mercoledì 30 settembre 2009

Caso Letta: a Policoro un affare di un Milione di Euro

F.Amendolara
Ma non è che poi stanno uno sopra all’altro?». La funzionaria del ministero dell’Interno è a telefono con Pietro Chiorazzo da Senise, un quarantenne single che viaggia in suv e ha amici nel centrosinistra lucano. Pietro Chiorazzo in quel momento è il presidente di Auxilium, una società che ha fiutato un affare da un milione di euro. Ci sono 200 esuli eritrei che il ministero non sa dove mettere. E lui, secondo il pm Henry John Woodcock, il magistrato che prima di lasciare la procura di Potenza coordinava le indagini (ora è competente la procura di Lagonegro), ha le conoscenze giuste per aggiudicarsi l’appalto. O meglio: per ottenere l’incarico con il sistema della «trattativa privata». Le condizioni economiche dell’affare, sostengono gli investigatori, «sono risultate essere tra le più onerose registrate». Il pm ha appena scoperto che Pietro Chiorazzo ha un fratello, Angelo. Ha 35 anni e, come imprenditore, ha fatto più fortuna. E’ il vicepresidente della cooperativa “La Cascina”. A Senise ricordano «che qualche anno fa organizzò un grande convegno con Andreotti». E si vocifera che il divo Giulio sia proprio il suo testimone di nozze. Da sempre sulle posizioni di Comunione e liberazione, è da poco transitato nel Pdl. «Da quando ha lasciato Clemente Mastella», dicono. «Di Clemente era così intimo da aver organizzato più di un incontro con il cardinale Tarcisio Bertone». Un’attività che nel vecchio Udeur gli era costata il soprannome di «vaticanista». Ma è anche uno che dà del tu a Gianni Letta, come dimostrato dalla telefonata intercettata dagli investigatori e pubblicata dal Quotidiano la scorsa settimana. Sarebbero state relazioni come quella con Letta, secondo gli investigatori, a spianare la strada ad Auxilium. Al ministero sembrano tutti disponibili. C’è solo una funzionaria che appare preoccupata. Si chiama Isabella Alberti e lavora nella direzione centrale degli Interni. Il suo capo ufficio è il prefetto Giuseppe Forlani. Dice a Pietro Chiorazzo: «C’è tutto per un’accoglienza dignitosa? Non è che stanno uno sull’altro?». Chiorazzo risponde: «No, no, no. Lì è un albergo quindi... anzi... molto dignitosamente...». La funzionaria è curiosa: «Senta, mi può spiegare una cosa? Ma la proprietà è della curia?». Chiorazzo: «Sì, sì, sì». E lei continua: «Della curia di dove? Di Matera o di Policoro?». Chiorazzo precisa: «No, diocesi di Tursi-Lagonegro». Scrivono gli investigatori: «Dal tenore delle informazioni sembrerebbe che l’elemento qualificante di Auxilium e titolo preferenziale della sua scelta quale gestore sia da attribuire alla asserita disponibilità della struttura di Policoro, dichiarata da Auxilium idonea all’accoglimento di immigrati richiedenti asilo. Nonostante l’importanza assegnata alla circostanza nessuna tempestiva verifica preventiva è stata eseguita o disposta dal ministero per accertare che effettivamente la struttura fosse nella disponibilità di Auxilium e destinabile all’uso dichiarato, nonché per accertare il possesso di tutti i requisiti necessari per garantire la sicurezza e la salubrità dei luoghi e per soddisfare le altre esigenze, testualmente previste dalla normativa di riferimento: indagini effettuate poi dalla locale prefettura solo il giorno precedente alla stipulazione della convenzione».

lunedì 28 settembre 2009

Policoro: Assessorato alla istruzione o alla distruzione? anche la Gelmini li prenderebbe a calci


Il comunicato della delibera approvata all'unanimità dalla giunta pochi giorni fa per istituire un istituto nautico , scuola superiore di secondo grado, era di quelli dei grandi eventi. Non solo le motivazioni sembravano convincenti , certo con orgomentazioni retoriche e ripetitive, cui ormai ci ha abituati questa giunta , ma chi potrebbe opporsi a parole come sviluppo del turismo ,vocazione marittima del territorio ecc... anche se poi si organizzano le sagre del porcino e delle castagne. Ci spiegavano i nostri sapientoni che si sarebbero battuti affinché Policoro avesse tra le sue scuole pubbliche anche un istituto nautico, in quanto il turismo è uno dei settori sui quali loro puntano per creare quel famoso sviluppo autopropulsivo di cui tanto si parla ma mai attuato nei fatti. La nostra regione dicevano "è conosciuta per le sue risorse ambientali, turistiche, storiche e di clima mite tutto l’anno, oltre che per le risorse intrinseche del sottosuolo che tutti conosciamo come il petrolio e l’acqua. Per questo motivo – prosegue la nota del comune, - dato anche il notevole incremento che Policoro ha avuto negli anni proprio sul fronte turistico sono maturi i tempi per l’istituzione di una scuola nautica che possa dare ai tanti giovani del posto un’occasione di lavoro in loco senza dover scegliere altre strade. Non solo l'amministrazione ci assicurava l'accoglimento della proposta da parte dell'amministrazione Provinciale nel dimensionamento Scolastico ,visti gli ottimi rapporti tra l'ente comunale e il presidente Stella. A noi a questo punto non restava che rimanere allibiti e battere le mani per tanta saggezza e capacità di questa amministrazione che sapeva guardare al futuro e dare una prospettiva ai tanti giovani in cerca di Lavoro. Potevamo dormire sonni tranquilli pensando a un futuro garantito per i nostri figli tra l'istituto Nautico e Marinagri , due realtà che avrebbero dato non solo splendore a questa nostra amata città ma anche pane e lavoro. Già immaginavamo in questi sogni che all'entrata dell'istituto nautico vi fosse la statua di un Leone con sopra il nostro Mandrake.
Ma il risveglio è stato brusco , come tutte la fanfanerie che ormai ci ha abituato questa amministrazione anche questa è un colossale bluff , un'altro effetto annuncio con molto fumo e niente di concreto, con l'aggravante che ormai è evidente l' approssimazione e leggerezza con cui questa amministrazione affronta i problemi.
Bastava leggersi il Decreto della loro amata Gelmini, per capire che nella riforma scolastica per l'istruzione tecnica e professionale prevista per l'anno scolastico 2010-2011 non contempla tra gli indirizzi quello nautico La riforma prevede che i nuovi istituti tecnici si divideranno in 2 settori: economico e tecnologico
Nel settore economico sono stati inseriti 2 indirizzi: amministrativo, finanza e marketing; turismo. Nel settore tecnologico sono stati definiti 9 indirizzi: meccanica, meccatronica ed energia; trasporti e logistica; elettronica ed elettrotecnica; informatica e telecomunicazioni; grafica e comunicazione; chimica, materiali e biotecnologie; sistema moda; agraria e agroindustria; costruzioni, ambiente e territorio , quindi niente nautico , noi siamo sicuri che la severa ministra li prenderebbe a calci....

