giovedì 14 febbraio 2013

Lettera aperta, il contratto di quartiere una truffa autorizzata e pagata dai cittadini


Pubblichiamo una lettera aperta inviatoci  per posta da un nostro lettore. Il post è abbastanza lungo , ma ne vale la pena di leggerlo per intero per capire quale atti si stanno consumando nel silenzio assoluto degli organi di controllo. Questa è solo la prima parte , perchè sull'argomento ritorneremo, fascicoleremo ed invieremo il tutto alla corte dei conti , all'autorità di vigilanza dei lavori pubblici, all'assessorato delle infrastrutture della regione e al dipartimento del ministero economico , affinchè nessuno possa dire che non sapevano. 

A conferma di quanto vero ed attuale ci sia in questo post, mi permetto di aggiungere che, a mio avviso, non si tratta invece di una semplice sensazione ma di una realtà attuale, concreta e preordinata per questa Città e finché non apriamo gli occhi, i feroci e gli ignoranti, i distruttori della nostra terra e carnefici del nostro popolo avranno la meglio.

Riporto un caso emblematico, pratico e concreto.

Si tratta della deliberazione di giunta n. 77 del 9 agosto 2012 pubblicata di recente sull’albo on-line.

L’oggetto dell’atto è l’Attuazione delle previsioni del piano di recupero Iazzo – Ricino e programmi innovativi urbani denominati Contratti di Quartiere II . ACCORDI TRANSATTIVI.

Si delibera di approvare gli accordi intrapresi e da intraprendere e si assegnano € 130.000,00, come da relazione che anche se non materialmente allegata ne costituisce parte integrante e sostanziale. Furbescamente la relazione non è stata pubblicata sul sito del Comune e quindi a noi non è dato conoscerla! Per legittimare il tutto si fa ricorso alla procedura della transazione.

L’atto in oggetto appare un caso emblematico, pratico e concreto, in cui appaiono consumarsi, in danno dei cittadini policoresi, fattispecie di reati in cui la Pubblica Amm.ne non dovrebbe mai incorrere. Questa delibera evidenzia la capacità dei politici di sottintendere l’argomento, mitigando la causa per la quale si è chiamati a deliberare, e di esaltare invece la necessità della transazione per raggiungere l’obiettivo, pena il rischio di perdere il finanziamento,  mal celando le proprie responsabilità. Atto davvero subdolo e ingannevole, dove il malcostume e il pressappochismo hanno la meglio sul rispetto della legalità e della diligenza.

