È nei calanchi il deposito unico di scorie radioattive o è già all’Itrec di Rotondella, in quel megacapannone D3 in via di realizzazione con più di 20 mila metri cubi di capienza complessiva? 6 mila 500 dei quali saranno adibiti al processo di cementazione con linea Icfp del “prodotto finito” (è l’area di lavoro per la messa in sicurezza della soluzione di uranio torio derivata dal riprocessamento di 20 delle 84 barre di Elk River, rifiuti radioattivi di III categoria, i più pericolosi, il vero motivo di contestazione alla presenza dell’Itrec nel territorio lucano), mentre i restanti 14 mila saranno il vero deposito di stoccaggio del “prodotto finito”.
Al Tavolo della trasparenza di ottobre, si è discusso appunto della messa in sicurezza dei rifiuti contenuti all’Itrec, una questione che tocca i nervi scoperti della memoria collettiva lucana, tornata di attualità perché di recente la Sogin, la società di gestione dell’itrec e del nucleare in Italia, ha affermato di aver localizzato una cinquantina di siti possibili, due dei quali, secondo alcune fonti, potrebbero essere appunto in provincia di Matera, ad Irsina e tra i calanchi di Montalbano. Riunione tecnica con le associazioni dei cittadini presenti e dove la Sogin è stata sollecitata “a dare precise risposte in merito alle osservazioni fatte sulla procedura di Via, Valutazione di impatto aziendale, per la realizzazione del capannone D3 in Trisaia”. Domande non chiarite secondo l’associazione antinucleare No Scorie Trisaia, per la quale, pur accettando per buoni i fattori di conversione dichiarati dalla Sogin stessa (un rapporto di 1 a 10, cioè 1 mc. di rifiuto in 10 mc. di spazio), non si riescono a giustificare i 14 mila metri cubi complessivi del deposito in via di realizzazione. Il timore è che il capannone D3 sia già predisposto per accogliere altri rifiuti radioattivi, magari quelli riprocessati in Francia, che devono rientrare in Italia per il 2017. Preoccupazione smentita più volte dalla Sogin sia a mezzo stampa che ai vari tavoli della trasparenza, ma alimentata, secondo No Scorie, dal fatto che la linea di solidificazione dei liquidi ad alta attività del capannone da 6 mila e 500 mc. non sarà smantellata dopo aver funzionato per i 60 giorni necessari al processo di cementificazione dell’uranio-torio già presente in Trisaia. Il sospetto che il deposito in via di realizzazione sia eccessivo rispetto alla quantità dei rifiuti radioattivi “lucani”, per la verità, è alimentato non solo dalla deduzione di No Scorie, ma dallo stesso Decreto legislativo n° 31 del 15 febbraio 2010, quello che regola anche i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi del futuro deposito unico nazionale. In questo decreto balza subito agli occhi l’analogia con quanto è in fase di realizzazione all’Itrec di Rotondella, vista l’ipotesi contenuta nel Decreto legge 31 sulla realizzazione del deposito nazionale all’interno di un più ampio parco tecnologico che conterrà anche un centro di ricerca sul trattamento delle scorie nucleari. In pratica, la fotocopia della descrizione del centro Itrec di Rotondella.
Enzo Palazzo
Ci risiamo, nuove nomine, vecchio andazzo.. Mentre Rotondella muore e i disoccupati aumentano, si continuano ad offrire opportunità di lavoro alla solita, nota, "signora" venuta da lontano..
RispondiEliminachissà come mai? Anzi, come mai si sa, ma è tristissimo..