regionale con gruppi consiliari che forzando l’italiano sono composti
da un solo consigliere che talvolta non si ricorda nemmeno a quale partitino
appartenga attualmente, avendo avuto velocissime entrate ed uscite nella porta
girevole della politica.
È di grande attualità,
non solo in Basilicata,il giudizio espresso da Berlinguer nella sua famosa
intervista a Scalfari sulla “questione morale”, secondo cui “i partiti sono
soprattutto macchine di potere (immagino e mi auguro che si riferisse anche al
Pci) e di clientela [...], gestiscono interessi, i più disparati, i più
contraddittori, talvolta anche loschi[…], hanno occupato lo Stato […], gli enti
locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti
culturali, le aziende pubbliche gli ospedali, le università”.
Forse sarebbe il caso di
analizzare con onestà le vicende politiche lucane. Per restare agli anni più
recenti, la lotta politica è stata circoscritta alla ricerca di occupazione del
potere e basta nel Pd, nelle sue primarie, nelle elezioni regionali,
all’interno degli altri partiti. I valori sono un opzional e non hanno concreta
possibilità di affermarsi, di fronte al sistema di partiti esistente, sono
travolti da variegate ipocrisie e menzogne mediatiche che contano sulla
disinformazione e sulla rassegnazione del cittadino.
Non è un caso che la
nuova giunta sia stata blindata a doppia mandata in una organizzazione
burocratica, fatta in massima parte di funzionari esterni e interni. Si sta
creando un nuovo blocco di potere che potrebbe porsi addirittura al di sopra
degli stessi partiti. L’argomento è molto complesso. Mi riservo di dedicargli
in seguito lo spazio che merita (...).
P.s. non c’è senso di
comunità, non c’è società capace di imporre il cambiamento. a
Tratto da il quotidiano della Basilicata