Nel seguito del dettaglio di questo atto, rappresento al lettore il mio stato d’animo durante la lettura dell’atto stesso.
Resto subito sorpreso da tanta veemenza nel premettere il mezzo e lo strumento per cogliere l’obiettivo; mi riferisco al rigore con il quale l’estensore dell’atto fa riferimento al codice civile e alle sentenze della Suprema Corte; insolito ma efficace.
Entusiasta quando leggo che il Comune di Policoro è destinatario del finanziamento di 5milioni di € sin dal 2004 per la realizzazione del contratto di quartiere “iazzo ricino” e nel 2009 con un ulteriore finanziamento di 1,5milioni circa.
Soddisfatto nel leggere che i lavori previsti nel contratto di quartiere ad Agosto 2012 risultano tutti regolarmente appaltati e addirittura alcuni in fase di completamento (tutto molto confortante).
Ma esterrefatto, invece, quando leggo che notevoli aree interessate dai lavori, “seppure intestate catastalmente al Comune”,  “risultano in possesso di privati cittadini anche da innumerevoli anni”; deduco pertanto che il Comune è proprietario delle stesse aree su cui realizzare gli investimenti. Quest’ultima ammissione mi porta nella più completa confusione e comincio ad avere dei dubbi sulla totale conduzione amministrativa e tecnica sin qui portata avanti. La conferma arriva immediatamente, quando leggo che nessuna procedura espropriativa alla data odierna è stata avviata.
La certezza del fallimento mi assale quando rileggo la frase dando più peso alla espressione “alla data odierna”. Infatti, la procedura espropriativa si avvia con il progetto preliminare e poi con il definitivo (quindi negli anni 2004 e successivi) sempreché a quelle date le aree fossero occupate e comunque sempre prima di ogni regolare appalto.
Il buon senso mi porta a pensare che se le aree fossero state occupate sin dal primo momento, avremmo avuto un progetto preliminare e un progetto definitivo che contemplavano l’acquisizione delle aree ed una procedura di esproprio nella quale venivano individuati i soggetti, privati cittadini, quali possessori di aree interessate ai lavori e riconosciuti titolari dell’indennizzo quale possessori.
Lo sconforto prende il sopravvento quando associo l’indisponibilità delle aree e gli interventi da eseguire tutti regolarmente appaltati. Ma come sarebbe possibile eseguire dei lavori senza avere le aree e perché appaltarli se delle aeree ancora non si ha il possesso?
Un controsenso, una contraddizione abissale che smaschera il tenore dell’atto e cozza con le più elementari norme in tema di lavori pubblici. Perché l’Amm.ne assume una procedura transattiva per liberare le aree nella fase della esecuzione degli interventi oggetto di finanziamento e non prima della fase di indizione della gara ? Perché proclamare gli appalti come regolari, quando invece si ammette poi che le aree, parti notevoli di superfici interessate dagli interventi di attuazione del contratto di quartiere, seppure intestate catastalmente al Comune, risultano nei fatti in possesso di privati cittadini anche da innumerevoli anni e quindi non sono nella disponibilità dell’Amm.ne? Perché questa circostanza della ‘indisponibilità’ delle superfici è un dato che emerge ora e non allora, ossia della fase progettuale? La circostanza che da innumerevoli anni le aree fossero occupate è un dato odierno ovvero che emerge ad appalto regolarmente avvenuto? E di cosa si sono dati atto, ai sensi e per gli effetti dell'art. 71, comma 3 del D.P.R. 554/99 s.m.i., anteriormente alla stipulazione del contratto, il responsabile del procedimento e l'impresa aggiudicataria circa il permanere delle condizioni che consentono l'immediata esecuzione dei lavori? Perché nessuna procedura espropriativa è stata avviata nei tempi (anno 2004) e nei modi prevista per legge?
Usando anch’io la stesso zelo e la stessa veemenza dell’estensore della delibera, ho ricercato in internet e con ogni motore di ricerca – ricerca avanzata e digitando le frasi - opera pubblica – disponibilità delle aree – dopo la gara, sono emerse altrettante sentenze ecc., che palesano le irregolarità, le fandonie e le responsabilità degli attori.
Per comodità e ad ogni buon fine, per rendere grazia a quanto affermato sopra, anche per i più affaticati del web e oberati luminari forsennati turlupinatori, riporto di seguito solo parte di quanto è emerso dalla ricerca, per evidente ragione di spazio.

Fonte : Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici
LODI ARBITRALI Roma - Lodo 14/12/2007 n. 160/07
d.lgs 163/06 Articoli 130 - Codici 130.1
Incombe sulla stazione appaltante l'obbligo di assicurare la piena disponibilità delle aree, sin dalla fase antecedente l'indizione della gara e, qualora nel corso di una diligente preventiva attività di perfezionamento delle pratiche espropriative incontri ostacoli al normale iter procedurale, ben può rinviare l'indizione della gara d'appalto all'avvenuta definizione di eventuali azioni oppositive all'acquisizione dei terreni, evitando di sottoporre l'impresa a totali e/o parziali pregiudizievoli periodi di inattività del cantiere.

LODI ARBITRALI Roma - Lodo 03/07/2006 n. 46/2006
d.lgs 163/06 Articoli 130 - Codici 130.1
In tema di appalto di opere pubbliche, le ragioni di pubblico interesse o necessità che legittimano l'ordine di sospensione dei lavori, vanno identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute non previste né prevedibili dalla committente con l'uso dell’ordinaria diligenza, così che esse non possono essere invocate al fine di porre rimedio a negligenza o imprevidenza dell'Amministrazione medesima; pertanto, nel caso che sopravvenga la necessità di approvare una perizia di variante, tale emergenza non deve essere ricollegabile ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e nella verifica del progetto da parte dell'ente appaltante, il quale è tenuto, prima dell'indizione della gara, a controllarne la validità in tutti i suoi aspetti tecnici, e ad impiegare la dovuta diligenza nell'eliminare il rischio di impedimenti alla realizzazione dell'opera sì come progettata.

LODI ARBITRALI Roma - Lodo 28/07/2006 n. 58/2006
d.lgs 163/06 Articoli 130 - Codici 130.1
In caso di sospensione dei lavori, può escludersi la responsabilità della amministrazione solo nel caso in cui l'esigenza di approvare una perizia di variante non sia ricollegabile ad alcuna forma di negligenza ovvero imperizia nella predisposizione e nella verifica del progetto da parte della stazione appaltante, la quale è tenuta, prima dell'indizione della gara, a controllarne la validità in tutti i suoi aspetti tecnici e ad impiegare ogni cura volta ad eliminare il rischio di impedimenti alla realizzazione dell'opera come progettata.

