Pubblico il comunicato inviato ieri alla stampa sul caso Fenice
Ha ragione il direttore Leporace , quando nel suo editoriale di oggi chiede un provvedimento urgente di chiusura della Fenice e le dimissioni degli assessori , sia di Mancusi che Restaino , ma bisogna chiedere conto anche ai loro precedesori di fare un passo indietro dai ruoli pubblici almeno finche la magistratura non accerti la verità .
Voglio ricordare che il 13 gennaio del 2010 sul quotidiano intervenni in difesa di Maurizio Bolognetti , vittima di un attacco squadrista da parte del dipartimento ambiente per le sue ripetute denuncie contro arpab e Sigilitto , e in quella occasione chiedemmo come PRc le dimissioni del direttore ritenuto da noi inaffidabile ,accusando l’arpab di essere un ente nato per tutelare l’ambiente invece è servito a giustificare tutte le porcherie a danno dei nostri Territori e della nostra gente . Siamo stati facili profeti , visto le risultanze di una indagine che al di la delle responsabilità penali è comunque un atto d’ accusa grave contro il nostro ceto politico sia di destra che di sinistra che nella migliore ipotesi ha fatto finta di non vedere. Questa vicenda ci svela una verità da noi da sempre conosciuta e denunciata , quella della inaffidabilità degli enti regionali di controllo , che servono solo per alimentare il mercato clientelare di quella macchina dei voti che sono i partiti del governo regionale , di cui anche la nostra università non è immune. Ricordo allora che fui attaccato dall’attuale portavoce del presidente De Filippo , che mi accuso di essere un venduto agli interessi della Coca Cola , addirittura dedicandomi in editoriale in prima pagina all’asernico , lo stesso killer della Fenice che non sappiamo quante vittime ha fatto .
Questo signore strenuo difensore dell’indifendibile un ladro di verità che fa oggi ? Rimarrà imperterrito al suo posto , o avrà un sussulto di vergogna e dignità dimettendosi , o noi dobbiamo continuare a mantenerlo?
Chiediamo oggi verità è giustizia alla Magistratura che è rimasta per nostra fortuna l’unica istituzione a cui credere.
Tutti gli altri , dal presidente della giunta a quello del consiglio stessero zitti , pensassero seriamente a dimettersi , o almeno chiedessero scusa e perdono prima a Dio e poi al popolo della basilicata per il male che hanno fatto
È ricoperta da enormi macchie rosse e viola sulla pelle, accompagnate da gonfiori e dolori. Si è rivolta a medici e ospedali specializzati per avere una risposta: da cosa dipendono quelle piaghe? Mistero. Nessuno è stato in grado di dirlo. Ma Antonietta Asquino, 45 anni, di Rionero e residente a Melfi, ha un’idea. Un sospetto. Lei ha lavorato per dieci anni come addetta alle pulizie nel termovalorizzatore Fenice di San Nicola di Melfi e dal 2005 ha cominciato a fare i conti con le fastidiose irritazioni cutanee di fronte alle quali neppure la fotochemioterapia ha prodotto risultati tangibili.
«Sono convinta - dice la donna che ci ha autorizzati a pubblicare le sue generalità e le foto che testimoniano la sua malattia - che tutto dipenda da lì, perché prima di allora non avevo mai avuto particolari problemi di salute». La donna ha inviato una denuncia-querela alla Procura della Repubblica di Potenza: sotto accusa il gruppo Edf, che gestisce l’inceneritore, l’Arpab, l’Asp di Potenza e la Regione Basilicata. Un concorso di colpe, a suo dire. «Nel novembre del 2009 - racconta Asquino nella sua denuncia - ho inviato una lettera al sindaco di Melfi nella quale, parlando della mia malattia, ho chiesto i rilievi effettuati dall’Arpab sul termovalorizzatore. Il Comune mi ha risposto scrivendo che dovevo rivolgermi direttamente all’Arpab, ma confidando sul fatto che l’amministrazione stessa aveva inviato la mia nota all’azienda sanitaria e alla stessa Arpab aspettavo una risposta. Che non è mai arrivata».
Solo qualche giorno fa Asquino è venuta a conoscenza del monitoraggio choc dell’Arpab (pubblicato anche dalla Gazzetta) in cui si evidenziano metalli pesanti oltre i limiti consentiti dalla legge fin dal 2002. Una rivelazione che «rinvigorisce» i suoi sospetti. «I miei guai - dice - probabilmente sono riconducibili proprio all’inquinamento prodotto da Fenice. Avevo chiesto invano di poter dare uno sguardo ai dati del monitoraggio e solo dopo tanti anni, attraverso i giornali, ho visto che i miei timori erano fondati».
E mentre Fenice preferisce non replicare alle accuse, rimandando ogni commento ad un approfondimento della denuncia, Asquino vuol vederci chiaro. E chiede che la magistratura vada fino in fondo: «Sono stata doppiamente penalizzata. Non solo devo convivere con questa malattia - dice Asquino - ma dopo sei mesi di malattia l’azienda presso la quale lavoravo (Gea ecologica, impegnata nelle pulizie del termovalorizzatore) mi ha licenziata». Mandata a casa con un carico di ingiustizie sul groppone. (tratto dalla gazz. del Mezzzogiorno)
la gomorra lucana è servita.
RispondiEliminaContinuiamo a votare PD...
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