mercoledì 18 febbraio 2009

Totalgate: stop ai lavori. Ferrara ai domiciliari

Un paese normale, dove le persone si organizzano in imprese, competono liberamente sul prezzo e la qualità del lavoro
che svolgono, infine vincono o perdono a seconda della loro bravura. Il paese in cui viviamo: corruzione e concussione; appalti pilotati e indebiti favori; compiacenze e clientelismo. In politica vale una legge fondamentale: se si lascia un vuoto prima o poi qualcuno lo riempie. Se è la politica a creare quel vuoto, allora a riempirlo interviene la magistratura. Il gip Rocco Pavese ha deciso: la concessione alla Total per la coltivazione di idrocarburi nella Valle del Sauro è sospesa per un anno a partire da ieri. Più o meno sono queste le sue valutazioni. «Una misura adeguata alla eccezionale gravità del caso », è scritto nella motivazione, «che consente di porre termine alle sistematiche pratiche illegali poste in essere dalla Total nell’ambito delle attività legate allo sfruttamento della concessione Gorgoglione». L’attività di realizzazione delle opere necessarie all’inizio delle estrazioni «ben potrà essere proseguita dalle società contitolari della concessione», e peraltro le opere «sono appena iniziate con i lavori di sbancamento dell'area, e non si ravvisano allo stato rilevanti ripercussioni sull’occupazione». Il provvedimento è composto di circa cinquecento pagine, in cui il giudice ripercorre gli atti dell’inchie sta del pm Henry John Woodcock, e le responsabilità di un ente, la Total, ben distinto dagli altri attori di questa vicenda. Per capirsi: una persona giuridica è pur sempre una persona, e la legge chiarisce che non può diventare il paravento per personaggi interessati che vogliono restare anonimi, perciò si colpisce l’ente, o la società, per arrivare proprio a quelli che di certe malversazioni, come in questo caso, traggono profitto normalmente alla fine dell’anno, quando in assemblea, soprattutto per i soci di una multinazionale come la Total, generalmente vengono staccati lauti dividendi. E poteva andare peggio, se fossero state accolte del tutto le richieste dell'accusa. Il pm Woodcock infatti aveva chiesto la revoca della concessione, ma evidentemente sulla decisione del gip ha contato non poco la sentenza del Tribunale del riesame, che ha negato l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere, tra gli amministratori della Total, politici e imprenditori locali. Per il resto l’inchiesta sta in piedi, anzi si ingrossa, grazie anche alle dichiarazioni rese in interrogatorio da alcuni degli indagati. Scrive il gip Rocco Pavese: «Gli illeciti avvengono a danno del libero mercato e della collettività. La possibilità di ottenere indebiti favori, in primis gli appalti pilotati, lede gravemente il principio della libera concorrenza, che è fondamento del sistema economico, e presupposto per la crescita complessiva, anche occupazionale, di un paese moderno». Riguardo alla Total: «E’ da escludere che gli indagati abbiano agito per proprio esclusivo interesse, essendo palese che i reati sono stati commessi nell’interesse e a vantaggio della società che ne ha tratto un rilevante profitto»; e più avanti: «L’enorme portata degli interessi in gioco induce a ritenere che gli indagati abbiano agito di intesa, se non nei dettagli certamente nella metodologia, con la casa madre», e che «la società abbia lucrato un risparmio nell’ordine di grandezza di almeno una decina di milioni di euro attraverso un meccanismo concussivo, in cui un ruolo essenziale è stato svolto dalla determinazione dolosamente falsa del valore », riferito all’affare dell’acquisto dei terreni per la costruzione del centro oli. Ma «il vantaggio e l’inte - resse dell’ente si riscontra anche negli episodi di corruzione ». E qui si arriva alla parte più dura: «Soltanto un’intesa stipulata, o mediata, ad alto livello politico o amministrativo può aver indotto la Total Italia, filiale di un’importante multinazionale dunque un gigante economico, a scendere a patti con gli imprenditori e i faccendieri lucani protagonisti della vicenda (figure marginali sul piano economico e sociale al cospetto di questa società). Un accordo in cui il tornaconto non può che intravedersi nella garanzia di agire senza troppi ostacoli in un ambiente che altrimenti le sarebbe stato ostile sul piano burocratico e amministrativo, in cambio della compiacenza da accordare ai suddetti faccendieri e imprenditori». Forse le società un cuore non ce l’hanno, ma la risposta della Total è davvero accorata: «Indignazione per questa decisione molto grave e molto pregiudizievole, che mette a rischio immediato l’impiego di oltre un centinaio di collaboratori delle imprese che lavorano sul cantiere». Poi la fiducia a tutti i collaboratori della società passati e presenti. La parola agli avvocati, davanti al Tribunale del riesame. Poi viene il turno dell’opinione pubblica. E alla fine la morale di questa vicenda dovrebbe ritornare alla politica.( F. Amato il Quotidiano della Bas.)