LODI ARBITRALI Roma - Lodo 11/03/2010 n. 31/2010
d.lgs 163/06 Articoli 130 - Codici 130.1
Osserva, infatti, il Collegio che, …….. Ancora, la giurisprudenza è costante nell’affermare che l’Amministrazione deve esattamente adempiere alla c.d. obbligazione progettuale, che le impone di predisporre una progettazione completa e concretamente eseguibile (Cass., 28 marzo 1991, n. 3360; Corte dei Conti, Sez. contr., 21 novembre 1991), sicchè anche il fermo dei lavori nelle more dell’approvazione di una perizia di variante intesa a “porre, anche solo parzialmente, rimedio a negligenze o imperizie contenute nel progetto, ovvero che sia finalizzata al miglioramento dell’opera ed alla sua funzionalità o all’integrazione della stessa…impegna la responsabilità della Committente per i maggiori oneri e danni conseguenti (lodo 20 ottobre 2003, n. 116; lodo 10 luglio 2003, n. 76; lodo 13 maggio 1997, n. 47). Nello stesso senso si è pronunciata la stessa Suprema Corte. affermando che “nel caso che sopravvenga la necessità di approvare una perizia di variante, tale emergenza non deve essere ricollegabile ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e nella verifica del progetto da parte dell’ente appaltante il quale è tenuto, prima della indizione della gara, a controllarne la validità in tutti i suoi aspetti tecnici e ad impiegare la dovuta diligenza nell’eliminare il rischio di impedimenti alla realizzazione dell’opera sì come progettata” (Cass., 22 luglio 2004, n. 13643). Evidenzia, in conclusione, il Collegio che le circostanze che hanno determinato la sospensione dei lavori, lungi dal costituire condizioni legittimanti il fermo delle lavorazioni, debbano essere qualificate, al contrario, come fatti imputabili all’Ente Committente che, in conseguenza di ciò, è tenuto a sopportare le conseguenze patrimoniali pregiudizievoli per l’appaltatore relative al periodo di sospensione dei lavori, ed al maggior tempo necessario per consentire l’esecuzione dell’opera pubblica.

Deliberazione n. 21 del 11/03/2009 d.lgs 163/06 Articoli 112, 132 - Codici 112.1, 132.1
In sede di validazione del progetto esecutivo, ai sensi dell’art. 47 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, il Responsabile Unico del Procedimento ha l’obbligo di verificare, in contraddittorio con le parti, che il progetto esecutivo sia conforme alla normativa vigente e al documento preliminare della progettazione redatto ai sensi dell’art. 15, comma 4, del d.p.r. 554/1999 e, in caso di apposizione di riserve, è tenuto a valutare, in relazione alle effettive motivazioni delle stesse, l’eventuale sussistenza delle condizioni per l’apporto di varianti ai sensi dell’art. 132 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Sono considerati errori di progettazione tutte le ipotesi di inadeguata valutazione dello stato di fatto, la mancata o erronea identificazione della normativa tecnica vincolante la progettazione, il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta e la violazione delle norme di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali.

Deliberazione n. 282 del 27/07/2007 d.lgs 163/06 Articoli 132 - Codici 132.1
Non è riconducibile ad una variante consentita dalla vigente normativa la variazione apportata al progetto esecutivo derivante da circostanze ascrivibili alla mancata effettuazione, da parte della stazione appaltante, prima della consegna dei lavori, della verifica della disponibilità delle aree e del permanere delle ipotesi progettuali in relazione ad aspetti rilevanti del progetto stesso.

Deliberazione n. 106 del 13/12/2006 d.lgs 163/06 Articoli 132 - Codici 132.1
Qualora la necessità di ricorrere a varianti sia determinata dalla mancata osservanza delle prescrizioni assegnate alla progettazione e dall’insufficienza delle indagini preliminari, trattandosi di circostanze note o prevedibili, non appare legittimo l’inquadramento delle relative varianti nelle tipologie delle “cause impreviste e imprevedibili”, dell’“imprevisto geologico” e dell’“intervento migliorativo”, di cui, rispettivamente, all’art. 25, comma 1, lett. b), b.bis) e c), e comma 3 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.

Deliberazione n. 53 del 11/07/2006 d.lgs 163/06 Articoli 119, 132, 2 - Codici 119.1, 132.1, 2.1
L’attività tecnico-amministrativa della stazione appaltante, caratterizzata da inadempienze e inesattezze da parte del direttore dei lavori, con conseguenti carenze progettuali, e da inefficienze a carico del responsabile del procedimento, che hanno di fatto ostacolato la regolare e continua programmazione dei lavori ed alimentato un contenzioso, contrasta con i principi di cui all’art. 1, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., in quanto non ha garantito la qualità e non è stata uniformata ai criteri di efficienza secondo procedure improntate a trasparenza, tempestività e correttezza.

