rinvio a giudizio risale al 23 aprile 2013, ma il processo è entrato nel vivo la scorsa settimana con l’escussione dell’allora vice sindaco (attuale primo cittadino) Rocco Leone
di ANTONIO CORRADO
Il comune di Policoro
POLICORO - Ruota tutto intorno alla reale presenza di quella famigerata scatola di sigari, dentro la quale il presunto gruppo di imprenditori baresi avrebbe nascosto la prima tangente, il 19 aprile del 2010, destinata all’allora sindaco di Policoro, Nicola Lopatriello, al suo presunto sodale di Giunta (l’assessore Cosimo Ierone) ed a due funzionari comunali (Felice Latronico e Felice Viceconte), la discussione del processo “Sistema Policoro”, sul presunto affare dei led per la pubblica illuminazione, che portò la Guardia di finanza a 15 arresti.
Il rinvio a giudizio risale al 23 aprile 2013, ma il processo è entrato nel vivo la scorsa settimana con l’escussione dell’allora vice sindaco (attuale primo cittadino) Rocco Leone, sulla riunione di Giunta in corso quella mattina, mentre un emissario dei presunti corruttori portava la scatola, ripresa dalle telecamere, secondo gli inquirenti, inesistente secondo le difese.
Ieri un’altra udienza significativa, sempre sul caso della scatola di sigari, che secondo l’accusa avrebbe nascosto 4.000 euro, destinati a “lubrificare gli ingranaggi”. Tutto sarebbe stato ripreso dalle telecamere piazzate dagli inquirenti, e in particolare da un occhio elettronico installato dallo stesso sindaco Lopatriello nella sua stanza, sul quale si sarebbe sovrapposto quello dei finanzieri. Ma chi ha visionato questi filmati, soprattutto i difensori, non ha mai visto quella scatola, ritenuta la prova regina delle mazzette, elargite per ottenere l’appalto dell’illuminazione a led nell’intera città jonica.
Sotto processo sono finiti, oltre al sindaco Lopatriello, l’assessore Ierone ed il segretario comunale Latronico, anche l’ex responsabile del Terzo Settore, Felice Viceconte, e un cartello di imprenditori lucani (Felice D’Amato, Giuseppe Benedetto e Rocco La Rocca) e pugliesi (Gennaro Livio e Giovanni Colamarino, Luigi Rotunno e Giuseppe Leo). Le accuse sono di corruzione aggravata, corruzione ed istigazione alla corruzione per tutti, falso ideologico per Lopatriello, Latronico e l’allora assessore Tommaso Siepe. Quest’ultimo reato nasce dal presupposto delle false dichiarazioni sull’orario di svolgimento di quella Giunta, secondo l’accusa finalizzato a scagionare gli indagati, creando loro una sorta di alibi. Gli arresti arrivarono il 13 gennaio 2011 con notevole clamore mediatico.
Nell’udienza di ieri sono stati sentiti gli assessori dell’epoca Di Cosola e Lasaponara, chiamati a testimoniare sulle presenze, orari e modalità di svolgimento della Giunta, i quali hanno sostanzialmente confermato quanto dichiarato una settimana prima dell’allora vice sindaco Leone. Quindi, nessun mistero nè stratagemmi per creare alibi, ma una riunione dell’esecutivo come tante altre. Il terzo teste della giornata è stato il giornalista Gabriele Elia, all’epoca dei fatti addetto stampa del Comune, il quale ha confermato di aver diramato diversi comunicati stampa sul progetto, a conferma, è la tesi delle difese, che non fosse in atto alcun complotto o inciucio. Prossima udienza il 18 novembre, con l’ecussione di altri sei teste.
Tratto dal quotidiano della Basilicata
Il rinvio a giudizio risale al 23 aprile 2013, ma il processo è entrato nel vivo la scorsa settimana con l’escussione dell’allora vice sindaco (attuale primo cittadino) Rocco Leone, sulla riunione di Giunta in corso quella mattina, mentre un emissario dei presunti corruttori portava la scatola, ripresa dalle telecamere, secondo gli inquirenti, inesistente secondo le difese.
Ieri un’altra udienza significativa, sempre sul caso della scatola di sigari, che secondo l’accusa avrebbe nascosto 4.000 euro, destinati a “lubrificare gli ingranaggi”. Tutto sarebbe stato ripreso dalle telecamere piazzate dagli inquirenti, e in particolare da un occhio elettronico installato dallo stesso sindaco Lopatriello nella sua stanza, sul quale si sarebbe sovrapposto quello dei finanzieri. Ma chi ha visionato questi filmati, soprattutto i difensori, non ha mai visto quella scatola, ritenuta la prova regina delle mazzette, elargite per ottenere l’appalto dell’illuminazione a led nell’intera città jonica.
Sotto processo sono finiti, oltre al sindaco Lopatriello, l’assessore Ierone ed il segretario comunale Latronico, anche l’ex responsabile del Terzo Settore, Felice Viceconte, e un cartello di imprenditori lucani (Felice D’Amato, Giuseppe Benedetto e Rocco La Rocca) e pugliesi (Gennaro Livio e Giovanni Colamarino, Luigi Rotunno e Giuseppe Leo). Le accuse sono di corruzione aggravata, corruzione ed istigazione alla corruzione per tutti, falso ideologico per Lopatriello, Latronico e l’allora assessore Tommaso Siepe. Quest’ultimo reato nasce dal presupposto delle false dichiarazioni sull’orario di svolgimento di quella Giunta, secondo l’accusa finalizzato a scagionare gli indagati, creando loro una sorta di alibi. Gli arresti arrivarono il 13 gennaio 2011 con notevole clamore mediatico.
Nell’udienza di ieri sono stati sentiti gli assessori dell’epoca Di Cosola e Lasaponara, chiamati a testimoniare sulle presenze, orari e modalità di svolgimento della Giunta, i quali hanno sostanzialmente confermato quanto dichiarato una settimana prima dell’allora vice sindaco Leone. Quindi, nessun mistero nè stratagemmi per creare alibi, ma una riunione dell’esecutivo come tante altre. Il terzo teste della giornata è stato il giornalista Gabriele Elia, all’epoca dei fatti addetto stampa del Comune, il quale ha confermato di aver diramato diversi comunicati stampa sul progetto, a conferma, è la tesi delle difese, che non fosse in atto alcun complotto o inciucio. Prossima udienza il 18 novembre, con l’ecussione di altri sei teste.
Tratto dal quotidiano della Basilicata