sabato 30 giugno 2012

PD: il partito stesso della confusione, della paura e dell'immobilismo

pubblicato daKarakteria in data 28 giugno 2012
Al tempo dei primi sogni sul bipolarismo, il PD fu concepito - nelle intenzioni dichiarate dei suoi padri - come un grande partito, figlio delle tradizioni più alte della Resistenza e della Repubblica italiana (quella comunista-riformista e quella cattolico- sociale).
Nella pratica, però, fu generato da una classe politica ormai realmente lontana da quegli ideali e partorito da un sistema politico vecchio, corrotto ed esangue.
Così nacque un figlio che non somigliava molto ai sogni delle migliaia di italiani che lo avevano aiutato a nascere...pur con mille perplessità.
Oggi il PD, che comunque conserva ancora una nutrita base social-democratica e riformista, è comunque un partito che, nato confuso e instabile, crescendo non è di certo migliorato. Anzi ha sviluppato un carattere debole e una personalità dissociata in mille correnti. Alla confusione ha aggiunto col tempo una pericolosa propensione all’ improvvisazione.
Al momento attuale, anche secondo i sondaggi, è il partito più grande d’Italia, ma non ha la forza di un grande partito e la chiarezza degli obiettivi che servono a guidare un Paese vessato dalla crisi e dalla confusione, che vuole diventare grande e nuovo.
Chi sa dire oggi cos’è il PD?
Ha una vocazione più liberale/liberista o più social-democratica? Sta dalla parte delle banche e delle multinazionali o dalla parte del territorio, dei lavoratori e dei bisogni dei cittadini? Le sue politiche sul lavoro e sul precariato in che direzione vanno? E quelle sulla svendita del patrimonio pubblico, sulla scuola, sull’ambiente, ecc.? Quali idee veramente alternative e innovative propone rispetto al Centro Destra, nei confronti del quale sembra divergere nella gradazione degli interventi sulle privatizzazioni, sull’etica politica, ecc. piuttosto che sulla proposta di una reale alternativa? Come si comporta nei confronti del sistema finanziario e delle banche? Sulle nuove sfide etiche che riguardano le richieste che la società muove alla classe politica (la rigenerazione stessa della classe politica) come si comporta? E di fronte alle sfide morali ed etiche che muove la nuova società italiana (coppie di fatto, fecondazione assistita, testamento biologico) come si pone?
A quale elettorato si rivolge? Sembra non saperlo nemmeno più.
Basta dire che, fra i massimi protagonisti di questa strana alleanza parlamentare a sostegno del governo Monti, a meno di un anno dalle elezioni politiche non sa ancora che strada prendere per governare l’Italia, figuriamoci se ha un’idea definitiva dell’Italia che vuole: spingersi a Sinistra verso un certo riformismo o andare verso il più aristocratico Centro?  O mettersi in mezzo a tutti e due, facendo finta di dimenticarsi che è una strada già presa in passato e impossibile da percorrere?
Come se la politica fosse un fatto esclusivamente elettorale, il PD continua a prendere le sue scelte più in base alle statistiche (che sistematicamente sbagliano), che in base ad un’ideale al quale ispirare la sua azione politica.
Nonostante, generalmente, le elezioni degli ultimi anni lo hanno premiato solo quando il popolo delle primarie lo ha fatto virare a sinistra, continua ad inseguire con trasporto Casini, ma contemporaneamente ascolta Vendola e Di Pietro, tirato dai due lati della corda dalle diverse correnti. E discute all’infinito, mentre ognuno, ai vertici, parla per sè e mentre l’intero vertice del partito si mostra sempre più riluttante ai cambiamenti.
Mentre addirittura il Centro destra coglie il segnale che viene dal basso dei movimenti di un rinnovamento di sistema e di etica Politica, il PD è fra i più aspri oppositori di ciò che chiama con spregio “antipolitica”. Invece di porsi come l’avanguardia istituzionale del progressismo democratico, si trincera in difesa sempre più spesso nel conservatorismo e chiama tutto ciò che non rientra nei suoi confusi parametri “antipolitica”, senza aver ancora dato una definizione chiara del termine, ma utilizzandolo sempre più spesso in maniera strumentale (un po’ come i berlusconiani definiscono “comunista” ogni cosa che non li aggrada).
