martedì 3 marzo 2009

L'università della Basilicata rischia la chiusura

“Il nuovo grido d’allarme del rettore dell’Università degli Studi della Basilicata sui tagli indiscriminati all'università e alla ricerca (come accade già per la scuola) sollecita un’iniziativa da parte della Regione. Un’azione da prendere di intesa con tutte le altre Regioni, specie quelle del Sud dove i piccoli atenei rischiano di più. A sostenerlo è la presidente del gruppo Prc in Consiglio regionale, Emilia Simonetti, la quale sottolinea che “il fondo derivante dalle royalties sul petrolio non è sufficiente a garantire l’attivazione delle nuove facoltà di studio”. “Quanto al finanziamento di un milione di euro per il nostro ateneo, annunciato telefonicamente dal sottosegretario Pizza, a parte il metodo da Prima Repubblica, – dice Simonetti - è il caso di ricordare che era un impegno già preso con il precedente ministro del Governo Prodi, Fabio Mussi. Impegno che va quindi semplicemente onorato”. “Come dice il Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano – continua la consigliera - 'la ricerca e la formazione sono la leva fondamentale per la crescita dell'economia'. Se il governo Berlusconi non ha i soldi per finanziare l'università e la ricerca, e la scuola pubblica, pensi ad una tassazione seria dei grandi patrimoni, reintroduca una patrimoniale sulle grandi ricchezze e vedrà che i soldi li trova. Se i tagli venissero cancellati, ma così non è, sarebbe quantomeno interessante la riduzione posta ai limiti sul turn over con il vincolo del 60 per cento delle risorse da destinare a concorsi per il reclutamento di nuovi ricercatori. Ma consentire alle Università “virtuose” di utilizzare quelle risorse anche per contratti precari vuol dire regalare agli atenei un nuovo strumento di ricatto e precarizzazione riducendo i posti in ruolo”. “Insomma – continua Simonetti - tranne che qualche spicciolo destinato a finanziarie borse di studio e nuove residenze per gli studenti, la nuova legge del Governo Berlusconi si configura come un nuovo attacco all’università. Diritto allo studio, precarietà della ricerca, trasparenza dei concorsi, valutazione seria della qualità della produzione scientifica e dell’offerta didattica degli atenei: su nulla di tutto ciò la nuova legge sembra offrire risposte concrete”. “Per questa ragione – aggiunge la consigliera - Rifondazione Comunista, nell’ambito di un salto di qualità nelle attività di movimento, ha deciso una campagna di mobilitazioni per una Università che sia veramente un luogo di emancipazione sociale attraverso il libero accesso alla conoscenza e a una ricerca libera dal ricatto della precarietà e dal condizionamento dei mercati”. “Tutto ciò – conclude - sarà connesso a una più ampia battaglia nelle università e nella società per una radicale democratizzazione della politica e delle coscienze”.