4 commenti:

  1. tutto bloccato e la total , su Repubblica di ieri apre un bando di gara per l'estrazione a Tempa rossa.

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  2. Se ti interessa pubblicarlo, per capire uno dei motivi per cui Soru ha perso.

    http://blog.libero.it/admetalla/6352492.html

    L'ambientalista Renato. Corruptio optimi pessima
    Post n°1374 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da ad_metalla
    Tag: ad_9 Interessi...particulari


    Una volpe affamata vide dei grappoli d'uva che pendevano da un pergolato e tentò d'afferrarli. Ma non ci riuscì. "Robaccia acerba!", disse allora fra sé e sé; e se ne andò. Così anche fra gli uomini, c'è chi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze. (Esopo, VII/VI sec. a.C.)



    Un uomo solo al comando. Che appena qualche tempo fa arringava le folle predicando di “smettere di credere alle bugie di chi, non sardo, pensa di insegnarci come rilanciare e sviluppare la nostra Isola”. Salvo poi razzolare male, con l’affidamento ad eminenti studi di architettura svizzeri, ad illustri urbanisti e architetti offshore (con procedure quanto meno discutibili) della progettazione e trasformazione delle nostre risorse ambientali e paesaggistiche. Quando non le ha messe direttamente all’incanto (beni ex minerari). Eletto governatore della Sardegna, Renato Soru ha capito che in politica il significato delle parole assume un particolare valore, tanto più in ragione degli obiettivi che si vogliono cogliere, così come delle persone che, suo malgrado, occorre convincere. E ve lo dimostriamo.



    Se col passare degli anni la comunicazione del governatore si è fatta sempre più sofisticata e accorta, non per questo possiamo infatti dimenticare i bei tempi che furono, attualizzandoli però alla luce delle contraddittorie azioni di (s)governo del territorio che l’amministrazione soriana ci ha imposto. La prima sensazione che si ricava è di profondo smarrimento. Ve lo ricordate quando affermava che “ad Arzachena c’è una vecchia signora che ha acquistato 160 ettari di terreno per lasciarlo così com’è. All’inizio gli abitanti delle zone vicine la guardavano con sospetto: perché non costruisce un villaggio turistico? Poi quando sono stati invitati alla prima grande festa campestre, hanno capito. Il vantaggio è lasciare tutto com’è” ?. Una barzelletta. Dico: è mai possibile continuare a prestare fede ad un linguaggio profondamente simbolico quando poi (come a titolo esemplificativo vedremo sotto) le belle parole e i fantastici propositi si dimostrano sistematicamente più di facciata che di sostanza ? Ne volete leggere un’altra ? Diceva Soru: “Oggi c’è chi sulle nostre coste ha un piano di investimento da ammortizzare in dieci o in cinque anni, il nostro piano di investimento, invece, è di mille anni e più”. Per concludere così: “Se oggi, per assurdo, le nostre coste fossero disabitate, in realtà non saremo più poveri, saremo più ricchi. Questa nostra Isola sarebbe non meno famosa, ma più famosa. Una specie di paradiso terrestre in mezzo all’Europa. Lavorerò per un ripensamento totale rispetto a questo turismo votato all’arricchimento di breve periodo per pochi, più che di lungo per l’intera regione”. Beh, una cosa bisogna pur ammetterla: almeno il ripensamento c’è stato. Sì, il ripensamento sulle parole e sugli impegni che aveva assunto nel 2004, naturalmente secondo una personale e interessata visione proprietaria ed estetizzante dell’ambiente.