Mentre la società italiana chiede maggiore uguaglianza, la fine dei privilegi e più spazi di partecipazione, il PD discute addirittura ancora sull’utilità delle primarie, che pure egli ha introdotto nel sistema politico italiano. E’ un partito che ha nel suo Dna la migliore tradizione della Democrazia italiana, dunque teoricamente ha grandi capacità, ma nella pratica è ancora incapace di intraprendere una via chiara e definitiva, perché è guidato da un’èlite debole, ignorante e invischiata nella Casta, che si moltiplica al suo interno in maniera piramidale.
La cosa è quanto mai evidente nella maniera più degradata in Basilicata, dove nel PD – essendo il partito padrone della Regione da quasi un ventennio- è ormai confluito veramente di tutto (basti pensare ad Antonio Di Sanza e Policoro Democratica quì da noi).
In Basilicata la classe dirigente viene formata alla scuola politica della lotta fra le correnti e non viene selezionata in base ai meriti, alle idee, alle proposte, alle capacità che emergono all’interno delle diverse sezioni, ma in base ai rapporti di forza interni.
Il partito regionale è nelle mani di pochi uomini, che diventano protettori esistematori di lavoro di qualche rampollo particolarmente arrivista e lo utilizzano come base di consolidamente della loro influenza in quella determinata sezione. Questi pochi uomini, attraverso posti di lavoro e clientele varie, si spartiscono zone di influenza e bacini elettorali per lo più derivanti dalle clientele e dai loro servi-gregari, selezionando nei vari paesi la classe dirigente in base all’obbedienza, alla fedeltà mostrata e ai pacchetti di voti che sono in grado di spostare.
Noi continuiamo a paralre “correnti” per abitudine, ma in realtà il più delle volte sono vere e proprie fazioni all’interno del partito, perché più che divergere sulla linea politica (la corrente), divergono per posizioni di potere e difendono interessi di parte o meglio arrivismi di parte (la fazione).
Questo spiega come, nonostante il PD guidi la Regione da quasi 20 anni si sia interessato poco alla politica che pianifica e imbocca strade di sviluppo, concentrato com'era nei posizionamenti interni. Il PD di Basilicata non è riuscito ancora a sviluppare una strada di sviluppo per la nostra regione e sono 20 anni che la guida. Non è riuscito ancora ad immaginare la Basilicata che vorrebbe costruire.
E’ gravissimo, imperdonabile! Si è retto e continua a reggersi su logiche da prima Repubblica (indebitamento, clientelismo, sperpero di denaro pubblico, appalti fantasiosi, corsi di formazione e ci fermiamo quì per evitare querele, tanto il quadro è chiaro). Governa con una logica da prima Repubblica, con l’aggiunta di tutte le furbizie della seconda. Questa sua politica ignorante e dell’improvvisazione, senza direzioni, basata sugli interessi personali e clientelari, è riuscita a fare di una delle regioni più ricche di risorse d’Italia, una fra le regioni più povere d’Italia.
Per quanto a seguito degli ultimi scandali e in preparazione per le prossime elezioni il segretario regionale, Roberto Speranza, si stia sforzando di modificare alcune cose, non è immaginabile un cambiamento reale senza l’azzeramento della classe dirigente del partito regionale o un forte, quanto improbabile, risveglio della base che chieda un drastico rinnovo. 
Di chiacchiere ne siamo fin troppo pieni! Se Speranza vuole realmente cambiare il partito dovrebbe iniziare col fare di tutto per impedire per esempio ad Antezza, Chiurazzi e Bubbico di ricandidarsi alle prossime politiche: sarebbe già un inizio cercare giovani valenti, diversi e motivati fra i suoi iscritti e non i soliti gregari, partoriti da questo sistema di selezione.

