martedì 15 settembre 2009

E adesso ammazzateci tutti…..di tumori.


Uccidono più i tumori della mafia nella nostra sfortunata terra. Speriamo che ai più non sia sfugita la correlazione tra il ritrovamento in Calabria delle navi dei veleni e la storaia riguardante un piccolo paesino della Basilicata ai confini della Calabria, dove esiste un piccolo sito archeologico, risalente all’epoca delle colonie greche, distrutto dalla potenza militare dei locresi. Questo sito è Sibari nei pressi della Trisaia di Rotondella. Ma la notiziola non riguarda il sito archeologico, sconosciuto a tanti, ma Rotondella. Le giornate di Scanzano,a pochi chilometri da Rotondella, riguardano la nostra recente storia, dimenticata anche questa dai più. Qui si volevano portare tutte le scorie nucleari d’Italia. La forza del popolo lucano fece fare marcia indietro all’allora governo Berlusconi e su Scanzano non arrivarono più scorie. Ma a Rotondella le scorie rimasero. Difatti in questo sito esiste, da almeno trent’anni un deposito nucleare. Piccolo , ma nucleare. E come al solito ci vuole sempre un pentito di mafia perchè le storie ritornino a galla. Il pentito della 'ndrangheta aspromontana rivela di aver avuto contatti con dirigenti dell’Enea, l’ente che gestisce il sito nucleare, perché sotterrasse, per 600 milioni di vecchie lire, 600 bidoni radioattivi nelle montagne dell’Aspromonte. La tariffa forse era un milione di lire a bidone. Da queste rivelazioni le informazioni di garanzia a otto funzionari ed ex funzionari dell’ente. A ipotizzare i reati la magistratura antimafia di Potenza . Reati da far accapponare la pelle: produzione clandestina di plutonio. Il plutonio è l’elemento base per la costruzione di bombe nucleari. Una “quisquilia” direbbe Totò. Ma di queste “quisquilie” si era occupata già la magistratura potentina nel 2001 a seguito di altre rivelazioni da parte di pentiti di mafia. Addirittura si ipotizzò, e fu il Pm Montemurro ad ipotizzarlo, che la criminalità organizzata avrebbe prelevato materiale nucleare per cederlo ad acquirenti collegati all’ex raìs iracheno, Saddam Hussein. Nel mirino, ora come allora, l’impianto Itrec pensato per il trattamento del combustibile nucleare irraggiato. E se l’Enea ha sempre ribadito che non vi è mai stata presenza di plutonio e che nessun «collo» all’uranio è mai uscito dalla struttura lucana, gli inquirenti pensano che forse non è proprio così e che alcuni clan della ’ndrangheta possano aver «lavorato» su commissione. Ma su questa questione lavorò addirittura un giornalista di un giornale scozzese. Tale Nic Outterside, che l’8 marzo del 1996 denunciò la scomparsa dall’impianto di Rotondella , di circa 25 chili di ossido di uranio. Su questa storia lavorarono due magistrati , uno di questi, era il procuratore capo di Matera Nicola Maria Pace che nel 1998 , senza andare a gridarlo ai quattro venti o ad Anno Zero, portò alla condanna di ben cinque dirigenti dell’Enea due dei quali lavoravano nell’impianto della Trisaia a Rotondella. Di cosa venivano accusati i cinque ? Di non aver avvertito le autorità e la cittadinanza di uno scarico radioattivo nel mare a causa della rottura di una tubatura e di non aver denunciato che all’interno dell’impianto della Trisaia vi sono dei rifiuti radioattivi superiori al carico consentito. Dopo la denuncia , stranamente, il procuratore viene trasferito a Trieste. Per quel trasferimento non nacquero comitati . Né il procuratore gridò allo scandalo accettando silenziosamente tale trasferimento. L’inchiesta passò insieme a tutti i dubbi al procuratore di Potenza dott. Galante. Il problema in definitiva qual’era. Se è vero che si è venduto plutonio, vuol dire che all’interno dell’impianto si lavorava questo tipo di produzione in modo nascosto ed incontrollato, e di conseguenza si accumulavano rifiuti da riconvertire. La zona diventava di conseguenza ad alto rischio ambientale e sarebbe stato logico che le popolazioni venissero avvertite vicino a che tipo di impianto dormivano, vivevano, lavoravano, facevano andare i figli a scuola . Tali dubbi vennero in seguito confermati dallo stesso magistrato Nicola Pace raggiunto nella nuova sede da due giornalisti di Famiglia Cristiana, Gianni Lannes e Luciano Scalettari .

. «Era un’indagine ampia – disse ai giornalisti Nicola Pace- . Ma il primo obiettivo era di valutare in quale maniera venissero gestiti i materiali nucleari e se vi potessero derivare pericoli per la popolazione e l’ambiente. Nel corso dell’inchiesta, poi, si sono aperti altri versanti investigativi, non meno preoccupanti. Abbiamo verificato che nel centro dell’Enea c’erano materiali che non risultavano in contabilità nucleare. Una decina di Barre RB-11 non registrate provenienti dal reattore di Monte Cuccolino, nei pressi di Bologna. E l’ENEA non fornì nessuna giustificazione. Un altro importante risultato investigativo, che esulava dalle attività della Trisaia, fu che acquisimmo atti da cui risultavano attività di smaltimento di rifiuti industriali e radioattivi non solo in mare, ma anche in una zona desertica del Nord-Africa. Una multinazionale con sede nelle Isole Vergini smaltiva rifiuti proponendo luoghi sicuri da occhi indiscreti, attraverso il sistema elaborato al Centro di Ispra (Varese), denominato , progetto Dodos. Finanziato da Stati Uniti e Giappone con 200 milioni di dollari. Un progetto che successivamente viene fatto proprio, in esclusiva, da Giorgio Comerio. La sua azienda, l’Odm, propone a vari Paesi la cessione di materiale radioattivo da smaltire con quel sistema. Poi un troncone d’indagine viene sviluppato insieme a Francesco Neri: riteniamo che siano state versate in mare scorie con l’affondamento preordinato di navi. “