Deliberazione n. 249 del 17/09/2003
tenuto conto che tra le cause principali che generano l'instaurarsi di controversie tra le Stazioni Appaltanti e i soggetti esecutori dei lavori, vi sono gli errori progettuali, conseguenti all'inadeguata valutazione dello stato di fatto, si richiama l'importanza dell'attivita' del Responsabile del Procedimento che, in sede di validazione del progetto esecutivo (art. 47 del DPR 554/99), in contraddittorio con le parti, verifica la conformita' dello stesso alla normativa vigente e al documento preliminare della progettazione (redatto ai sensi dell'art. 15, comma 4 del DPR 554/99), accerta la completezza e l'esistenza di tutti gli elaborati (disegni, indagini, computi), nonche' l'acquisizione di tutte le approvazioni ed autorizzazioni necessarie a consentire l'immediato inizio dei lavori (art. 47, comma 2 del DPR 554/99);

Deliberazione n. 66 del 06/07/2011 - rif. Fascicolo 1005.10 d.lgs 163/06 Articoli 10, 97 - Codici 10.3, 97.1
Non è conforme alla disciplina di settore il comportamento della stazione appaltante che abbia indetto una gara, stipulato il relativo contratto d’appalto ed infine proceduto alla consegna dei lavori all’impresa aggiudicatrice, senza avere la disponibilità dell’area oggetto dell’intervento, il tutto in violazione dell’art. 47 del DPR 554/99 che prescrive che prima della approvazione del progetto, il Responsabile del procedimento procede in contraddittorio con i progettisti a verificare l’acquisizione di tutte le approvazioni ed autorizzazioni di legge, necessarie ad assicurare l’immediata cantierabilità del progetto. Pertanto, non è giustificabile da parte della SA l’indizione della gara dell’appalto senza poter consentire all’impresa l’inizio dei lavori, ma soprattutto senza aver avviato la relativa procedura di esproprio per pubblica utilità. L’art. 12, 1° comma t.u. sugli espropri (DPR 327/2001 e ss.mm.ii.) prevede che la dichiarazione di pubblica utilità si intende disposta quando l'autorità espropriante approva a tale fine il progetto definitivo dell'opera pubblica. Pertanto, la SA deve mettere in atto tutte le procedure e gli atti necessari per giungere all’occupazione dell’area oggetto dell’intervento, al fine di consentire all’impresa di realizzare l’opera.

Deliberazione n. 65 del 06/07/2011 - rif. Fasc. 968/2010 d.lgs 163/06 Articoli 10, 97 - Codici 10.3, 97.1
La consegna dei lavori all’impresa da parte della stazione appaltante in caso di indisponibilità dell’area interessata, non è conforme all’art. 71 del D.P.R. 554/1999 il quale prevede l’acquisizione, da parte del RUP, prima dello svolgimento della gara d’appalto, di un’attestazione del D.L. che certifichi la presenza di tutte le condizioni necessarie per l’immediata esecuzione dei lavori.

Fonte: Corte di Cassazione, sezione civile, Sezione Sezioni Unite - Sentenza 30/03/2008 n. 7446
d.lgs 163/06 Articoli 130 - Codici 130.1
Il direttore dei lavori per la realizzazione di un'opera pubblica, appaltata da un'amministrazione comunale, in considerazione dei compiti e delle funzioni che gli sono devoluti, che comportano l'esercizio di poteri autoritativi nei confronti dell'appaltatore e l'assunzione della veste di agente, deve ritenersi funzionalmente e temporaneamente inserito nell'apparato organizzativo della pubblica amministrazione che gli ha conferito l'incarico, quale organo tecnico e straordinario della stessa (Cass. S .U. 23.3.2004, n. 5781; Cass. N. 340 del 2003; Cass. S.U. 5 aprile 1993, n. 4060; Cass. 11 aprile 1994, n. 3358; Cass. 24 luglio 2000, n. 515, ex plurimis). Il discorso è identico per l'ingegnere capo, attesi i poteri autoritativi allo stesso facenti capo e l'imputabilità in via diretta ed immediata alla p. a. della sua attività con rilevanza esterna, ai sensi dell'art. 1 e segg. r.d. n. 350/1895 e succ. mod. Con riferimento alla responsabilità per danni cagionati nella esecuzione dell'incarico, i predetti soggetti sono, dunque, sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, ai sensi dell 'art. 52, primo comma, del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 (recante il t.u. delle leggi sull'ordinamento della Corte dei conti), che a tale giurisdizione sottopone i funzionari, impiegati ed agenti, civili e militari, quando essi cagionino danno allo Stato o ad altra Amministrazione, dalla quale dipendono. Questa norma, infatti, con l'entrata in vigore della legge 8 giugno 1990, n. 142, recante ordinamento sulle autonomie locali, è divenuta applicabile agli amministratori ed al personale degli enti locali, avendo l'art. 58 1. 142/90 esteso ad essi le disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato.
Fonte: CORTE DEI CONTI (Sez. Giur. Abruzzo) - 18 novembre 1999, n. 1119/99/EL (Pres. Minerva - rel. Pozzato - P.m. Di Stefano)
Giudizio di responsabilità - Danno erariale indiretto - Decorrenza della prescrizione dalla data di effettiva erogazione di somme di denaro da parte dell'Ente pubblico - Espropriazione per p.u. - Risarcimento del danno per intervenuta accessione invertita - Colpa grave del sindaco per omessa vigilanza e contestuale comportamento incurante dell'interesse pubblico - Addebito di una sola parte del danno erariale.

