domenica 15 giugno 2008

L’inciucio intercettazioni


Di Maurizio Bolognetti.
Bontà sua, il Governo ha licenziato il disegno di legge anti intercettazioni, riducendo gli anni di carcere per i giornalisti che dovessero pubblicare le conversazioni dei vari Fazio, D’Alema, Berlusconi, Ricucci, Moggi e compagnia cantando, da cinque a tre anni.Bene hanno fatto gli animatori del Blog “Uguale per Tutti” a sottolineare, nel post “
l’inciucio intercettazioni”, le vere ragioni che sono alla base del provvedimento governativo. Sembra proprio che il principale problema di questo disgraziato Paese, divorato da cosche e caste, sia quello di impedire la divulgazione di conversazioni compromettenti. A contrastare l’offensiva sul tema intercettazioni, scatenata dal “ministero della verità” berlusconiano, un’interessantissima intervista di Peter Gomez al magistrato torinese Bruno Tinti, nella quale si fa giustizia dei troppi luoghi comuni diffusi ad arte in questi giorni dal Cavaliere e dai suoi sodali, non a caso sostenuti da un coro bipartisan. Il titolo che precede la chiacchierata tra Gomez e Tinti è fin troppo eloquente: “Argomenti pretestuosi. Dati falsi o infondati. Così la politica da l’assalto alle intercettazioni. Per imbavagliare le indagini. Sottrarsi ai controlli. E coprire i comportamenti illegali. Parola di PM.” Penso alla proposta di affidare l’autorizzazione ad intercettare ad un organo collegiale, e provo ad immaginare cosa sarebbe successo in una Procura della Repubblica come quella di Catanzaro se il Pm Luigi De Magistris avesse dovuto affidare le sue richieste ad un pool di magistrati. Ha proprio ragione il Ministro Alfano: il sistema è degenerato, e la fretta con cui il Governo ha inteso mettere mano alla questione intercettazioni ne è una prova lampante. Quale privacy vogliono tutelare questi signori? Quella del signor governatore Fazio, che discute al telefono di scalate bancarie?
Sì, il sistema è degenerato, e le cosche partitocratiche sembrano aver perso ogni freno inibitore, pronte ancora una volta a stabilire per gli appartenenti alla casta franchigie e inaccettabili privilegi. Quale sarà il prossimo passo oltre alla riproposizione del “Lodo Schifani”?
Rispondendo ad una delle domande postegli da Peter Gomez sulla questione della privacy, Bruno Tinti afferma: “Se fanno capo a un uomo pubblico interessano l’opinione pubblica. Quel deputato che andava a prostitute e tirava cocaina, probabilmente non ha commesso reati. Ma visto che era un sostenitore della famiglia e un proibizionista, credo che i suoi comportamenti possano essere legittimamente conosciuti da noi cittadini.” Credo proprio che questo disegno di legge dovrebbe intitolarsi “I panni sporchi si lavano in famiglia”. Intanto, torniamo a segnalare che su
www.somaliagate.ilcannocchiale.it abbiamo pubblicato integralmente le conversazioni telefoniche di alcuni appartenenti a quella casta giudiziaria non meno pericolosa per i destini di questo Paese della casta partitocratica. Per onestà intellettuale occorre anche sottolineare che sono troppi i giornalisti che non hanno certo bisogno della legge bavaglio immaginata dal Governo, in quanto abituati da sempre ad autocensurarsi e a compiacere il potere. Del resto, come affermava Indro Montanelli: “La servitù in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi”. Noi sottoscriviamo l’appello indirizzato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano da Oreste Flamminii Minuto, appello pubblicato dall’Unità e presente sul Blog Uguale per Tutti.