p.s. il loro slogan ISTRUITI E' MEGLIO vale soprattutto per loro , prima di deliberare e dire castronerie umilmente li invitiamo a studiare le leggi. Amministrare è una cosa seria , questi fanno solo propaganda.

Congresso PD: N. Montesano e Labriola battono la mozione Franceschini sostenuta da Chiurazzi-Di Sanza


La Bersani- Speranza prevale sulla mozione Franceschini Restaino

Ieri a Padre Minozzi si è svolto il congresso del PD di Policoro , congresso che è cominciato senza sapere quale sarebbe stato il vincitore , Il che dice che questo partito almeno non ha, tra tanti difetti, quello di avere un padrone.
Un congresso dal percorso forse complicato, ma aperto e trasparente che obbliga a parlare al Paese e non solo agli iscritti. Infatti questi sì, sceglieranno le mozione e i delegati alla Convenzione Nazionale, ma poi, dopo il Congresso, la scelta del Segretario e dell’Assemblea Nazionale sarà aperte anche agli elettori con le 'primarie'.Questo forse e l'aspetto più debole, per troppa democrazia si può anche morire , visto che alle primarie potranno votare tutti , quindi ipoteticamente qualche notabile di destra che oraganizzasse le sue truppe ne potrebbe condizionare il risultato finale
Un congresso qui a Policoro che ha parlato poco della sua città , ma secondo noi potrebbe essere utile e a questa città se soprattutto dopo, saranno capaci di avere un metodo che gli consenta al loro interno sapersi ascoltare, riconoscere in un interesse comune . Saper riconoscere un comune interesse significa che anche la ‘famosa’ risposta della ‘troppo famosa’ Debora, sulla scelta "per simpatia" avrebbe più senso se intesa non come ‘simpatia’ superficiale, che dura il tempo di una bevuta, ma nel senso etimologico, di com-partecipazione alle stesse passioni, agli stessi desideri di uno stesso orizzonte che siano capaci di vedere un comune futuro , altrimenti non se ne trarrà nulla di buono.
Il risultato ci da una lettura tutta da decifrare , la vittoria del gruppo N. Montesano Labriola che sostenevano Bersani- Speranza con 318 su i 272 raccolti dal gruppo Chiurazzi - Di Sanza (Franceschini) , non solo smentiscono le previsioni del Notista Lutrelli , ma ridisegnano i rapporti di forza all'interno del partito democratico.Certo vedere soccombere in uno dei suoi feudi la superstar Chiurazzi non è cosa da tutti i giorni. Ma questa sconfitta non è storia di oggi , basti pensare che il segretario chiuraziano doc , ormai espressione della minoranza non è riuscito in questi anni a fare una iniziativa politica degna di questo nome , se il PD policorese è incapace di essere l’opposizione di questa maggioranza lo si deve anche a lui che svolge il ruolo del notabile più che l’espressione di un partito capace di fare opposizione e rilanciare una prospettiva di governo per questa città.
Ma non era Dimissionario?

FERMIAMO LE TRIVELLAZIONI NEL METAPONTINO


BLOCCO DI TUTTE LE AUTORIZZAZIONI
RISARCIMENTI DANNI PER I POZZI ESISTENTI
GAS GRATIS A FAMIGLIE , ENTI ,IMPRESE CONTROLLI AMBIENTALI E LIMITI ALLE EMISSIONI DEGLI INQUINANTI
SUBITO

A Policoro e nel Metapontino si estrae gas da circa un ventennio senza che il Comune e i suoi abitanti ne traggano benefici; anzi ne subiscono l’inquinamento dell’aria, delle falde idriche e in futuro potrebbero verificarsi nelle vicinanze dei pozzi pericolosi fenomeni di subsidenza. La subsidenza provoca un abbassamento del suolo (pericolosi vicino a case,centri urbani,fiumi e in riva al mare), con possibili smottamenti, frane e alluvioni. A Policoro non esiste nemmeno una centralina fissa dell’aria che controlli lo smog delle automobili e nè dati consultabili dai cittadini sull’inquinamento petrolifero (ad es. il pericoloso idrogeno solforato). La produzione media annua di gas della concessione “Policoro” (4 pozzi di gas attivi), secondo i dati unmig, si aggira in media dai 8.990.265 mc ai 13.000.000 mc l’anno.
Con l’equivalente di circa 1/3 di tutto il gas che sarà estratto in base alla concessione “Policoro”, si può erogare gas gratis a 4000 famiglie (almeno 1000 mc/cad) . In poche parole, applicando un reale federalismo delle risorse a Policoro, l'energia sarebbe gratis. Invece, esauriti i giacimenti di gas e petrolio, ci ritroveremo, se non si attueranno interventi di difesa dell'ambiente e del territorio, un deserto senza agricoltura e turismo. Ad economie locali distrutte, non riusciremo più ad autosostenerci con l’ottica del federalismo imposto dal governo, secondo la quale le tasse le devono pagare i cittadini, mentre il gas è delle compagnie petrolifere (questo è contro l’interesse dei cittadini e solo utile alle lobbies del petrolio e ai loro affari).Chiediamo immediatamente alle istituzioni di bloccare le estrazioni (in pieno ferragosto la Regione ne ha autorizzata una in via Marconi a Policoro) e risarcire i danni finora provocati dai pozzi attivi e da quelli esauriti. Chiediamo una legge che limiti le emissioni degli inquinanti e una rete di monitoraggio ambientale con costi a carico dei petrolieri.

