Avv. Cataldi:il silenzio della Regione su Marinagri è intollerabile
POTENZA - «Basta ai rapporti tra avvocati e magistrati, tra pubblici ministeri e giudici per le indagini preliminari. Basta a denunce che vengono iscritte nel registro degli indagati dopo 2 anni. Basta alla guerra tra procure. Basta alle influenze e ai condizionamenti dell' attività giudiziaria. Perché se non si ristabilisce la serenità e l'autonomia tra gli uffici inquirenti, come ci si potrà proteggere dalle infiltrazioni della criminalità organizzata?». «Dura lex, sed lex». È un invito a rispettare la legge in tutti i casi, anche in quelli in cui è più rigida e rigorosa. Non solo. E' l'appello che l' associazione lucana "Autonomia forense" e il "Sindacato degli avvocati" di Matera lanciano dopo quasi due mesi dalla chiusura dell'inchiesta della Procura della Repubblica di Catanzaro sulle "toghe lucane". I rappresentanti delle due associazioni hanno chiesto di essere ricevuti dal Consiglio superiore della magistratura (Csm), «per porre i problemi relativi al funzionamento della giustizia in Basilicata, - commenta Vincenzo Montagna, presidente dell'associazione "Autonomia forense" - con riferimento, proprio, alle vicende di "toghe lucane". Abbiamo chiesto questo incontro, previsto per domani alle 12, perché dagli avvisi di conclusione delle indagini preliminari fatti notificare dal pubblico ministero inquirente a Catanzaro, risulta che vi sono 33 indagati fra magistrati, generali, colonnelli, avvocati ed un ex membro dello stesso Csm e ipotesi di reati gravi (corruzione in atti giudiziari ed altre violazioni del codice penale) a carico, sia del procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Potenza, sia del procuratore capo della Repubblica a Matera. Abbiamo, quindi, ritenuto di dover sollecitare al Csm un esame della situazione anche per stabilire se la presenza di queste due figure apicali sia ancora opportuna. Tutto ciò, a tutela del prestigio e dell'autorevolezza che devono essere propri dell'ordine giudiziario». «Le ultime vicende legate all’inchiesta Toghe lucane, condotta dal pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, hanno portato allo sconcerto dell’opinione pubblica, mostrando l'incompatibilità ambientale del Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Potenza, Vincenzo Tufano, e il Procuratore della Repubblica di Matera, Giuseppe Chieco, per una questione di opportunità che il Consiglio Superiore della Magistratura non può ignorare » ha sottolineato il segretario del Sindacato degli avvocati di Matera, Leonardo Pinto. «Nelle ultime settimane la situazione si è ulteriormente aggravata, in quanto il procuratore della Repubblica di Matera si è reso protagonista di episodi gravi e sconcertanti che rendono quanto mai urgente un intervento da parte del Csm». Il riferimento è al caso della conferenza stampa indetta qualche giorno fa sull'arresto di undici persone legate al consorzio "La Felandina" di Bernalda, in occasione della quale il suddetto procuratore, dopo una breve occhiata ai cronisti presenti, ha deciso di "girare i tacchi" e andar via, dicendo: «in presenza di alcuni giornalisti, non parlo». «Lo stesso procuratore che, un po' di tempo fa - continua Montagna – ha chiesto il trasferimento immediato per un sostituto procuratore che non lo aveva informato dell'imminente misura cautelare di perquisizione nei confronti di una persona "intoccabile"». Insomma, rappresentanti delle due associazioni hanno deciso di rompere il silenzio e di far "sentire la loro voce". Una sorta di «cura endogena», che viene dagli stessi operatori del diritto, stanchi di ascoltare «dicerie e maldicenze di ogni genere sulla magistratura – afferma Domenico Orlandi, presidente onorario del "Sindacato degli avvocati" di Matera. La situazione si è degradata a tal punto da generare mal contento e disagio. L'avvocatura si è disgregata e dalla sue crepe sono nate delle consorterie. E' giunto il momento che si rimuovano le cause di questo malessere». Si passano in rassegna molti esempi di "mala-giustizia", compreso il sequestro di Marinagri: «La legge è sovrana - commenta Nicola Cataldo, presidente
onorario dell'associazione "Autonomia forense" - ed è assurdo che si debbano far prevalere gli interessi di alcune categorie». «Tutto è sanabile a condizione che la legge preveda che è sanabile», gli fa eco Montagna. L'accusa, poi, cade sulla pubblica amministrazione. «Riguardo "l'affaire" Marinagri – continua Cataldo -- sono state presentate due interrogazioni, ma né il ministro dell'Economia, né il presidente della Regione Basilicata hanno dato risposta. Sono situazioni che non possono più essere tollerate».
Anna Maria Calabrese
Ma allora ci sono gli avvocati ed i magistrati onesti in Basilicata!
RispondiEliminaEvviva!