La nuova formulazione dell’articolo 117 della Costituzione è un segnale forte che è impossibile rifiutarsi di vedere
di ROSSANO CERVELLERA
UN altro passo verso il patibolo.
L’approvazione, da parte del Senato, delle modifiche al Titolo V della Costituzione stanno di fatto minando alla base le residue speranze di mantenere intatta l’integrità territoriale della regione. La Basilicata si sta trasformando in un ectoplasma geografico destinato a scomparire nei prossimi anni.
La nuova formulazione dell’articolo 117 della Costituzione che di fatto toglie alle Regioni i poteri previsti in tema di energia e tutela dell’ambiente e nel contempo il recepimento, da parte del Governo, di un ordine del giorno che lo impegna a prendere in considerazione la possibilità di varare un disegno di legge costituzionale per la creazione di macroregioni prima dell’entrata in vigore del ddl Boschi (maggio 2016), rappresentano un segnale forte che è impossibile rifiutarsi di vedere.
Il nuovo articolo 117 elimina le materie a legislazione concorrente Stato-Regioni in parte anche depotenziando gli effetti del Referendum anti-trivelle depositato nei giorni scorsi. In materia energetica e ambientale, in altre parole, deciderà il Governo al di là degli auspici sui possibili sviluppi di una vicenda che deve ancora spiegare i suoi effetti pratici. E’ chiaro che, in caso di vittoria del Sì nella consultazione popolare, il Governo difficilmente potrà ignorarne il risultato all’atto della promulgazione della legge che dovrà regolamentare la materia della ricerca e delle estrazioni petrolifere in mare, ma è altrettanto evidente che in molti casi gli esiti dei referendum sono stati scavalcati da norme che aggiravano la palese espressione del voto popolare (emblematico quanto accaduto con il finanziamento pubblico dei partiti).
L’ordine del giorno Ranucci-Morassut sulla creazione delle macroregioni, rappresenta invece un atto di indirizzo politico che il Governo si impegna (ma anche in questo caso non è obbligato) a prendere in considerazione. Niente di più che una possibilità, dunque, che fa il paio, nei fatti annullandola, con quella di segno contrario prevista da un analogo provvedimento presentato qualche mese fa alla Camera dal parlamentare lucano Roberto Speranza che sembrava aver blindato l’unità territoriale della Basilicata.
La sensazione è che, in ogni caso, la strada verso la creazione di macroregioni sia totalmente spianata e se le previsioni del disegno di legge presentato proprio dal Deputato Pd, Morassut, saranno rispettate, la nuova Italia potrebbe essere composta da dodici Regioni. La Basilicata verrebbe smembrata: il territorio della provincia di Matera verrebbe agganciata alla Puglia e al Molise per creare la Regione Adriatica, mentre quello della provincia di Potenza alla Regione Tirrenica con la Calabria. Facile prevedere che ad esempio nel Melfese (e non solo) potrebbero essere alzate le barricate verso questa ipotesi, ma l’effetto di una tale ridistribuzione territoriale sarebbe in ogni caso, in assenza di enti territoriali intermedi come appunto le Province, quello di rendere le città lucane periferie di un micro Stato senza competenze impossibilitato a fornire servizi di prossimità ai cittadini.
Il punto è proprio questo. Nel momento in cui sono state abolite le Province e vengono attenuate forme di federalismo caotico come quelle introdotte dalla Riforma D’Alema del 2001, si ragiona sulla istituzione delle macroregioni e, nel contempo, si crea un Senato di Autonomie locali che di fatto non esistono più.
Altro che Corte d’Appello. Senza Regione non ci sarebbero uffici (forse sedi decentrate e per questo ridotte) e bisognerebbe capire che fine farebbero la Camera di Commercio unica, le Questure e i Comandi dell’Arma dei Carabinieri e la lista potrebbe continuare all’infinito. E ancora: quanti “Senatori delle autonomie” di Potenza o di Matera sarebbero nominati (perché di questo si tratta) in macroregioni in cui ci sono città come Bari, Taranto, Lecce, Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza?
