Nei prossimi giorni si capirà meglio quanto di vero c’è nei racconti dell’ultima arrivata nel cerchio magico del potere berlusconiano. Ma intanto già sappiamo che il Cavaliere si è attivato per aiutarla, perché lui “è un uomo di buon cuore”.
E allora, al di là di ogni rilevanza penale o etica di quanto accade dalle parti del premier, c’è da chiedersi cosa è successo in Italia al concetto di “buon cuore”.
Almeno io devo essere rimasto indietro.
Pensavo che nel caso di specie essere di “buon cuore” significasse per prima cosa chiamare Lele Mora e dirgli di stare lontano da quella ragazzina, che a diciassette anni scappare di casa e fare la cubista non è esattamente il massimo. Poi, continuando ad essere di “buon cuore”, si poteva combinarle un incontro con i genitori, provando a rimetterli in qualche modo d’accordo. Magari, se proprio col “buon cuore” si voleva esagerare, le si poteva mettere in mano una borsa di studio e darle in usufrutto un monolocale a Milano2 con la minaccia di toglierglielo se i voti non fossero stati almeno sufficienti.
Ma io, ripeto, devo essermi perso qualcosa.
Per questo mi ostino a pensare che il “buon cuore” di Silvio Berlusconi è una specialità di bontà che nessun padre di famiglia decente (o nonno, nel caso del capo del governo), vorrebbe per sua figlia e sua nipote.
Massimo Branconi
Nessun commento:
Posta un commento