Se la p.a. ha consumato il potere per l’esercizio legittimo dell'azione autoritativa, si concreta la reviviscenza del diritto di proprietà dell’originario espropriando, e sorge a favore di questi il diritto al risarcimento del danno.
L'omessa vigilanza del corretto funzionamento degli uffici comunali costituisce comportamento illecito da parte del Sindaco.
Costituisce danno erariale la reintegrazione del patrimonio degli originari proprietari e il pagamento delle spese legali e di giustizia poste a carico della p.a.; danno che non si sarebbe prodotto se il procedimento espropriativo si fosse svolto e condotto secondo gli schemi e i termini prefissati dalla normativa.
Le gravi omissioni di vigilanza ascrivibili al Sindaco costituiscono grave e colpevole negligenza, concretantesi nella sprezzante trascuratezza dei propri doveri e noncuranza degli interessi pubblici amministrati.
Le concorrenti responsabilità del Segretario comunale, in seguito deceduto, non valgono a configurare la scusabilità del Sindaco, bensì a ridurre l’importo del danno a quest’ultimo addebitabile.

In conclusione, gli amministratori ci propinano l’ennesimo pacco, stillano piccole verità, omettono di dirci quali e quanti  danni siano stati già arrecati a questa comunità e quali ulteriori indennizzi saranno riconosciuti alle imprese esecutrici. Danno atto però, nella delibera, a giustificazione del  comportamento perseguito dall’A.C., del diritto soggettivo dei privati di contrastare tale azione “transattiva” che è ‘ufficialmente’ destinata a non compromettere i finanziamenti ma non si preoccupano affatto di illustrarci quello che sarebbe stato il risultato, certamente di gran lunga  più conveniente, se le modalità e i termini della procedura fossero stati rispettati sin dall’inizio e comunque prima dell’indizione della gara, senza magari gravare l’amministrazione di ulteriori danni quale, ad es., il danno scaturente alle imprese dal fermo cantiere e il danno economico derivante alla comunità dal ritardo dell’investimento.

Un disegno strategico, quindi, preordinato sin dall’inizio a risolversi con l’istituto della transazione, ossia con i soldi dei cittadini, magari con il fine di eleggere tale soluzione a regola ordinaria di amministrare.

Se i nostri amministratori avessero rispettato la legalità, la qualità uniformata ai criteri di efficienza secondo procedure improntate a trasparenza, tempestività e correttezza, avrebbero potuto cogliere  l’occasione per dimostrarci la loro buona fede e l’avvio verso un cambiamento non sbandierato solo per raccogliere voti.

Penso che in tutto ciò a pagare il conto salatissimo saremo noi cittadini policoresi, mentre gli edificatori di bruttezza e paura, feroci e ignoranti, distruttori del territorio e carnefici del POPOLO saranno i recettori insieme alle varie imprese esecutrice dei lavori che altro non aspettano che presentarci il loro conto.

Questa omertà impoverisce tutti.

C’è da chiedere a grande voce il ripristino della legalità e le attribuzioni delle responsabilità sin qui prodotte e sugli effetti che si produrranno per questo atto, anche in tema di danno erariale, nonché acquisire la documentazione e trasmetterla alle autorità competenti.

Un elettore di questa comunità.

Caro Ottavio, a te il compito di mettere assieme il tutto e di renderlo visibile. Grazie di cuore.