giovedì 15 gennaio 2009

Vento forte anche a Potenza e a Matera

Il 22 novembre 2008, a Matera, si è tenuta una riunione sediziosa, che i partecipanti hanno chiamato “Assemblea popolare per la giustizia in Basilicata”. Cinquecento persone – avvocati, docenti universitari, cittadini – e una decina di associazioni hanno firmato un documento che è una radiografia impressionante dello stato dell’amministrazione della giustizia in quella regione. Dove, com’è noto, i vertici della magistratura sono in grave crisi di credibilità da tempo. E dove, tuttavia, il procuratore di Matera, Giuseppe Chieco, e il procuratore generale di Potenza, Vincenzo Tufano, ancora adesso esercitano le loro funzioni, come se nulla fosse accaduto, e come se la cosa non li riguardasse direttamente.

I due sono indagati dalla procura di Salerno (che ha ereditato dall’ex pm Luigi de Magistris l’inchiesta Toghe Lucane) per reati gravissimi, tra i quali l’associazione a delinquere, la corruzione e la corruzione in atti giudiziari. Non solo. Chieco e Tufano, secondo l’accusa, avrebbero commesso i reati per i quali sono indagati non ognuno per conto suo, ma come complici. Una circostanza ancora più inquietante, visto che l’uno (Tufano) in virtù delle sue funzioni dovrebbe “vigilare” sull’altro (Chieco).
Il documento, che per comodità chiameremo la “Mozione di Matera” è stato inviato al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al procuratore generale della Corte di Cassazione, Vitaliano Esposito, e ai presidenti della prima e della quarta commissione del Consiglio superiore della magistratura.
Cosa chiedono, in sostanza, i firmatari della Mozione di Matera? Chiedono che Tufano e Chieco vengano trasferiti ad altra sede (com’è avvenuto per l’ex presidente del tribunale di Matera, Iside Granese, e per l’ex pm di Potenza, Licia Genovese, anche loro indagate in Toghe Lucane), in quanto non sussistono più le condizioni di serenità, credibilità e terzietà dei magistrati che consentano un’amministrazione della giustizia appena appena credibile. Chiedono anche (al ministro e al pg della Cassazione) di valutare se per i due magistrati lucani non ci siano i presupposti per un’azione disciplinare e per un’ispezione.
Il ministro Alfano - che per comodità d’ora in avanti chiameremo Bugs Bunny per la sua somiglianza al simpatico coniglio dei cartoon - e il pg Esposito non hanno finora risposto. Evidentemente erano troppo impegnati a “sistemare” i magistrati salernitani che hanno osato indagare sui magistrati calabresi (cfr. la richiesta di azione disciplinare del ministro). Magistrati salernitani per i quali, nella sua richiesta di azione disciplinare dell’8 gennaio 2009, Bugs Bunny è diventato cattivissimo, più cattivo del Coniglio mannaro.
Eppure, quel decreto di perquisizione e di sequestro dei pm di Salerno che Bugs Bunny Mannaro ha definito: “di inusitata lunghezza”, “abnorme” e “altamente invasivo”, contenente “motivazioni non pertinenti”, inficiato da “assoluta carenza di equilibrio” e da “acritica difesa del dottor de Magistris”, ecco, proprio quel provvedimento è stato confermato dai giudici del Riesame.
Ma di questo fatto nessun giornale, giornale radio, o tv pubblica o privata ha dato notizia.
Il presidente Napolitano, invece, non ha ignorato la Mozione di Matera. Il 5 gennaio 2009, a firma di Enrico Gallucci, segretario dell’Ufficio affari dell’amministrazione della giustizia, Napolitano ha fatto sapere di avere inviato la Mozione di Matera al Csm per le valutazioni del caso.
Certo, non sfugge a nessuno la singolarità di un presidente che trasmette un documento all’organismo che egli stesso presiede. Napolitano che invia a se stesso la Mozione di Matera, per giunta senza fissare un ordine del giorno o aggiungere nemmeno mezza parola sull’argomento, ci lascia tutti un po’ così.
Ma non bisogna pretendere tutto e subito. La risposta del presidente c’è stata, e questo è un fatto. E il Csm, di lino o di lana, non potrà ignorare il contenuto della Mozione di Matera. Come non potranno ignorarlo Bugs Bunny e mister Esposito Vitaliano, procuratore generale della Corte di Cassazione. Anche perché non succede tutti i giorni che una “Assemblea popolare per la giustizia” rischi di passare per una adunata sediziosa.
(Carlo Vulpio)

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