La stessa cosa vale per la sezione di Policoro del PD, perché il cambiamento si può verificare solo dal basso.
A proposito della sonora sconfitta elettorale il direttivo del partito può continuare benissimo a bendarsi gli occhi per non vedere che la società policorese si allontana sempre di più dalle sue politiche elitarie, può non vedere che non è riuscito a concentrare nemmeno i voti dei suoi stessi alleati sul pessimo progetto amministrativo e politico che aveva costruito; può continuare ad individuare la causa della sconfitta nel mancato appoggio della sinistra, senza nemmeno fare un’analisi onesta dei motivi di questo mancato appoggio… può farlo, ma non sarà questo atteggiamento a condurlo fuori dal pantano nel quale si è invischiato, trascinando con sé tutto il centro sinistra cittadino.
Questo direttivo del PD dovrebbe dimettersi tutto insieme.
Fino ad ora lo hanno fatto solo Francesco Fortunato e i Giovani Democratici (di Labriola dicono lo abbia solo manifestato attraverso la stampa, ma non ancora ufficializzato formalmente).
Necessita una svolta nel centro sinistra policorese e un nuovo PD, autonomo e costruttivamente critico nei confronti dei vertici regionali. Una nuova sezione potrebbe aprire veramente una nuova fase non solo a Policoro e non solo in Basilicata.
Questo direttivo, ancora tenuto per le palle da Disanza, Bubbico e Chiurazzi con codazzo a seguito, a causa della sua mancanza di coraggio, di impegno e di progettualità, a causa delle sue logiche clientelari, della sua sudditanza alle fazioni regionali, delle sue lotte intestine, dei suoi interessi e dei suoi arrivismi personali, delle sue più che dubbie alleanze, non ha portato al suicido solo la sua stessa sezione, ma è responsabile di aver colpito a morte l’intero centro sinistra policorese (che comunque non è scevro di colpe, prima fra tutte quella dei personalismi).
Ora, dispersi sui cumuli di queste macerie, i piddini policoresi – se vogliono fare veramente politica - dovrebbero iniziare una riflessione molto seria e molto coraggiosa, per attuare un cambiamento reale e non solo di facciata: le dimissioni del direttivo dovrebbero aprire veramente ad una nuova logica e non essere espressione delle solite fazioni.
Il PD dovrebbe diventare una sezione autonoma e indipendente, anche per far pesare sul serio la voce di Policoro a Potenza.
Dovrebbe partire dalla cacciata di alcuni elementi che non hanno nulla a che fare con la tradizione riformista e social-democratica (rimandarli a destra magari o imprigionarli al centro) e dovrebbe continuare con l’azzeramento della sua classe dirigente (Marrese, Montesano, Labriola) responsabile del disastro. Dovrebbe costruire un altro direttivo, con poteri effettivi, non composto di prestanomi o sottoposti a qualcuno dei tre (a sua volta sottoposto del suo capo fazione).
La classe dirigente della sezione, che corrisponde agli eletti in consiglio comunale, andrebbe relegata a  ruolo di consigliere comunale di opposizione, portavoce delle decisioni prese in sezione. Dovrebbe ripartire da lì e aprirsi alla società policorese con nuovi metodi e nuovi scopi.
Il Pd dovrebbe tornare ad essere partito, democratizzarsi, se vuole svolgere un ruolo principe nel centro sinistra policorese, che altrimenti si organizzerà per altre vie. Oppure continui a ridurlo in brandelli, con i risultati che conosce già.
Questo è quello che dovrebbe e quello che speriamo che faccia, anche se mentre ne parliamo ci sembra di sentire Mercuzio che sussurra in un orecchio: “Shh…silenzio, Amleto, smettila di parlare e di domandare…tu parli di sogni, che sono nient’altro che vane fantasie, partorite da un cervello ozioso”.
E sembra di vedere Amleto, sulle macerie della sconfitta, con in mano una bandiera sporca lacera del PD, al posto del solito teschio, ripetere all'infinito: "Essere o non essere, questo è il problema!"