mercoledì 12 marzo 2008

Compagno quando guadagni?^


Giovanni Russo Spena

Propongo un quiz. Chi, secondo voi, è plebeista e qualunquista: l'operaio incazzato che, alla fine del comizio, ti chiede con tono di sfida: «Ma quanto guadagnano i parlamentari, qual è il tuo stipendio?». Oppure Veltroni, mancato volontario in Africa, che accusa Bertinotti di aver scoperto la lotta di classe scendendo dalla scranno di Montecitorio? Fate voi. Io penso che il plebeismo di potere e la mistificazione autoritaria sono il padre e la madre dell'antipolitica. Non è la furia dell'operaio che guarda il suo stipendio, poi guarda il tuo, e si fa prendere dalla rabbia.Dopo una prima settimana di bella campagna elettorale - piena di comizi, di ragionamenti, di passione – mi preme comunicare una banale impressione, una piccola esperienza, una modesta novità per le nostre manifestazioni, ma che allude - credo - a temi di fondo. Vorrei parlarvi di certe assemblee, difficili, nel corso delle quali si riesce a conquistare un consenso culturale (anche elettorale, spero) alla Sinistra Arcobaleno, superando le critiche alla nostra esiguità progettuale, al verticismo, alla mutilazione del processo costituente contro il partito tradizionale. Alla fine di queste sudate discussioni, immancabilmente, ti viene posta la domanda: «Ma i parlamentari quanto guadagnano? Perché il tuo stipendio è tanto più alto del mio?» E' un'anatema, ma anche una invocazione, una domanda che attende risposte. Non può restare lì, inascoltata. E' chiaro, la politica senza etica non esiste; e Berlinguer, nella sobrietà della vita e nel sacrificio della morte dinanzi al microfono, è l'icona della "questione moralePerò, tu provi a rispondere alle domande aggressive sui privilegi della politica. E spieghi, spieghi per esempio che la politica non è carriera, che si può e si deve fare politica anche fuori dalle istituzioni, e quando stai nelle istituzioni devi usare la funzione per andare nei Cpt, nelle carceri, nelle fabbriche, compiere atti di disobbedienza, azioni dirette, occupare case, tagliare le reti degli aeroporti militari, violare leggi in nome della giustizia sociale. Vanno dette queste cose. Bisogna spiegare che la politica non è solo casta, privilegio, bisogna rispondere alle mistificazioni di Montezemolo, che cerca di nascondere la prepotenza "padronale" lanciando strali sulla politica (con l'obiettivo di levarsela dai piedi, di contenere i rischi della democrazia, di "liberare" lo strapotere del mercato...). Tutte queste cose vanno dette, bisogna lanciare l'allarme, dire che c'è chi vuole sradicare la politica dal cuore e dalla mente dei proletari, per rendere muta e inerte l'opera di trasformazione, la speranza, la partecipazione, per costringere la politica ad essere serva dei poteri forti. Tutto giusto; ti stanno a sentire in rispettoso silenzio; condividono. Ma tu ti accorgi che non basta. Che c'è qualcosa che non va. Perché avverti che si è formato un muro, una separatezza, un "noi popolo", "voi politici". Ci sono due problemi - credo - che dobbiamo risolvere, se vogliamo davvero abbattare quel muro. Primo problema: come trasformare l'antipolitica - la diffidenza, l'indignazione spicciola - in critica della politica, in critica permanente, quotidiana del potere. E cioè, riuscire a spiegare, a far capire, la differenza tra politica e potere. Secondo problema, dobbiamo "essere" diversi - ma davvero essere diversi: in ogni nostro piccolo comportamento, nei nostri stili di vita - per "apparire" diversi. Dovremo, senza ipocrisie, senza pudori o snobismi, cominciare a parlare anche di condizioni materiali di vita, di prebende, di stipendi. Faccio l'autocritica, per la mia parte, perché non ho fatto proposte (anche normative) più coraggiose. L'etica politica ridiventa, oggi, un paradigma fondativo della "questione morale": il popolo di sinistra è disorientato, è disincantato. Sarebbe beffardo che venissimo colpiti proprio noi. Che siamo, tutto sommato - scusate la superbia - molto migliori degli altri.

1 commento:

  1. Russo Spena mi è simpatico, a prescindere. Non condivido quando dice, ammettendo tra l'altro la superbia, che loro sono i migliori. Migliori di chi? Di Berlusconi? Di Veltroni? Di Casini o di Follini? Bella scoperta, non ci vuole molto ad essere migliori di questi! Il problema sorge, è sorto, quando delle persone che sono al potere non riescono a fare niente di costruttivo per il Paese. Bertinotti ha fatto cadere, pur essendoci, il 1° governo Prodi, prestandosi probabilmente a subdole manovre, al pari dell'odierno Mastella. Oggi dallo scranno di Presidente della Camera, orgoglioso di tanto lustro, non ha portato niente nelle tasche di quella parte del popolo che sostiene di difendere. C'è qualcosa che non va! E se ci si sente i migliori, si deve anche capire, meglio degli altri, quali cose non vanno, diversamente si scade nella demagogia, tanto cara a Voi.

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