In altre parole, il deserto istituzionale avanza e nel deserto le trivelle fanno parte del paesaggio. Una riflessione seria su questo argomento la si dovrà fare, prima o poi, rischiando anche di far arrabbiare l’amico Matteo
Il quotidiano della Basilicata
L’approvazione, da parte del Senato, delle modifiche al Titolo V della Costituzione stanno di fatto minando alla base le residue speranze di mantenere intatta l’integrità territoriale della regione. La Basilicata si sta trasformando in un ectoplasma geografico destinato a scomparire nei prossimi anni.
La nuova formulazione dell’articolo 117 della Costituzione che di fatto toglie alle Regioni i poteri previsti in tema di energia e tutela dell’ambiente e nel contempo il recepimento, da parte del Governo, di un ordine del giorno che lo impegna a prendere in considerazione la possibilità di varare un disegno di legge costituzionale per la creazione di macroregioni prima dell’entrata in vigore del ddl Boschi (maggio 2016), rappresentano un segnale forte che è impossibile rifiutarsi di vedere.
Il nuovo articolo 117 elimina le materie a legislazione concorrente Stato-Regioni in parte anche depotenziando gli effetti del Referendum anti-trivelle depositato nei giorni scorsi. In materia energetica e ambientale, in altre parole, deciderà il Governo al di là degli auspici sui possibili sviluppi di una vicenda che deve ancora spiegare i suoi effetti pratici. E’ chiaro che, in caso di vittoria del Sì nella consultazione popolare, il Governo difficilmente potrà ignorarne il risultato all’atto della promulgazione della legge che dovrà regolamentare la materia della ricerca e delle estrazioni petrolifere in mare, ma è altrettanto evidente che in molti casi gli esiti dei referendum sono stati scavalcati da norme che aggiravano la palese espressione del voto popolare (emblematico quanto accaduto con il finanziamento pubblico dei partiti).
L’ordine del giorno Ranucci-Morassut sulla creazione delle macroregioni, rappresenta invece un atto di indirizzo politico che il Governo si impegna (ma anche in questo caso non è obbligato) a prendere in considerazione. Niente di più che una possibilità, dunque, che fa il paio, nei fatti annullandola, con quella di segno contrario prevista da un analogo provvedimento presentato qualche mese fa alla Camera dal parlamentare lucano Roberto Speranza che sembrava aver blindato l’unità territoriale della Basilicata.
La sensazione è che, in ogni caso, la strada verso la creazione di macroregioni sia totalmente spianata e se le previsioni del disegno di legge presentato proprio dal Deputato Pd, Morassut, saranno rispettate, la nuova Italia potrebbe essere composta da dodici Regioni. La Basilicata verrebbe smembrata: il territorio della provincia di Matera verrebbe agganciata alla Puglia e al Molise per creare la Regione Adriatica, mentre quello della provincia di Potenza alla Regione Tirrenica con la Calabria. Facile prevedere che ad esempio nel Melfese (e non solo) potrebbero essere alzate le barricate verso questa ipotesi, ma l’effetto di una tale ridistribuzione territoriale sarebbe in ogni caso, in assenza di enti territoriali intermedi come appunto le Province, quello di rendere le città lucane periferie di un micro Stato senza competenze impossibilitato a fornire servizi di prossimità ai cittadini.
Il punto è proprio questo. Nel momento in cui sono state abolite le Province e vengono attenuate forme di federalismo caotico come quelle introdotte dalla Riforma D’Alema del 2001, si ragiona sulla istituzione delle macroregioni e, nel contempo, si crea un Senato di Autonomie locali che di fatto non esistono più.
Altro che Corte d’Appello. Senza Regione non ci sarebbero uffici (forse sedi decentrate e per questo ridotte) e bisognerebbe capire che fine farebbero la Camera di Commercio unica, le Questure e i Comandi dell’Arma dei Carabinieri e la lista potrebbe continuare all’infinito. E ancora: quanti “Senatori delle autonomie” di Potenza o di Matera sarebbero nominati (perché di questo si tratta) in macroregioni in cui ci sono città come Bari, Taranto, Lecce, Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza?
In altre parole, il deserto istituzionale avanza e nel deserto le trivelle fanno parte del paesaggio. Una riflessione seria su questo argomento la si dovrà fare, prima o poi, rischiando anche di far arrabbiare l’amico Matteo
Il quotidiano della Basilicata