NOSCORIE TRISAIA ------LA GRANDE LUCANIA

sabato 26 settembre 2009

Nelle mani della ‘ndrangheta e di faccendieri senza scrupoli lo smaltimento di rifiuti radioattivi


da www. italy.indimedia.org - Dieci avvisi di garanzia fanno riemergere dalle profondità degli abissi uno dei tanti misteri italiani: l’ipotesi di un patto scellerato tra ‘Ndrangheta, servizi segreti italiani e stranieri, massoneria e politica nazionale e internazionale
finalizzato al traffico di rifiuti nocivi e di armi avvenuto tra gli anni Ottanta e Novanta.
I destinatari del provvedimento sono due soggetti considerati esponenti della ‘Ndrangheta: Giuseppe Arcadi e Bruno Musitano e otto dirigenti del centro Enea di Rotondella, Basilicata: Giuseppe Orsenigo, Raffaele Simonetta, Bruno dello Vicario, Giuseppe Lapolla, Giuseppe Spagna, Giuseppe Lippolis e Tommaso Candelieri.
A notificare l’iscrizione nel registro degli indagati il pm della DDA di Potenza Francesco Basentini che ha ereditato l’inchiesta dal procuratore Giuseppe Galante, da qualche mese destituito a causa del suo coinvolgimento nell’ormai nota operazione “Toghe Lucane”, e dalla sua sostituta Felicia Genovese trasferita per la stessa ragione.
I capi di imputazione sono molteplici e vanno dalla produzione clandestina di plutonio (necessario per la produzione della bomba atomica) al traffico di sostanze radioattive in genere e di armi, alla violazione dei regolamenti relativi alla custodia di materiali e scorie radioattive.
L’indagine ha origini lontane. Era stata avviata dall’allora procuratore di Matera Nicola Maria Pace, oggi procuratore a Trieste, ed era stata portata alla ribalta da un articolo dell’Espresso nel 2005. Il settimanale aveva pubblicato in esclusiva il memoriale che un pentito, Francesco Fonti, aveva inviato nel giugno dello stesso anno alla Direzione Nazionale Antimafia. Il contenuto è a dir poco inquietante. Delinea scenari da film d’azione ed è incredibilmente preciso e dettagliato. Forse troppo. Sulla credibilità di Fonti sono stati infatti avanzati molti dubbi. Prima di tutto perché non sono state riscontrate le sue dichiarazioni e poi per la sua carcerazione con Guido Garelli, coinvolto in reati dello stesso tipo, la cui cella era di fronte alla propria. Prima di allora infatti il collaboratore non aveva mai accennato ad un suo ruolo così diretto nel velenoso business dei rifiuti tossici, si era limitato a fornire elementi investigativi anche importanti ai magistrati della Dda calabrese impegnata sul fronte del contrasto ai clan della ‘Ndrangheta.
Oggi, raggiunto dal giornalista Riccardo Bocca che curò il servizio due anni fa, Fonti spiega perché non sono state trovate le prove del suo dire.
“Ho depistato. Ho portato la pm e i suoi collaboratori nei posti sbagliati”.
Il pentito si sarebbe sentito preso in giro poiché il pm Genovese gli avrebbe ventilato l’ipotesi di poterlo inserire nel programma di protezione dopo che lo avevano scarcerato a causa di una grave malattia. Poi però non se ne fece niente.
“Sono stato esposto a un pericolo incredibile. Allora ho dato un chiaro segnale: se non mi avessero rispettato, non avrei più detto una parola”.
In verità, lo sollecita Bocca, vi è stato un altro sopralluogo vicino al torrente Vella in Basilicata ma anche in questo non è stato rinvenuto nulla.
“La verità è un’altra - ha replicato Fonti.- Non si sono voluti trovare, quei fusti. A ciò che mi risulta ufficialmente, la Genovese ha interrotto le ricerche in attesa di avere i permessi per gli scavi dei proprietari delle terre.” Un’accusa che il pentito rincara con allusioni alla recente vicenda giudiziaria che ha coinvolto il magistrato.
Ancora ombre dunque, ma anche qualche luce.
Sentito dalla Commissione Bicamerale per il ciclo di rifiuti, il procuratore Pace ha spiegato di essere rimasto estremamente colpito da quanto contenuto nel memoriale di Fonti poiché “riproduce e si sovrappone, con una precisione addirittura impressionante agli esiti delle indagini che ho condotto proprio come procuratore a Matera, partendo dalla vicenda della Trisaia di Rotondella e proseguendo con la tematica dello smaltimento in mare di rifiuti radioattivi su cui investigai in collegamento con la Procura di Reggio Calabria”.
Un passo alla volta, ricominciamo da capo.
Il memoriale
Nel 1982 Giuseppe Nirta era il potentissimo capo della cosca di San Luca. Rispettato e temuto era praticamente inarrivabile grazie ai suoi contatti romani con i servizi segreti, la massoneria e la politica. Tuttavia Fonti aveva una corsia preferenziale poiché imparentato con il boss tramite la madre. Ed è proprio grazie a questa vicinanza che il picciotto, allora solo uno “sgarro” della famiglia di San Luca, apprende che il business dei rifiuti avrebbe portato nelle casse dell’organizzazione quantità ingenti di denaro. E racconta: “Nirta mi spiegò che gli era stato proposto di stoccare bidoni di rifiuti tossici e occultarli in zone della Calabria da individuare. L’ipotesi ventilata a Roma era quella di sotterrarli in alcuni punti dell’Aspromonte e nelle fosse naturali marine che c’erano davanti alle coste ioniche della Calabria. Nirta però mi disse che non voleva prendersi da solo questa responsabilità e avrebbe quindi convocato i principali capi della ‘ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria per decidere cosa fare. Mi informò anche che sia la camorra napoletana che la mafia siciliana erano già state interpellate sullo smaltimento dei rifiuti e che avevano dato il loro benestare”.
Seguirono quindi una serie di incontri tra i capi delle famiglie riunite per l’occasione nel tradizionale Santuario di Polsi al termine delle quali si decise di procedere con l’affare, ma ogni famiglia per sé e di cercare siti fuori dalla Calabria, soprattutto dall’Aspromonte, terra amata dai boss e luogo perfetto per i sequestri. Alla fine la scelta ricadde, per quanto riguarda l’Italia, sulla Basilicata, “terra di nessuno dal punto di vista della malavita”, per l’estero invece ci si rivolse alla mafia turca per avere qualche indicazione. Nirta incaricò il Fonti di occuparsi dell’aspetto organizzativo per conto della famiglia di San Luca.
“Per questo venni inviato a Roma da Sebastiano Romeo il quale, nei mesi precedenti, era succeduto a Nirta come capo della famiglia di San Luca. Voleva che incontrassi l’avvocato Giorgio De Stefano, cugino del boss Paolo De Stefano della famiglia reggina e uomo con potenti agganci politici. Romeo mi disse che dovevo farmi indicare da lui in quali nazioni estere ci fossero entrature per smaltire i rifiuti tossici e radioattivi. De Stefano mi disse che il posto ideale era la Somalia, precisando che per questo sarebbe stato utile prendere contatti con i vertici del Partito socialista”.
