Forse Filippo
Bubbico, alquanto nervosetto in questi giorni specie dopo che si è acclarato
che il Ministro Matteoli lo dichiarava a conoscenza ed addirittura consenziente
circa l'ubicazione a Scanzano Jonico del deposito unico nazionale di scorie
nucleari, ci dirà che non ne sapeva niente e non avremmo motivo di non
credergli, ma il documento ritrovato da questa redazione è clamoroso:
dell'accordo di programma che avrebbe regolato i rapporti fra Regione
Basilicata e compagnie petrolifere esistono due versioni, quasi identiche.
Quasi, appunto! Il 18 Novembre 1998, l'Ufficio stampa della Regione Basilicata
diffuse la seguente notizia "sottoscritto a Roma l'accordo sul petrolio
tra Eni e Regione Basilicata". Il tono dell'allora Presidente della Giunta,
Prof. Angelo Raffaele Di Nardo, fu inequivocabilmente improntato a quello dei
momenti storici: "Abbiamo la consapevolezza di aver dato, oggi, il via ad
una nuova e concreta stagione di sviluppo per la Basilicata... Ora la parola
passa al territorio, alle sue espressioni municipali, alle forze sociali,
sindacali e imprenditoriali, perché insieme al Governo regionale sappiano
gestire l'accordo e realizzare, con spirito solidale, lo sviluppo diffuso della
regione". In generale, sembra che tutto quell'ottimismo non abbia trovato
alcun riscontro in questi 14 anni. L'unica che si è ulteriormente diffusa,
nella nostra sciagurata regione, è la crisi economica e industriale. Mentre i
barili di petrolio che giornalmente escono dalle viscere del territorio lucano
lasciano solo fanghi e liquami inquinanti. Non è ancora ben chiaro quanto
petrolio si estragga. Incredibile constatare che la prevista commissione di
vigilanza sull'estrazione non sia ancora insediata. Sempre tutta da chiarire è
la quantità di gas che viene "bruciato in torcia" per evitare il
fastidioso processo di purificazione, compressione e pompaggio. Alcune voci
incontrollate indicano quantità impressionanti, certo è che le
"torce" sono visibili ad occhio nudo e che vi sono pochi combustibili
inquinanti come il gas non depurato. Purtroppo la magistratura Lucana è ben
altra cosa da quella Tarantina di questi giorni e le tonnellate di inquinanti
immessi nell'aria che respirano i lucani, figli dei magistrati inclusi,
continuano a levarsi nell'aria un tempo finissima. Ma, torniamo al
"Protocollo d'intenti". Non è pensabile esaurirne una disamina
seppure sommaria in un semplice articolo. Forse sarebbe il caso di richiedere
uno specifico lavoro al consiglio regionale per verificare lo stato di
attuazione degli accordi e rendicontare ai cittadini. Chissà, potrebbero
consultare i lavori e gli atti che certamente avrà prodotto il "comitato
paritetico" ENI- Regione, previsto nell'accordo ufficiale al fine di
monitorare, verificare e controllare il corretto adempimento, la corretta
interpretazione e lo stato di attuazione dei reciproci obblighi scaturenti dal
presente protocollo". Intanto possiamo segnalare una significativa
"scoperta" frutto della nostra passione per l'indagine documentale.
Esiste un'altra versione del "Verbale d'intesa tra la Regione Basilicata e
l'Eni", risale a qualche mese prima del fatidico novembre 1998. È quasi
identico a quello "ufficiale". Quasi! Leggiamo a pagina 3 sulla carta
intestata del Consiglio Regionale simil-pergamena: "Eni si impegna a
realizzare un'azione di promozione imprenditoriale nell'area con l'obiettivo di
consentire il recupero dei livelli occupazionali realizzati nell'ambito della
prossima attività di cantiere, nonché di realizzare le condizioni per un
ulteriore sviluppo manifatturiero e di servizi finalizzato alla creazione di
nuova occupazione dell'ordine di 3.000 addetti". La frase (e i
tremila) sono del tutto assenti nell'altro documento e, pare, nella realtà del
"diffuso sviluppo" odierno. Evidentemente una qualche contrattazione dovrà
essere intercorsa fra Eni e Regione, un qualche scambio e una qualche rinuncia
saranno intervenuti. Magari unilaterale e capite bene da quale dei due lati.
Pochi righi oltre, sempre sulla carta intestata regionale: "Eni, anche per
conto del partner Enterprise Oil Italiana, si impegna a: 1b) sostenere
direttamente investimenti nel settore industriale, agricolo, turistico e dei
servizi, per un ammontare non inferiore a 1.000 miliardi di lire, in tre
anni...". Attualizzando, significa entro il 2001. Nel documento
"Accordo sul petrolio" non abbiamo più trovato traccia dei 1.000
miliardi. Così come non siamo riusciti a reperire alcun documento ufficiale che
facesse riferimento a questa montagna di soldi investiti "nel settore
industriale, agricolo, turistico e dei servizi". Forse dobbiamo ricorrere
allo spirito napoletano e supplire con la fantasia allo sviluppo diffuso che
non c'è ed immaginarci uno sviluppo finanziato con i soldi "fijuti"
che possono essere sostituiti da qualche barile di petrolio. Peccato che
"il Presidente Di Nardo - che era accompagnato dagli assessori Bubbico,
Colangelo, Chiurazzi, De Filippo e Mattia" non sia riuscito ad ottenere
quanto sembrava già concordato. Speriamo che sia riuscito ad assicurarsi,
almeno, una qualche contropartita utile alla nostra regione oppure ai suoi
abitanti (almeno alcuni). E la possima volta
votateli , Lucani, votate questi cialtroni, se ne avete lo stomaco!
N. Piccenna