giovedì 22 ottobre 2009

«Così uccisero Francesco» Al processo Mitidieri la testimonianza di Prillo

Il racconto della rissa la notte del 7 maggio 2005
Giovanni Rivelli (tratto dalla gazz. Mezzogorno)
• Un racconto rabbioso, determinato, su quanto avvenne quella sera in cui è stato prima aggredito e poi ha visto quello che considerava un suo «fratello» cadere accoltellato. Ieri al processo per la morte di Francesco Mitidieri, avvenuta tra il 7 e l’8 maggio del 2005 a Policoro, è stato il giorno della testimonianza di Gianfraco Prillo, il giovane disabile che quella sera ebbe il primo battibecco con la persona oggi accusata dell’omicidio (il calabrese Antonio Francese) e che venne accoltellato all’addome. Nell’aula Pagano, davanti alla Corte d’As - sise presieduta da Aldo Gubitosi, Prillo ha ripetuto la sua verità su quella sera. Ha raccontato di essere andato al pub con l’ami - co Francesco, le rispettive ragazze e altri amici, di essersi seduti a un tavolo fuori e di aver atteso che le ragazze andassero a ordinare da bere. Quindi di averle viste infastidite nel locale da Francese e altri due ragazzi, poi tornare indietro seguite dai tre che facevano pesanti apprezzamenti. Quindi il primo contatto tra Francese e Prillo: «Li ho invitati ad allontanarsi - ha raccontato Prillo - e quello invece di allontanarsi è avvicinato con aria di sfida dicendo in calabrese, per fare più paura, “c’amma fari, c’amma fari” (che dobbiamo fare, ndr). A quel punto i miei amici si sono alzati per calmarlo. Lo hanno allontanato portandolo al parcheggio vicino. I tre di Policoro avevano pacificato la situazione, poi lui ha ripreso ad agitarsi. È corso verso di me. Aveva una giacca nera e i polsini della camicia bianca che uscivano a coprirgli le mani. Mi ha raggiunto, mi ha afferrato con una mano alla gola e mi ha colpito allo stomaco ribaltandomi». Prillo (che non ha sensibilità su tutto il corpo) ha raccontato di essersi accorto di essere stato accoltellato solo molto più tardi, nella caserma dei carabinieri, quando si è sentito male a causa di un’emor - ragia interna. Ma intanto, rialzatosi grazie a Francesco e agli altri amici, ha continuato ad assistere alla rissa. «A un certo punto - ha detto - ho visto la folla aprirsi di colpo, c’era Francese di fronte a Francesco che si è accasciato. La ragazza si è avvicinata e lui gli ha detto “mi hanno accoltellato”». Un racconto fatto con rabbia. Come le risposte date al difensore di Francese, Gio - vannino Gaglione, che ha cercato, non con molto successo, di evidenziare contraddizioni con quanto dichiarato nei primi interrogatori. Come i chiarimenti dati per affermare che i tre ragazzi di Policoro oggi imputati per rissa (Cristian e Marco Lauria e Nicola Mitidieri) «si sono difesi». Ma la difesa di Francese insiste. E lo farà con intercettazioni e le conversazioni contenute in tre misteriose «cassette audio» che accrediterebbero una storia diversa nelle prossime udienze.
TUTTO EBBE INIZIO PER FUTILI MOTIVI, POI, LA FERITA MORTALE
Quella notte di follia e l’improvvisa coltellata
di Filippo Mele
P O L I C O R O. Qui tutti ancora ricordano quella folle notte in cui Fran - cesco Mitidieri, 23 anni, ragioniere del posto, un bravo ragazzo, cadde colpito da una sola pugnalata, maledetta, al cuore. Era trascorsa da poco l’1 di notte tra sabato 7 e domenica 8 maggio del 2005 quando in uno dei pub più frequentati della città jonica entrarono tre giovani calabresi. I tre cominciarono a rivolgere, secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, pesanti apprezzamenti alle ragazze presenti tra cui la fidanzata di Gianfranco Prillo, artista, disabile, in carrozzella ortopedica. Una parola tira l’altra sino alla discussione accesa ed agli spintoni verso Prillo che cadde a terra. La scena a questo punto si spostò sulla strada davanti al locale. Gli amici di Prillo, tra cui Francesco, intervennero. Uno dei calabresi, secondo l’accusa, tirò fuori un coltello e colpì al cuore, una sola coltellata, il giovane ragioniere di Policoro. “Brutti Brutti”, come lo chiamavano gli amici, stramazzò al suolo. Vana fu la corsa al pronto soccorso. Alle 2.10 Francesco spirò. I carabinieri della locale Compagnia riuscirono a salvare dal linciaggio i tre calabresi. Di loro, solo Antonio Franc e s e, di Cassano allo Jonio (Cosenza), deve rispondere dell’omicidio e del ferimento di Prillo. Ai funerali di Francesco parteciparono in 5 mila. Ma il dolore dei genitori del ragazzo è ancora vivo come in quella tragica notte tra il 7 e l’8 maggio del 2005. Nessuna giustizia potrà ridare loro Francesco.

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