    Così le regole e i divieti alla fine hanno colpito per lo più i “deboli” e in molti casi hanno contemporaneamente premiato i “forti”, i portatori di grandi interessi. Prima di fare qualche illuminante esempio è bene chiarire una volta per tutte che se da una parte il Piano paesistico regionale (PPR) voluto da Soru ha imposto un divieto generalizzato di cementificazione delle coste, al contempo, con lo strumento delle “intese” (contenuto nelle famigerate NTA - Note Tecniche di Attuazione) o col ricorso ad appositi accordi di programma o programmi integrati, tale divieto è stato abilmente aggirato e demandato alle decisioni della giunta regionale. A seconda dei casi. Emblematiche le dichiarazioni rilasciate qualche settimana fa dal Presidente del Consiglio Regionale, Giacomo Spissu: “Sulla base del Ppr, l’esecutivo ha stipulato 120 intese coi Comuni per concedere nuove volumetrie, quasi tutte nelle coste e altre 80 intese sono in preparazione”. Una denuncia, questa, sul nuovo ed dissimulato “sacco” del territorio isolano attraverso l’uso delle intese ulteriormente ribadita dal Presidente della Provincia di Cagliari. In una nota pubblicata nel proprio sito internet si legge: “Chiarisco la mia posizione sul PPR Contrariamente a quanto si possa pensare consente di realizzare troppi metri cubi sulle coste. L’unica apparente novità sta nel fatto che gli stessi possano essere assentiti con lo strumento dell’intesa, che ad altro non può essere paragonato se non alle famigerate deroghe che in passato consentirono autentiche colate di cemento. Sfido chiunque a leggersi le intese promosse dalla Giunta Regionale in questi anni. Una quantità di metri cubi superiore, e di molto, a quelli che sarebbero stati assentiti con le vecchie leggi. Solo una cosa è cambiata: chi decide è la Giunta Regionale, mentre il resto è rimasto identico. Chi costruisce sono sempre gli stessi e cioè gruppi imprenditoriali d’oltremare che fanno scempio delle nostre coste. Lancio una sfida a coloro i quali ritengono che stiamo salvando il nostro territorio: addizionate i metri cubi assentiti con le Intese e ne scoprirete delle belle. Io penso che l’unica soluzione sia l’inedificabilità assoluta nei due chilometri”. Ebbene, è iniziata la corsa alla calcolatrice e qualcuno, raccogliendo il nostro invito, ha finalmente cominciato a fare i conti. Il primo a tagliare il traguardo, qualche giorno fa, è stato il segretario regionale del Partito socialista, che ha stimato in 1milione e 300mila metri cubi il cemento spalmato sull’Isola “grazie” alle famigerate intese. Del resto, che la Sardegna in questi anni non fosse rimasta esclusa dalle grandi speculazioni e cementificazioni del territorio l’ha denunciato e scritto lo stesso Carlo Petrini (presidente e fondatore di Slow Food) sulla Repubblica del 5 ottobre scorso. Un articolo in cui si apprende della scomparsa nel nostro Paese di 3 milioni di ettari di superficie libera (di cui 2 milioni di ettari di terreno agricolo). Sono dati che tra l’altro evidenziano come la Sardegna sia al 5° posto in assoluto tra tutte le regioni italiane che più si sono date da fare in questa tristissima opera di occupazione cementizia del territorio, anche negli anni di governo regionale soriano.