E qui arriviamo alle nostre navi tossiche affondate nel Tirreno cosentino e nello Jonio. Le rivelazioni dei pentiti dell’aspromonte combaciano perfettamente con le altre notizie rivelate dal pentito del tirreno sulle navi affondate davanti a Cetraro. Ma il procuratore Nicola Pace disse ancora di più e parlò direttamente della morte del capitano di corvetta Natale Di Grazia. Quel capitano coraggioso e dimenticato da tutti, che indagava con il PM Francesco Neri cella procura di Reggio Calabria, sulla Jolly Rosso ed il traffico di materiale radioattivo. Disse Nicola Pace :

“ L’inchiesta fu funestata dalla morte di un investigatore, il capitano di corvetta Natale De Grazia. L’avevo salutato al telefono proprio il giorno della sua morte, il 2 dicembre 1995. Era uno dei nostri investigatori migliori. Stava andando a fare delle verifiche sui registri nautici e accertamenti sull’affondamento di alcune di quelle navi sospette. Era in viaggio con dei colleghi. Dopo cena, si erano rimessi in macchina, diretti a La Spezia. De Grazia, improvvisamente ha reclinato il capo . Né io né il collega Neri abbiamo mai avuto informazioni precise sui dati necroscopici. La morte viene indicata per collasso cardiocircolatorio. Ma è chiaro che tutti moriamo per questa ragione. Non è nota la causa. De Grazia aveva 39 anni, e non aveva patologie. Come militare era sottoposto a costanti visite mediche. La mia intima convinzione è che l’abbiano ucciso: era un ufficiale davvero in gamba, in procinto di scovare prove sull’affondamento delle navi. Nell’arco di due settimane avvennero diversi episodi inquietanti: alcuni "avvertimenti", la morte di De Grazia, le dimissioni dal Nucleo investigativo della Forestale di Brescia del suo capo, il colonnello Martini. E, in precedenza, avevamo scoperto a Brescia un camper da dove alcuni mediorientali muniti di telecamera filmavano i nostri movimenti. Fui anche avvicinato da un israeliano che si qualificò agente del Mossad, con tanto di tesserino, che m’invitava ad andare avanti. Insomma, capimmo che l’inchiesta suscitava troppe attenzioni. D’altro canto, tra le prove acquisite, c’era anche la documentazione secondo cui l’Italia nel 1978 ha ceduto all’Irak due reattori Cirene, che servono a ricavare plutonio . Il trattato di non proliferazione nucleare lo vieta. Inoltre, a Rotondella, negli anni seguenti c’era stata la continuativa presenza di personale iracheno, per apprendere la tecnologia».

Chissà se adesso con le nuove rivelazioni , provenienti dalla Basilicata tutto questo ritornerà a galla . Certo è che sia sullo Jonio che sul Tirreno si continua a morire di tumori. Tumori provenienti dal mare intossicato e radioattivo ma anche dai rifiuti sotterrati . E’ un epidemia vera e propria. Solo nella zona di Cassano Ionio, a pochi chilometri da Rotondella, dove vi fu il sotterramento di 35 mila tonnellate di ferriti di zinco provenienti dalla Pertusola di Crotone, destinati ad un impianto i casi di tumore sono aumentati dell’82%. I casi accertati nel 2003 sono stati 62, 113 quelli fra il 2003 ed il 2006. I casi del 2007 fino ad oggi sono otto , quindi con un aumento complessivo del 92%. Com’è possibile che in una terra dove non esistono fabbriche inquinanti e l’aria dovrebbe essere pulitissima si muore di tumore piuttosto che di vecchiaia ? E non sono pochi i casi di tumore in tutta la calabria. Secondo dati forniti dal Ministero della Sanità, in Calabria nell’ultimo triennio i casi di tumore sono stati ben 6338, di cui 2154 uomini e 1324 donne. Di questi sono deceduti il 62% degli uomini ed il 46% delle donne. Ricordiamo e ce ne siamo occupati più volte in questo giornale, che i processi intentati agli autori del sotterramento delle ferriti di zinco, ben individuati e tutti a piede libero, sono in via di prescrizione, non certo per l’indulto ma per le lungaggini e le pastoie burocratiche della nostra legislazione. Comitati per questi processi non ne sono mai sorti , né si sono aperti siti tipo www.adessomoriremotuttiditumore.org.
Articolo Di Francesco Cirillo

2 commenti:

  1. grazie per aver fornito l'occasione e lo spunto per riflettere e cominciare a documentarci tutti un pò di più.
    su un problema così grave

    RispondiElimina
  2. Consiglio la lettura del libricino di Carlo Lucarelli "Navi a perdere" per un interessante resoconto sull'argomento col suo stile molto piacevole e conciso.

    Michele

    RispondiElimina