sabato 12 ottobre 2013

Allarme maremoto nello Jonio , le trivellazioni aumentano il rischio idrogiologico

 Jonio a rischio idrogeologico «Meglio evitare trivellazioni»

di FILIPPO MELE

POLICORO - Il mar Jonio è a grave rischio idrogeologico. Ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), del Cnr, e delle Università di Roma Tre, Messina e della Calabria, hanno scoperto una mega frana silenziosa di circa 1000 chilometri quadrati che dalle pendici della Sila sta scivolando nei fondali davanti a Crotone e, quindi, nel Golfo di Taranto. La scoperta è stata riportata sulla rivista Geophycal research letters, da sette studiosi, Liliana Minelli, Andrea Billi, Claudio Faccenna, Anna Gervasi, Ignazio Guerra, Barbara Orecchio, e Giulio Speranza. E subito ha fatto il giro degli ambienti scientifici internazionali.

Perchè sarebbe così importante questa scoperta da alcuni ritenuta agghiacciante? E perchè dalla Calabria potrebbe interessare e coinvolgere nelle sue conseguenza anche Basilicata e Puglia? Le risposte alle due domande sono integrate. «I fenomeni geologici - hanno affermato i ricercatori - anche se vanno avanti per millenni in modo inoffensivo potrebbero avere delle accelerazioni improvvise in occasione di fenomeni sismici, a seguito dei quali potrebbero verificarsi frane sottomarine e, di conseguenza, maremoti». Ed è ovvio che quando si parla di maremoti nello Jonio non si specificano “confini” tra le tre regioni che si affacciano sul golfo culla del la Magna Grecia.

Lo stesso mare, altresì, è soggetto a frequenti fenomeni sismici come si può evincere dai comunicati ufficiali dello stesso Istituto italiano di vulcanologia. Comunicati da cui si ricavano negli ultimi sei mesi del 2013, solo per citarne alcuni, il terremoto del 26 settembre, di magnitudo 3; del 12 settembre, di magnitudo 3,5; del 30 luglio, di magnitudo 3,4; e del 24 marzo, di magnitudo 4,3.

Ma quali sono le cause della mega frana? «La probabile causa - ha spiegato la prima firmataria dello studio, Liliana Minelli, dell’Istituto di vulcanologia - è da ricercarsi nel sollevamento della Calabria a causa della convergenza della miniplacca Ionica, che fa parte di quella africana, verso la parte sud - orientale della nostra penisola». Insomma, è chiaro che la scoperta della frana di 1000 kmq ha introdotto nuovi elementi di rischio geologico che riguardano il Mediterraneo antistante Calabria, Basilicata e Puglia. L’ipotesi di maremoti, senza fare allarmismi, c'è. Da qui la necessità proposta dagli studiosi di un monitoraggio continuo dei tassi di scivolamento. Un monitoraggio a cui farebbe bene a mostrarsi interessata anche la Regione Basilicata.