    Ma chi sono coloro che hanno beneficiato (nonostante un PPR che solo a parole si vuole ambientalista) del via libera per i loro investimenti immobiliari in Sardegna? Vediamo qualche caso in concreto e soffermiamoci,poi, su uno in particolare. UNO: siamo in Marmilla, tra i comuni di Collinas, Villanovaforru e Lunamatrona, dove l’irlandese Thomas F. Kane e l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco prevedono di realizzare il progetto turistico “Monte Concali” (grazie all’assenso della Regione e ricorrendo, in questo caso, ad un “accordo di programma”) su 400 ettari di terreni agricoli (il prezzo di acquisto proposto ai proprietari varia dai 2 ai 3,50 euro a metro quadro). Previsti campi da golf, alberghi a 5 stelle, piscine, 716 villette, foresterie, beauty farm, due centri servizi. DUE: siamo a Pula, dove il gruppo IMMSI S.p.A. capitanato da Roberto Colaninno (in buona compagnia del figlio Matteo, ministro ombra del Pd per lo Sviluppo economico, che siede nel C.d.A. dell'IMMSI) realizzerà, grazie allo strumento dell’intesa, un progetto da 115milioni di euro firmato da Massimiliano Fuksas. Un progetto che prevede la bellezza di circa 400mila metri cubi di cemento su una superficie di 150 ettari, superficie che sarà occupata da diversi alberghi, qualche centinaio di ville extra lusso, piscine, ristoranti, centro commerciale, campi da golf, Centro benessere (Spa), etc etc. Riguardo a questo intervento bisogna sottolineare l’inconsueto operato della Regione. In fase di "verifica preventiva" (screening), con una decisione un po' contorta, la Regione ha deciso che una parte dell’intervento (quella sostanzialmente edilizia, la più imponente) fosse esclusa dall'obbligo di successivo procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A), mentre la restante parte (quella che riguarda gli interventi di sistemazione idraulica e di approvvigionamento idrico, nonché golfistici) è stata inclusa nell'obbligo di V.I.A. Silenzio assoluto sui terreni percorsi in precedenza dal fuoco in cui una parte dell’intervento andrebbe a ricadere e che pertanto non avrebbero dovuto essere consentiti. Soprattutto silenzio sull'obbligo di considerazione del progetto come un complesso unico ed inscindibile, così come giurisprudenza comunitaria, nazionale ed amministrativa vorrebbe. TRE: siamo a Tortolì e qui i metri cubi che la società Bilancia srl (società che fa capo a Giorgio Mazzella, presidente del Credito industriale sardo, oggi di proprietà, non per caso, di Banca Intesa) andrà a realizzare col progetto Janas sono 219mila, per diverse centinaia di unità abitative, Centro congressi e commerciale compresi. In questo caso il benestare passa attraverso lo strumento del “programma integrato” e grazie ad una valutazione di impatto ambientale che incredibilmente passa le forche caudine della Regione. QUATTRO: siamo a La Maddalena e all’origine di tutto c'è la scelta di attivare procedure semplificate per preparare in grande stile il vertice del G8 fortemente voluto da Renato Soru e accordato da Romano Prodi (“è un suo regalo”, disse annunciando la scelta di La Maddalena l'allora ministro della Difesa, Parisi), vertice previsto per il prossimo luglio. Per poter bruciare i tempi nella realizzazione delle strutture non si è andati tanto per il sottile e quindi sono state previste ampie deroghe al quadro normativo comunitario in materia di tutela ambientale e di disciplina degli appalti pubblici di opere e servizi. Nel silenzio più totale della Regione, che non ha frapposto ostacoli in casa propria. Il tutto garantito dalla segretezza su come gran parte di queste opere devono essere realizzate, tanto da fare ricorso al segreto di Stato. Qui anche la Regione ha voluto fare la sua parte e quindi non è rimasta mani nelle mani. Il 20 marzo scorso ha rilanciato con una delibera di giunta (lsempre e famigerate intese), dando sostanzialmente via libera ad un piano alberghi (ma c’è anche un acquario) da centinaia di miglia di metri cubi, che aumenterà la ricettività di La Maddalena e dintorni. Così dicono. In tutto sono 11 i progetti approvati: alberghi di lusso, ma anche molte ville con vista su Budelli, nell'ex villaggio degli americani comprato dal gruppo Ligresti.