Quando riferì a Sebastiano le informazioni raccolte questi diede lo stabene, ma raccomandò di procedere con cautela. Infatti il primo “incarico” in questo settore non arrivò prima dell’ottobre del 1986 quando Domenico Musitano, capo dell’omonima famiglia di Platì, non lo contattò per comunicargli che: “c’erano da far sparire 600 bidoni contenenti rifiuti tossici e radioattivi”, e gli chiese se lui e la sua famiglia potessero interessarsi per le varie fasi di trasporto e collocazione. “Prima di tutto gli domandai quanto ci avremmo guadagnato e chi gli aveva prospettato questo lavoro. Mi spiegò che era stato avvicinato da uno dei dirigenti dell’Enea di Rotondella il quale stoccava in quel periodo rifiuti provenienti da Italia, Svizzera, Francia, Germania e Stati Uniti e che in quel preciso momento aveva l’esigenza di far sparire questi fusti che erano stati depositati in due capannoni dell’Enea stessa. Quanto ai soldi, avrei intascato 660 milioni per tutte le fasi dell’operazione. Per questo incontrai a Milano, in piazzale Loreto, Giuseppe Romeo, fratello di Sebastiano, il quale scese poi in Calabria per riferire. Dopo una settimana, ritornò a Milano e mi diede il via libera”. “Come appoggio”, spiega l’ex boss della ‘Ndrangheta, “Musitano mi diede la disponibilità del genero, Giuseppe Arcadi, il quale mi aiutò a trovare i camion e gli autisti per il trasporto dei rifiuti. Calcolammo che per 600 fusti ci sarebbero voluti circa 40 mezzi, i quali dovevano prelevare i bidoni dai capannoni a Rotondella, trasportarli nel porto di Livorno e caricarli su una nave che sarebbe partita per la Somalia. Sembrava tutto pronto”, scrive, “ma Musitano fu ucciso dalla ‘ndrangheta davanti al tribunale di Reggio Calabria, dove era stato convocato per un’udienza. Questo fermò momentaneamente il nostro lavoro, che però riprese a gennaio del 1987, perché lo stesso Musitano poco prima di morire mi aveva presentato Candelieri, col quale avevo stretto i primi accordi nel corso di un incontro a casa del Musitano stesso”.
L’operazione avvenne nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 1987. Avevano calcolato che nella stiva della nave prescelta che “si chiamava Lynx, di proprietà della società Fyord Tanker Shipping di Malta” ci sarebbero stati solo 500 bidoni, quindi i restanti 100 andavano smaltiti altrove. “Fu così che decidemmo di procedere con un doppio piano: 500 fusti sarebbero partiti per la Somalia, mentre i rimanenti 100 sarebbero stati nascosti in Basilicata. Per l’esattezza, diedi ordine che fossero trasportati e seppelliti nel comune di Pisticci, in località Coste della Cretagna, lungo l’argine del fiume Vella”.
I camion carichi di rifiuti tossici partirono da Rotondella verso le due del mattino dirigendosi verso le due diverse destinazioni.
“Le fatture con descrizioni false per imbarcare le scorie tossiche e radioattive – prosegue- erano state preparate da un commercialista di Milano, che mi era stato presentato dal commercialista Vito Roberto Palazzolo di Terrasini (oggi latitante) ed erano intestate alla International consulting office di Gibuti. La nave infatti partì da Livorno diretta a Gibuti, ma invece di attraccare raggiunse Mogadiscio. A quel punto, entrò in azione l’appoggio che avevo chiesto al segretario generale della Camera di commercio italo-somala, il quale aveva organizzato camion e manodopera per lo scarico dalla nave e il carico su camion”. Tutto il lavoro, racconta l’ex boss, “ci costò 260 milioni, che furono aggiunti al compenso. Quanto ai 660 milioni concordati, provenivano dal conto criptato “whisky” della Banca della Svizzera italiana di Lugano. La cifra era in dollari e io inviai 500 milioni di lire alla famiglia di San Luca”. L’affare andò talmente bene che Fonti non ebbe problemi ad organizzare un altro sbarco dello stesso tipo. Questa volta si dovevano trasportare altri mille bidoni stipati in 20 container lunghi 6 metri contenenti ossido di uranio, cesio e stronzio.
“Per organizzare il tutto”, scrive ancora, “contattai Mirko Martini, che ho conosciuto alla fine del 1992. Il suo nome mi era stato fatto da Giuseppe Romeo, fratello del boss Sebastiano, che lo aveva conosciuto personalmente e mi aveva garantito essere la persona giusta per i nostri affari. Ho spiegato allo stesso Martini che dovevo trasportare rifiuti pericolosi in Somalia e avevo bisogno di appoggi nel porto. Lui mi ha risposto dicendomi letteralmente di essere intimo del presidente ad interim della Somalia Ali Mahdi, nonché uomo dei servizi segreti italiani e collegato a buon livello alla Cia americana, aggiungendo che per quanto riguardava la Somalia non c’era alcun problema per fare entrare qualsiasi cosa. Inoltre mi ha spiegato che aveva già in ballo un traffico di armi che doveva fare arrivare a Mogadiscio per conto di Ali Mahdi, e mi ha chiesto di procurargli quelle armi per realizzare un’unica spedizione con due navi che avrebbe recuperato lui stesso”.
Non ebbe nessuna difficoltà Fonti, quale uomo di vertice dell’organizzazione mafiosa, a reperire kalshnnicov, munizioni e mitragliette Uzi e a preparare il viaggio che fece entrare nelle casse della cosca quasi 8 miliardi delle vecchie lire, al netto delle spese. La ‘ndrangheta aveva trovato una vena d’oro. Infatti, aggiunge, “in quel periodo il traffico dei rifiuti tossici e radioattivi era molto praticato. Diversi erano i faccendieri che con coperture varie svolgevano questo genere di attività per conto dei governi internazionali, i quali già negli anni Ottanta non sapevano dove piazzare queste enormi quantità di materiali pericolosi. Uno dei personaggi più importanti che mi è capitato di conoscere”, si legge ancora nel memoriale, “è stato l’ingegner Giorgio Comerio, il quale gestiva il progetto Odm (Oceanic disposal management), messo a punto dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e poi da lui gestito in autonomia per sparare pattumiera radioattiva dentro missili sotto i fondali marini. Comerio si muoveva a livelli governativi internazionali, e le persone che contattava nei vari stati, europei e non, sapevano che aveva gli appoggi per mettere in pratica il suo studio sottomarino. Lui stesso mi raccontò che i fondali della Sierra Leone erano i migliori per la sua attività, in quanto non so perché accoglievano al meglio i suoi siluri con i rifiuti radioattivi”. Inizia con Comerio una collaborazione proficua, questi gli racconta anche di aver già lavorato con la ‘ndrangheta e in particolare con Natale Iamonte, capo della famiglia di Melito Porto San Salvo, cui aveva chiesto aiuto per affondare la Riegel, una nave carica di rifiuti radioattivi al largo, nelle acque internazionali, davanti alla costa Ionica.
