Bersani, Alfano e
Casini avvertono: «Cancellare
del tutto i finanziamenti pubblici, destinati ai partiti - già drasticamente
tagliati dalle manovre finanziarie del 2010-2011 - sarebbe un errore
drammatico, che punirebbe tutti allo stesso modo (compresi coloro che in questi
anni hanno rispettato scrupolosamente le regole) e metterebbe la politica
completamente nelle mani di lobbies, centri di potere e di interesse
particolare». Hanno ragione! Ma perché, allora, il loro appello
appare stonato anche a chi come noi ha questo giudizio? Perché il loro
sacrosanto allarme è considerato non ricevibile dalla stragrande maggioranza
dei cittadini? La ragione è semplice: arriva in ritardo. Fuori tempo massimo
(anche se continuiamo a sperare che non sia così). Questa è forse la più
plateale delle vicende che segnano la enorme distanza che c’è, oramai, tra chi
abita il palazzo e chi sta fuori. Con tutto lo schifo che sta emergendo circa
le modalità di elargizione del contributo dello Stato ai partiti (anche a
quelli che non ci sono più), sulla sovrabbondanza degli stessi (da cui la
necessità di investimenti in Tanzania, i lingotti, i gioielli, le lauree, e via
emergendo), sul palese imbroglio tra quello che è chiamato rimborso ma tale non
è, cos’altro ci si aspetta dal Paese che guarda attonito ed indignato? Ma fino
ad ora Bersani, Alfano e Casini dov’erano? In un’altra nazione? In un altro
parlamento? E mica può bastare (come fa Bersani) dire legittimamente che non
tutti utilizzano i fondi in tale disdicevole modo! Sarà pure vero ma non è
sufficiente a compensare lo stato di degrado in cui la situazione è precipitata
e a soddisfare la richiesta di misure semplici chiare e nette. Misure che si
pretende siano adeguate all’indignazione in atto e al momento di crisi e
sacrifici imposti al Paese proprio dal governo sostenuto dallo stesso
cosiddetto trio A-B-C! Che Bersani in primis (che è per altro il segretario
dell’unica organizzazione politica che ancora si fa testardamente e giustamente
chiamare partito) non lo afferri al volo è preoccupante! Ci vogliono sacrifici!Anche
da parte dei partiti! Non è giusto (perché sono veri i rischi denunciati di una
politica monopolizzata dai ricchi) ma è necessario. Perché si è giunti al punto
che occorre ripartire proprio dall’A-B-C della politica! Perche oggi, prima
dell’utilità dei finanziamenti, la vera domanda a cui cercare di far dare una
risposta positiva ai cittadini è: i partiti servono ancora? Se siamo a questo
punto di domanda si capisce quanta enorme sia la responsabilità di chi in
questi anni li abbia ridotti a scatole vuote, concentrando tutto il fare e
l’essere della politica sulle/nelle istituzioni e sugli eletti. Snaturando e
svilendo lo strumento partito a contenitore e logo di tanti comitati elettorali
impegnati solo a fare da collettori di voti in occasione di congressi e
elezioni. Chi ha guidato questi partiti a livello centrale e periferico in
questi ultimi due decenni ha l’enorme responsabilità di questo profondo
danneggiamento della democrazia. Non appaia enorme questa accusa se è vero come
è vero che: senza i partiti (veri) non c’è democrazia. Perché il partito è
l’unico strumento reale (oltre che costituzionale) per dare ai cittadini (anche
ai meno abbienti) una voce e una volontà collettiva, organizzata e consentirle
di poter contare ai massimi livelli della vita statale. Ma da quanto tempo non
è più così? Da quanto tempo i partiti hanno smesso da far partecipare
attivamente nelle proprie sedi i cittadini? Da quanto tempo, oramai, per un
operaio, un contadino, un giovane disoccupato è diventato praticamente impossibile
candidarsi ad una elezione dovendosi accollare in proprio il costoso onere di
una campagna elettorale in assenza di un partito organizzato che se ne faccia
carico? Torniamo quindi alla domanda: chi vive a Matera a Potenza o altrove e
non fa parte di ristretti “cerchi magici” in cui si è decisori e beneficiari,
quale argomento ha per misurare l’utilità dei partiti? Nessuno! Nessuna
attività politica costante, nessun coinvolgimento, salvo che non abbia
necessità di bussare per la risoluzione di qualche problema. Da tempo, oramai,
il ceto politico (gli eletti in pratica) si è collocato sempre più lontano dal
cittadino comune e i segretari di partito (a tutti i livelli) lì sullo sfondo
quali figure sbiadite, spesso anonime, immobili, non in grado di esercitare
il loro autonomo ruolo e funzione. Qualche vagito solo in caso di sgomitate tra
i propri sottogruppi negli ambiti istituzionali, per poi tornare nell’anonimato
assoluto a dormire sonni tranquilli. Questo è la brutta immagine che i partiti
danno da troppo tempo di se stessi! Un’immagine di inutilità!
Brano Tratto dal quotidiano di Vito Bubico 1° parte