LETTERA A BERLUSCONI
Signor Berlusconi,
siamo un gruppo di docenti della Scuola Primaria di un paesino dell’Appennino lucano. Avremmo dovuto rivolgerci a Lei chiamandoLa “Presidente”, però, come educatori, tra le tante cose che insegniamo ai nostri alunni, una è quella che il rispetto e la stima nella vita non si comprano, ma scaturiscono spontaneamente dalle qualità e dai comportamenti di chi ci sta di fronte.
Non siamo tutti docenti di sinistra; alcuni di noi l’hanno votata, ma, detto sinceramente, facciamo fatica a riconoscere in Lei il “nostro Presidente”.
Siamo tutti figli di gente umile (contadini, artigiani, commercianti,…), gente che ha lavorato sodo per farci studiare, gente che si è privata dell’essenziale per comprarci i libri, per pagare la retta del collegio, per pagare le tasse scolastiche di una scuola, per fortuna, pubblica. Se non avessimo avuto qualità e interesse per l’istruzione, non avremmo assecondato e coltivato questa “vocazione”. Da qualche tempo lei ci fa ritenere fortunati. Sì, proprio così: fortunati, perché il nostro stipendio (non diciamo misero, perché abbiamo imparato ad accontentarci, ad apprezzare e a godere delle cose che abbiamo) ci consente di essere liberi di pensare e di esprimere il nostro pensiero. Lei, con i suoi insulti, ci fa cosa gradita: ci stimola l’orgoglio e il senso di appartenenza, ci rende maggiormente consapevoli del nostro ruolo affascinante, creativo e responsabile. Pensiamo che Lei, birichino qual è, lo faccia apposta. Siamo convinti che la sua sia una strategia per stimolare in noi una reazione. Lei è un furbacchione! Vuole mettere alla prova la nostra pazienza. Lei è stanco di vedere una classe docente tutta concentrata sull’attività didattica. Lei è stufo di sentire ”Meno male che Silvio c’è”. Noi sappiamo che Lei ci tiene tanto alla scuola pubblica e vuole insegnanti vivi, partecipi, critici, liberi e capaci di contraddire anche il pensiero, le scelte e le affermazioni del Presidente del Consiglio.
Noi siamo quelli che hanno il compito di educare (non inculcare), far venir fuori le potenzialità, le attitudini, le peculiarità della persona. Noi siamo quelli che hanno il compito di istruire e contribuire a creare menti libere. Troppo riduttivo insegnare a leggere, scrivere, far di conto e acquisire conoscenze disciplinari. Noi formiamo il cittadino di domani, stimoliamo l’acquisizione delle regole del vivere civile: parlare a bassa voce, ascoltare, chiedere la parola, esprimere il proprio pensiero. Insieme alle famiglie, insegniamo: a stare a tavola, le regole del galateo e le buone maniere; educhiamo al risparmio, a non sprecare l’acqua, l’energia e il cibo; facciamo a scuola la raccolta differenziata e ricicliamo con fantasia e creatività; avviamo all’autovalutazione delle abilità e delle competenze; educhiamo alla sincerità, alla solidarietà e all’accoglienza; stimoliamo l’autostima e il rispetto per gli altri; trasmettiamo la passione e l’amore per il sapere e, sempre insieme alle famiglie, facciamo capire che la cultura è un valore, un investimento, e che per essere, domani, cittadini capaci, attivi, protagonisti, bisogna studiare, studiare, studiare, perché (detto con una frase di un padre analfabeta:”un ca nun sàp è cumma un ca nu vèr) “Uno che non sa è come uno che non vede”.
Sig. Berlusconi, se proprio questa Scuola non le piace, Lei, che tutto può, faccia qualcosa, si attivi per renderla migliore.
Ins. Grazia Guerrieri, con la condivisione dei colleghi docenti della Scuola Primaria di Calvello (Potenza
BRAVA...Condivido tutto...peccato per la qualità tecnica del documento scritto...punteggiatura penosa...speriamo che i ragazzini sia ancora recuperabili...
RispondiEliminaScommetto che sei sempre la stessa persona che fa commenti sul modo di scrivere, ma non ti vergogni?
RispondiEliminaNon è la forma o la punteggiatura che fa la notizia, ma quello che c'è dentro...
RispondiEliminaImbecille...