Anche Fonti si prodiga nello stesso settore e nell’arco di un paio di settimane, siamo sempre nel 1992, vengono affondate tre navi.
In questo drammatico intreccio tra armi e scorie sarebbero stati coinvolti anche i vertici dell’allora Partito Socialista che trattavano con la ‘ndrangheta attraverso i servizi segreti.
Riemerge la stessa identica commistione di poteri di cui avevano scritto tre giornalisti del settimanale Famiglia Cristiana, e di cui si era occupata anche ANTIMAFIADuemila anni fa con un’intervista a Gianpiero Sebri. Un quadro desolante che la dice lunga sulla folle irresponsabilità della politica e sul ruolo delle mafie. Un panorama agghiacciante su cui probabilmente stava lavorando la giornalista Ilaria Alpi assassinata a Mogadiscio assieme all’operatore Miran Hrovatin il 20 marzo 1994.
Siluri che perforano la terra
Il 10 marzo 2005, davanti alla Commissione bicamerale per il ciclo dei rifiuti, ha reso la sua testimonianza il procuratore Pace. Le sue parole sono, se possibile, ancora più inquietanti poiché provengono da un uomo dello Stato e non da qualsivoglia collaboratore o pentito che potrebbe essere molto più facilmente al soldo di chiunque.
La sua indagine si era mossa proprio dal centro di Rotondella e lo aveva portato a stabilire che i contenitori nei quali erano conservati i rifiuti radioattivi liquidi ad alta attività, custoditi all’Enea, erano fortemente deteriorati e avevano già esaurito il tempo di sicurezza previsto. Giunti allo stato melmoso le scorie devono essere solidificate attraverso processi di vetrificazione o ceramizzazione, ma questi processi non venivano applicati. “Ho verificato ben tre incidenti nucleari”, ha spiegato il giudice, “dovuti alla rottura dei container. E non era che l’inizio”.
Durante l’audizione il magistrato ha innanzitutto illustrato la grave difficoltà in cui si trovavano (e ancora si trovano) i vari governi nello smaltimento delle scorie radioattive. Non avendo elaborato alcuna soluzione il dibattito si è spostato sulla conservazione. Vennero avanzate ipotesi di ogni genere, dalla spedizione nello spazio fino alla decisione di interrare i residui nel sottosuolo. Ed è qui che spunta anche tra le parole di Pace la figura di Giorgio Comerio il quale era riuscito a mettere a punto una specie di siluro in grado di conficcarsi sui fondali marini. “Un progetto di alto livello anche dal punto di vista della sicurezza ambientale”. Comerio, che faceva parte del gruppo di esperti che lo elabora, riesce ad acquisirne il diritto d’uso e ribattezzandolo ODM, comincia a proporlo ai diversi Paesi. Non è poi un’impresa così facile perché nessuno tra Francia, Svizzera e Austria vuole essere il primo a gettare scorie nucleari in mare. Comerio non si arrende e con una serie di manovre riesce a farsi cedere da una giunta militare africana tre isole. Una per lui, da trasformare in un centro di smaltimento rifiuti radioattivi, una per Salvatore Ligresti che ci voleva costruire un villaggio turistico e una per lo scienziato Carlo Rubbia che avrebbe dovuto creare un sistema di energia da fornire sia all’impianto che al villaggio. Rubbia però si rifiutò.
Nella fase di accertamento dei movimenti di Comerio, Pace lavora gomito a gomito con il procuratore Neri, il colonnello Martini e il capitano Natale Di Grazia della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Il pool si rende conto molto velocemente di aver attirato l’attenzione. A Brescia, dove avevano installato la base operativa, gli inquirenti si accorsero che c’era un camper sospetto munito di telecamera che li filmava e furono costretti a cambiare ristorante dove abitualmente mangiavano a causa della presenza di personaggi sospetti, probabilmente iracheni. Al capitano De Grazia era affidato il compito di riepilogare gli affondamenti e di verificare cosa fosse accaduto in ognuno dei casi. Una mattina alle 10:30 chiamò il procuratore Pace e gli disse che lo avrebbe portato con un’imbarcazione nel punto esatto dove era stata affondata la Rigel. Lui si trovava a Massa Marittima e si stava recando a La Spezia per ulteriori accertamenti. Fu l’ultima volta che il magistrato lo sentì perché poche ore più tardi a causa di un malore il capitano, un giovane trentenne nel pieno delle sue forze, morì accasciandosi sul braccio del maresciallo Moschitta che guidava l’auto su cui si trovavano. Il magistrato, durante la parte segreta della seduta in Commissione, ha rivelato di aver avuto sempre l’intima convinzione che si fosse trattato di un assassinio.
Data la gravità degli incidenti avvenuti presso la Rotondella Pace avvertì anche il Presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, l’On. Dini il quale predispose di seguire la vicenda al fine di tutelare la sicurezza pubblica.
Nel corso delle indigni il magistrato ebbe modo di esaminare i documenti circa i rapporti intercorsi in materia tra Italia e Stati Uniti e oltre a costatare la totale subalternità del nostro Paese ha appreso che l’Italia nel 1978 ha ceduto all’Iraq due reattori plutogeni Cirene, che servono per reperire la materia prima che i trattati di non proliferazione vietano di cedere. Presso Rotondella è stata poi rilevata la presenza di personale iracheno che apprendeva l’uso di tale teconologia. Nel 99 Pace fu trasferito a Trieste e non si occupò più direttamente di questi fatti.
Che dietro tutta questa vicenda vi possano essere depistaggi e disinformazione è senza dubbio da mettere in conto, come suggerito dal magistrato stesso. Di solito è un espediente cui si ricorre quando vi è qualcosa di molto grave da nascondere, spesso peggio di quanto si fa trapelare.
Per ora è certo che alcuni dei nomi citati dal Fonti ritornano in questa nuova inchiesta di Potenza destinata probabilmente ad aprire nuove piste investigative. ANTIMAFIADuemila seguirà l’intera vicenda anche a nome e in difesa di chi davanti agli uomini, per ora, non può farlo: la Terra. Sarà un pazzo questo pentito, ma non si può che condividere questa sua dichiarazione: “Chi pensa che in Italia e in Europa i rifiuti tossici e radioattivi siano stati smaltiti senza il coinvolgimento dei più alti vertici, è un ingenuo. Anzi: uno stupido. E ancora più stupido chi non capisce che questi personaggi stringono ancora le leve del potere”.( pubblicato il 15 settembre 2009 dal sito Strill.it)