    Tra gli undici interventi merita una riflessione a parte quanto si andrà a realizzare a Caprera. Qui ad essere avvantaggiato dallo strumento dell’intesa è il Club Mediterranee. Chiuso da diversi anni perché non è mai riuscito ad ottenere l’autorizzazione per la costruzione di un nuovo villaggio. Ebbene, grazie allo strumento dell’intesa riesce finalmente ad ottenere l’ok da parte della Regione. Chi ha conosciuto il Club Med di Caprera saprà che gran parte di questo si sviluppava con particolari tipologie ricettive, sostanzialmente capanne con tetto conico tipo “polinesiano” e piccoli bungalow. Ebbene, l’intervento di riqualificazione presentato dal Club Mediterranee in sede di tavolo tecnico di intesa prevede la sostituzione delle capanne con l’edificazione di nuove volumetrie pari a circa 40mila metri cubi, con un incremento del 28% rispetto al passato. Emblematica la valutazione del Comune di La Maddalena sul progetto Club Med. Negli atti depositati alla Regione (in sede di intesa) si può leggere quanto segue: “Trattasi di intervento di riqualificazione di un insediamento turistico esistente costituito da 274 edifici di cui la maggior parte boungalow-capanne. L’intervento prevede un incremento volumetrico del 28 % per un totale di volumi pari a 39.649 mc con destinazione ricettivo-alberghiera con una insediabilità pari a 650 posti letto. Nulla viene detto circa la legittimità di tutti i volumi esistenti che di fatto non si ritiene possano esprimere una insediabilità in posti letto. Ne consegue che non è dato sapersi come viene calcolata l’insediabilità dichiarata pari a 1.230 posti letto, che non corrisponde agli indici di legge. Difatti, se si divide per 60 mc/posto letto le volumetrie esistenti si ottiene una insediabilità molto inferiore rispetto a quella dichiarata e per l’appunto pari a 514. Premesso che il Comune si dovrà esprime sulla legittimità dei volumi esistenti rispetto ai quali si propone l’incremento volumetrico, si rileva che l’intervento è incompatibile con lo strumento urbanistico comunale che prevede una assoluta inedificabilità nell’Isola di Caprera. Inoltre occorre tenere presente sia il vincolo di inedificabilità finora applicato a Caprera in relazione alla sua valenza ambientale eccezionale e tenere in considerazione il fatto che demolizioni ed eccessivi movimenti di terra comportano grossi impatti sul delicato sistema ecologico delle aree in oggetto”. Ora, se le intese sono – come normativa vorrebbe – “quegli strumenti orientati alla definizione degli interventi ammissibili verso obiettivi di qualità paesaggistica basati sul riconoscimento delle valenze storico culturali, ambientali e percettive dei luoghi”, proprio non si capisce come sia stato possibile dare il via libera a questo progetto. O forse lo si capisce fin troppo, visto gli interessi in gioco (il Club Mediterranee fa capo ad Henri Giscard d’Estaing) ma soprattutto visto che grazie allo strumento dell’intesa si può anticipare l’efficacia del Piano urbanistico comunale anche prima del suo adeguamento al PPR, attivando i vari procedimenti che ora impegnano il Comune di La Maddalena ad emanare tutti gli atti autorizzativi necessari alla esecutività degli interventi. Insomma, a volere pensare male – ovvero restando alla stessa istruttoria tecnica del Comune di La Maddalena – tale intervento, molto probabilmente, non avrebbe mai visto la luce (almeno non nella misura in cui è stato assentito) se a decidere sullo stesso si fosse guardato solo allo strumento urbanistico del Comune. Del resto, basta continuare a leggere cosa scriveva il Comune di La Maddalena riguardo ai progetti previsti nell’Arcipelago (peraltro sede di Parco Nazionale): “In termini di incremento volumetrico, la proposta appare consistente rispetto alle previsioni del Piano urbanistico Comunale. Inoltre la distribuzione temporale, le scelte e le opportunità risultano non coerenti con i criteri del PUC e con gli indirizzi del PPR. Infatti nonostante la volumetria pianificata attraverso lo strumento urbanistico includa tutte le occasioni di recupero e riuso delle strutture esistenti, si assiste ad una serie di proposte progettuali la maggior parte delle quali prevede nuova cubatura, ignorando le prescrizioni e gli indirizzi d’Ambito del Piano Paesaggistico che prevedono lo sviluppo della potenzialità turistica del territorio attraverso il riutilizzo degli insediamenti esistenti”.



