Di Anna G. Rivelli
«Sono un intellettuale prestato alla politica». Queste - pronunciate diversi anni fa - sono le prime parole del Governatore lucano ad essere rimaste indelebili nella mente di molti; le ultime (ultime parole famose!), invece, sono quelle dell’intervista al Quotidiano del 31 gennaio scorso con cui l’ottimista De Filippo liquidava a suon di proclami le questioni più spinose della nostra regione. Oggi bisogna constatare che quello che, nel suo primo annuncio, era stato fatto apparire come un “prestito”, si è in realtà trasformato in un mutuo con interessi usurai, dal momento che il nostro “intellettuale prestato alla politica” non pare si sia mai fatto scrupolo di occupare, più che di governare, la nostra regione, mostrandosi spesso sordo e arroccato in uno strapotere che, evidentemente, ritiene non debba mai finire. Nell’intervista su menzionata, a proposito del petrolio, mentre assicurava “innanzitutto le più elevate garanzie su ambiente e salute”, il nostro Ottimista aggiungeva sprezzante «.anche se non posso negare che queste cassandre che ci vedono tutti morti e devastati in conseguenza di qualsiasi attività di tipo industriale un effetto emozionale pure lo hanno». Effetto emozionale. Si badi bene. Per effetto emozionale, dunque, sarebbe morto Giuseppe Lombardi, l’ignaro pastore di Corleto aduso a pascolare il suo gregge sui terreni avvelenati dai fanghi di perforazione; per effetto emozionale, quindi, potrebbero ammalarsi molte altre persone e, probabilmente, qualche reparto specializzato in effetti emozionali lo si potrebbe aprire nell’ospedale di Villa d’Agri, di fronte ad un paesaggio capace di mozzare il fiato (per l’idrogeno solforato, naturalmente) che di effetti emozionali ne creerà di certo molti altri. Primario, è ovvio, potrebbe essere di diritto il nostro Presidente che, benché non sia medico ( «a che gli serve la laurea?» direbbe Cetto Laqualunque) ha mostrato capacità taumaturgiche notevoli nella sua opera di comunicazione; l’ottimismo, d’altro canto, è il profumo della vita e si sa. Tutto ciò che sta venendo fuori oggi, d’altronde, era già materia delle profezie delle tante vilipese cassandre e le letterine piene di buoni propositi alla Tommasino Cupiello («Cara matre, mi voglio cambiare»!) sono forse anche un insulto alla dignità ed all’intelligenza di una popolazione davanti a cui si spalancano prospettive minacciose. Allora, Governatore, addio alle clientele? A quali? A quelle stesse che a lungo sono state negate? Dovremmo noi davvero credere che le clientele sono state scoperte anche da voi tutti, esercito d’occupazione, solo grazie alle intercettazioni telefoniche? E della Commissione speciale su Fenice cosa vogliamo dire? Che c’è un motivo anormale per cui non è approdata a nulla e che questo motivo è la congenita sordità di tutti e l’incapacità di comunicare persino con la LIS, perché l’unico linguaggio che le cassandre e la «stessa ristretta cerchia di persone» che osano protestare credono che voi tutti conosciate davvero è quello della comunicazione comodamente istituzionale e della solidarietà trasversale ad ogni costo, al di sopra e al di là della pelle della gente. Ci sono morti sospette in questa terra, leucemie fulminanti che si portano via anche bambini, aumento di malattie tumorali che è difficile da provare per chi vorrebbe difendersi, dal momento che un monitoraggio serio non c’è; ci sono, invece, dati che spariscono, documenti importanti che non risultano agli atti, risposte che non arrivano ed una commissione (supplementarmente retribuita?) che sostanzialmente è un paravento, perché o non è capace o non è in condizione di lavorare. Chieda scusa alla sua gente, Governatore. Ci chieda scusa. Chieda scusa a chi ancora difende la regione anche da lei e da quanti di voi sono così arroganti e saccenti da sentirsi forse immuni da tutto, dal giudizio dei cittadini, dal dolore della gente, dal dovere di dar risposta alle legittime richieste di chiarezza, dalla colpa di approssimazione o, peggio, di ignoranza. Qui, però, vivete anche voi che forse siete immuni da molto, non da tutto però.