venerdì 25 settembre 2009

Noi stiamo con le maestre licenziate da Leone

Ci scusiamo con i moltissimi nostri lettori , per non aver pubblicato tutti i commenti pervenuti sul post dell ‘asilo. Tanti sono quelli che abbiamo censurato e tutti contro l’assessore Leone. Tanta rabbia , disprezzo, molta cattiveria per una persona fino a poco tempo fa considerata nell’immaginario collettivo portatore di principi etici come quelli dell’imparzialità , onestà e interprete dell’antipolitica per antonomasia . Oggi invece i nostri lettori lo vedono come un politico che si è adattato alla logica del potere , avvezzo come tanti alle pratiche clientelari , ma anche vendicativo al di la di ogni logica. La cooperativa Heraclea ( alla faccia della difesa dei policoresi di Lopatriello visto che l’appalto lo vince una cooperativa di Matera e non è l’unico caso) paga il presunto peccato di essere vicino alla sinistra , scordatosi che in questi anni hanno lavorato con tutte le amministrazioni succedutosi in questi 15 anni di cui tredici sono stati di centrodestra. Mai nessuno ha avuto da ridere sulla loro competenza e professionalità , ed io personalmente le devo ringraziare per avere accudito per due anni mio figlio con amore e passione , mio figlio tutt’oggi si ricorda della sua maestra Rina . Io come tanti genitori quando portavamo i nostri figli non ci siamo mai chiesti se erano di sinistra o di destra , ma solo se il servizio offerto da queste maestre era all’altezza delle nostre aspettative di genitori. Sono state così brave a sopperire anche alle inadeguatezza della struttura, solo oggi resa decorosa grazie al quel Sindaco che si chiama Serafino Di Sanza.
I sospetti vociferati da più parti , di una operazione di ritorsione in una logica tutta politica contro questa cooperativa trova riscontro anche nel metodo usato per arrivare all’esclusione della stessa alla gara di appalto , udite udite perchè ha presentato un progetto a dir della commissione inadeguato. Inadeguato rispetto al piano sociale regionale e a quello nazionale è il bando stesso, sia per il rapporti operatori bambini , sia per il ribasso dell’offerta , che supera il 30% consentita dalla legge vigente e soprattutto perchè la norma consente i ribassi solo per i servizi e non per il costo del personale cosi come invece è avvenuto per questa gara . La stessa composizione della commissione è discutibile , l’esclusione della dott.ssa Delia , unico dirigente che in passato si è occupato di servizi sociali ed a tutto oggi è responsabile dell’asilo non trova una spiegazione plausibile , se non quella di una persona poco manovrabile da chiunque . La presidenza invece al dirigente del settore economico Dott.re Vitale , rientra nello spirito dell’appalto annunciato dall’assessore Leone , quello di consentire alla cooperativa di “Fare impresa”. Si lui è un esperto di impresa , ricordiamo che è socio di Marinagri , quindi di profitti e impresa è esperto. Ma visto che sono sfigati volete vedere che perderanno il ricorso al tar…?
Noi non molleremo, intanto con una interrogazione della consigliera Regionale Simonetti a cui invitiamo anche il Consigliere di Sanza a sottoscriverla , chiederemo alla regione di attivare tutte le procedure affinché le regole stabilite dal piano sociale vengano rispettate senza nessuna deroga anche dal comune di Policoro . Visto che hanno voluto la guerra , facendolo pagare a persone innocenti che volevano solo lavorare , che guerra sia.