    Ma poi, in particolare, l’Ufficio del Piano del Comune di La Maddalena come si è espresso riguardo al progetto Club Med ? E’ da ridere, leggiamo insieme qualche passo della relazione tecnica: “Premesso che il Comune si dovrà esprime sulla legittimità dei volumi esistenti rispetto ai quali si propone l’incremento volumetrico, si rileva che l’intervento è incompatibile con lo strumento urbanistico comunale che prevede una assoluta inedificabilità nell’Isola di Caprera; Non è peraltro in completo contrasto con la normativa sovraordinata (L.R. 45 - art. 10 bis….) che esclude dall’inedificabilità totale, prevista dal comma 1, lettera f dello stesso articolo, gli interventi di ristrutturazione, razionalizzazione ed incremento delle volumetrie strettamente funzionali nella misura non superiore al 25 % negli insediamenti esistenti. Per le considerazioni sopra esposte si ritiene che l’intervento non possa essere realizzato considerato nel transitorio ma possa essere rimodulato in fase di adeguamento del PUC con la riproposizione di un nuovo progetto che tenga conto della possibilità di recuperare i volumi esistenti (se legittimamente assentiti), inoltre occorre tenere presente sia il vincolo di inedificabilità finora applicato a Caprera in relazione alla sua valenza ambientale eccezionale e tenere in considerazione il fatto che demolizioni ed eccessivi movimenti di terra comportano grossi impatti sul delicato sistema ecologico delle aree in oggetto; eventuali nuove volumetrie in incremento entro il 25 % se proposte dal PUC dovranno essere finalizzate alla razionalizzazione dell’insediamento esistente e strettamente funzionali allo stesso tenendo conto della naturalità dei luoghi”. Non voglio farla lunga: la questione, almeno in questo caso, appare molto semplice e le osservazioni dell’Ufficio del Piano del Comune di La Maddalena sono assolutamente condivisibili, se non fosse che nulla sono valse a bloccare questo intervento. Il fatto è che questo intervento, a modesto vedere, non poteva proprio passare come ristrutturazione di insediamenti esistenti, non poteva avvantaggiarsi di incrementi volumetrici del 25%. E tutto ciò per il semplice motivo che gli insediamenti esistenti sono rappresentanti da capanne con tetto conico tipo “polinesiano” e piccoli bungalow! E invece che si fa? Nel progetto presentato in sede di intesa si conteggia come volume utile, per una nuova edificazione in cemento rivestito legno e pietra (300 unità abitative attrezzate con servizi igienici e veranda ad uso esclusivo assimilabili allo standard di un albergo a 5 stelle), quello delle capanne. Intervento poi ammesso ad intesa dalla Regione, seppur con qualche aggiustamento (contenimento dell’incremento volumetrico al 25%, accorpamento oltre la fascia dei 150 metri dal mare, tipologie costruttive con unico livello fuori terra). E viene pure da sorridere quando si scopre che la dimensione del patrimonio abitativo di La Maddalena si compone di 7.788 unità immobiliari di cui il 64% (5.015) occupate ed il 36% (2.773) vuote. Un sorriso amaro se pensiamo che non molto tempo fa Renato Soru al riguardo così si pronunciava: “Bisogna ripensare il turismo, riempire gli alberghi che ci sono e non costruirne nuovi. Qui si continua a costruire alberghi che restano vuoti per gran parte dell'anno. Smettiamo di costruirli e vediamo di riempirli”. Una beffa. Anzi no, un’intesa. Perfetta (per i pochi) e ridicola (per i più).



    "Occhio non vede, cuore non duole." Questa deve essere stata la riflessione degli interventisti dell'ambiente, quelli a corrente alternata. Che su questa vergogna (come del resto su molte altre, ad iniziare dal fatto che se le intese partorite dalla Regione in questi anni sono tantissime, più di 111, ahinoi nessun Parco regionale è stato istituito in 5 anni...ma nessuno si è accorto di questo piccolo particolare..) non hanno proferito parola. Hanno preferito – per carità, giustamente – prendersela con il segreto di Stato imposto prima da Prodi e poi da Berlusconi su una parte degli interventi attualmente in fase di realizzazione per il G8. Su quelli licenziati dalla giunta regionale, grazie alle famigerate intese e in particolare su quello del Club Med, poco o nulla hanno detto. Sono stati invece più loquaci (ma neanche tanto) quando sommessamente hanno richiamato il governatore Renato Soru ad un concreto impegno verso la problematica degli abusi edilizi che affligge l’Isola. Non è un mistero per nessuno: la Sardegna è una delle Regioni a più alto tasso di abusivismo edilizio. Volendo restare ai dati resi pubblici dal Corpo forestale sull’attività svolta contro l'abusivismo edilizio in Sardegna (dal 2007 ai primi mesi del 2008) c’è da rabbrividire: circa 500 comunicazioni di reato, 1000 indagati e 160 sequestri preventivi. La questione, anche qui, è molto semplice: dinanzi a questio bollettino di guerra dalla Regione solo chiacchiere e distintivo. Se grazie alle intese, agli accordi di programma, ai progetti integrati molto cemento arriverà sulle nostre coste, nulla è stato fatto dal 2004 per la concreta demolizione degli abusi edilizi insanabili (anche ricorrendo al potere sostitutivo assegnato alla Regione in caso di inadempienza da parte dei Comuni). Per intenderci, le stime parlano di circa 40mila casi di abuso edilizio in tutto il territorio regionale, di cui il 15% insanabili. Ve ne accorgerete. Tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare. Di soldi, di interessi inconfessabili e di cemento. Meglio Soru ? Non più.

    Massimo Manca

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  3. VELTRONI SE E' DIMESSO.....CHE BELLO

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  4. il reat c'e e non c'è questo fa trasparire il corriere della sera di sabato 20
    allora?

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