La Basilicata la regione più colpita dai tumori

A dirlo è l’Istituto Superiore della Sanità Questo è quanto emerge dall’indagine sviluppata da un gruppo di studiosi dell’istituto Superiore della Sanità in collaborazione con il Dipartimento della Salute della regione Basilicata e con l’ausilio dell’Istat.
L’incidenza di malattie tumorali tra i lucani è addirittura superiore rispetto alla popolazione che vive nelle regioni settentrionali, dove a rigor di logica per via della maggiore presenza nel territorio di fabbriche e per la massiccia presenza dell’inquinamento atmosferico, dovrebbe essere di gran lunga più incisiva.
Per non parlare del fatto che la Lucania, sempre secondo l’Istat, ha una densità di popolazione nettamente inferiore a quella delle popolatissime città del Nord.
Allora come si spiegano questi allarmanti dati e quali potrebbero essere le cause dei tanti casi di tumori registrati nel territorio lucano?
Per rispondere a questi drammatici quesiti sono state avviate delle indagini supplementari da parte del Dipartimento della Salute della Regione Basilicata le quali ipotizzano dei forti legami tra l’incidenza tumorale e fattori ambientali.
La prova di questi dati è contenuta nello studio “Current cancer profiles of the italian regions” e indicata da una curva che cresce e crescerà anche in futuro, la quale rappresenta i tumori lucani relativi agli abitanti della Basilicata, da zero a 84 anni.

Inoltre guardando con attenzione i dati contenuti nella «Relazione di attività» redatta dal Registro tumori di Basilicata, si scopre che - tra il 1997 ed il 2005 - sono stati soprattutto i maschi della Usl1 (Venosa) ad ammalarsi di leucemie e di neoplasie alla prostata, al polmone, al retto, al colon, allo stomaco.
Mentre sono soprattutto le donne della Ausl4 (Matera), ad ammalarsi di tumori all’utero,alla mammella e all’ovaio.

L’Ufficio regionale della Basilicata per le Politiche della prevenzione sanità pubblica, conferma che i casi tumorali in Basilicata non sono mai diminuiti e quindi in controtendenza con quanto avviene nel resto dell’Italia dove il picco delle forme tumorali è stato registrato nel lontano 1985.
In Basilicata praticamente siamo in una situazione di perenne picco. Già, perché i numerosi ben pensanti che credono nella Lucania come oasi verde lontano dal logorio della vita moderna, si dovranno ricredere.
In parte è anche vero, c’è tanto mare azzurro, verdi praterie e montagne tutte da mangiare con gli occhi e lo spirito.

Ma cosa c’è a questo punto, alla luce dei dati che abbiamo raccolto, nell’acqua che beviamo, nei frutti che mangiamo direttamente dalla nostra terra, cosa respiriamo nell’aria a pieni polmoni?

Domande alle quali si potranno avere risposte dalla recente indagine avviata dall’Ufficio regionale per le politiche della prevenzione sanità pubblica che interessano le zone ritenute a maggior pericolo: il territorio circostante l’impianto Itrec ( Enea, Zona Trisaia tra Policoro-Rotondella ); area Sud ai confini con la Calabria per la presenza di rocce con amianto.

Rosario Cirigliano

giovedì 24 settembre 2009

Policoro - Asilo Nido : nove operatrici licenziati dopo anni di servizio



Policoro- In tempi di crisi perdere il posto di lavoro equivale a una disgrazia. Ed è quello che accaduto a nove operatrici della cooperativa Heraclea new travel di Policoro, che fino a giugno scorso si è occupata della gestione dell’asilo Nido di via Colombo. Una struttura esistente da oltre venti anni passata dalla gestione diretta delle dipendenti comunali fino al 99, anno in cui è subentrata la semi privatizzazione e quindi la gestione di Heraclea New Travel. Ora il comune di policoro ha rifatto l’appalto ed a vincere è stata la cooperativa Puzzle di Matera. Resta da capire cosa ne sarà delle operatrici che da oltre un decennio hanno dato il sangue per la crescita della struttura. Lo scorso 8 agosto la cooperativa uscente bloccò il bando con una missiva non ritenendo corretto, poi una nuova gara e l’apertura delle buste lo scorso 22 settembre. Tanta la rabbia e la mortificazione delle operatrici che abbiamo incontrato ieri mattina nei giardini murati. Avevano appena incontrato il Vice Sindaco Leone, e oggi incontreranno il primo cittadino , Nicola Lopatriello. Ogni operatrice ci racconta un po’ della sua vita. Con quel reddito ci stavo mantenendo la famiglia e la figlia all’università, ora come farò? E un’altra “ ho mio marito invalido, il mio reddito è determinante nell’economia familiare”. E ancora “ non so fare altro nella vita , dopo dieci anni é assurdo buttarci fuori così”. Perdere il lavoro è una piaga ricorrente ormai, soprattutto sul versante privato. Storie di ordinario precariato nell’ambito privato che si intersecano con il pubblico. Non abbiamo mai avuto problemi con il Comune, abbiamo fatto sempre il nostro dovere. Le operatrici ci raccontano senza rassegnazione, di anni trascorsi a migliorare il servizio. Nel 99-2000 cerano 20 bambini, il nido adesso è cresciuto , quest’anno vi sono dalle 57 alle 60 iscrizioni.
Abbiamo lavorato con il sovrannumero , abbiamo fatto sacrifici , portato giocatoli da casa nostra così come altro materiale vario. Le operatrici di certo con i loro rapporti nella società Policorese , con le famiglie e con la loro professionalità consolidata rappresentano un punto di riferimento importante, anche per i paesi limitrofi come Scanzano e Nova Siri , dando un sostegno importante alle mamme che lavorano. “Proviamo una grande Mortificazione – hanno detto all’unisono le operatrici per non essere state in alcun modo tutelate. Tra l’altro la cooperativa sta valutando di fare un ricorso al Tar di Basilicata che dovrebbe esprimersi già nel prossimo ottobre prossimo. Intanto l’asilo nido aprirà con una nuova gestione, ma la questione non finirà certamente qui (tratto dal Quotidiano Basilicata .di P. Lutrelli)

lunedì 21 settembre 2009

Bolognetti (Radicali) e Frammartino (Rifondazione) diffidano l’Autorità di bacino su Marinagri

Maurizio Bolognetti segretario dei Radicali lucani, e Ottavio Frammartino,
segretario provinciale di Rifondazione comunista, non mollano la presa su “Marinagri”,il complesso turistico al centro dell’inchiesta “Toghe lucane”. Con un atto stragiudiziale, Bolognetti e Frammartino hanno invitato «l'Autorità di bacino ad avviare un procedimento amministrativo, in via di autotutela, per l'annullamento » della sanatoria concessa ai proprietari del villaggio turistico. Non solo hanno anche chiesto «all’asssessore all'Urbanistica e al dirigente del Settore urbanistica del Comune di Policoro, di avviare procedimenti in via di autotutela per l'annullamento dei permessi già rilasciati». La vicenda Marinagri nasce nel mese di aprile del 2008, quando «l'autorità giudiziaria di Catanzaro sottoponeva a sequestro preventivo, per vari profili di violazioni di leggi penali, il complesso turistico in corso di costruzione alla foce del fiume Agri». Contro il sequestro «la società Marinagri - questa la ricostruzione di quanto accaduto fatta da Bolognetti e Frammartino - ha proposto prima ricorso al Tribunale del Riesame, che lo ha rigettato, e poi innanzi alla Corte di Cassazione che ha confermato sia l'operato del giudice per le indagini preliminari che quello del Riesame. La Cassazione ha confermato il sequestro sottolineando come «i lavori di costruzione abbiano avuto luogo con provvedimenti considerati illegittimi e in particolare come le opere siano state costruite in violazione dello strumento urbanistico all'epoca vigente». Quanto deciso dalla Suprema Corte «comporta, come logica necessaria conseguenza, l’impossibilità di concedere la sanatoria in quanto questa è possibile quando le opere siano conformi allo strumento urbanistico vigente al momento dell'accoglimento dell'istanza e al momento della realizzazione delle opere». E poiché «la costruzione - ribadiscono Bolognetti e Frammartino - è stata effettuata in violazione dello strumento urbanistico, ogni istanza di sanatoria non può che essere rigettata». Come se non bastasse il complesso turistico in costruzione è situato in un comprensorio di terreni che apparteneva all'Alsia, che è succeduta all'Esab (Ente di sviluppo agricolo in Basilicata)che a sua volta era succeduto all'Ente di riforma Fondiaria. L’Alsia, tra l’altro, «avrebbe avviato azione giudiziaria per la restituzione dei terreni». La costruzione del complesso turistico, tra l’altro, sarebbe «avvenuta a seguito di un provvedimento dell'Autorità di bacino che avrebbe consentito l'edificazionein aree prima classificate come inondabili a condizione che: venissero innalzati gli argini nella misura di un metro con continua manutenzione degli stessi e si imponesse alla società Marinagri di presentare, all'Autorità di bacino, una relazione sullo stato degli argini
con cadenza biennale, pena la revoca delle autorizzazioni ». Il sequestro della struttura fu disposto«anche perché si riteneva non legittima l'acquisizione di aree in via gratuita e per circa 30 ettari in virtù dell'istituto dell'accessione in verità non applicabile». Visto che «la sanatoria delle opere costruite non è possibile per espresso divieto di legge; che le avviate azioni
dell'Alsia riverberano i loro effetti sulla legittimità dei permessi di costruire; che le clausole imposte dall'Autorità di bacino in ordineall'innalzamento degli argini e alla loro manutenzione appaiono illegittime per eccesso di potere per manifesta irragionevolezza contraddittorieta' violazione dei principi generali dell'ordinamento giuridico in quanto il fatto che si disponga l'innalzamento degli argini e una successiva verifica altro non significa che non vi è certezza
di evitare la inondabilità delle aree in caso di eventi atmosferici di particolare intensità; l'imposizione del vincolo di verifica con cadenza biennale, sotto pena di revoca delle autorizzazioni concesse, porrebbe problemi gravissimi giacchè dove la
società non presentasse le relazioni (come per altro si è già verificato) che cosa accadrebbe relativamente ai fabbricati costruiti che diverrebbero illegittimi? Se dalle successive relazioni biennali emergessero necessità di effettuare ulteriori manutenzioni ed innalzamenti e la società non provvedesse, chi dovrebbe sostituirsi? I proprietari delle costruzioni, ed in base a quale titolo? Oppure il Comune, o il Consorzio di Bonifica o altri enti e con quali fondi?. Nel caso la società venisse posta in liquidazione dopo la costruzione del complesso turistico, gli obblighi a chi dovrebbero essere trasferiti? Se l'onere ricadesse sui nuovi proprietari, è stata forse prevista una convenzione da registrare e trascrivere in maniera che tutti i proprietari di immobili in Marinagri possano essere obbligati ai necessari esborsi? ». Insomma la sanatoria concessa dall'Autorità di bacino sarebbe «illegittima ed irragionevole».

( Tratto dal Quotidiano della Basilicata)

Policoro: Mentre l'asilo rimane chiuso i nostri lettori si domandano:



Caro vicesindaco quando aprirà l'asilo?

è vero che avete stornato fondi del bilancio destinati per le attrezzature dell'asilo per altre esigenze?

Se si, cosa ne avete fatto?

Risulta veritiero quello che afferma il consigliere di maggioranza Vigorito che il progetto di finanzi amento dell' 'asilo comunale è opera della giunta di Serafno Di Sanza ?

Se si perché all'incontro con le famiglie se ne è attribuito i meriti ?

Risulta vero che ad oggi non vi sono tutti i pareri di conformità dell'asilo ?

se si , quali sono i problemi perché l'ufficio tecnico non rilascia tali pareri?

E vero che lei ha affermato che l'appalto andava fatto anche per migliorare la professionalità delle maestre?

Se si , In quale voce di questo appalto fatto da lei , garantisce il requisito della professionalità?

Pensa davvero che la volontà politica della sua amministrazione con quest'appalto è quello di dare la possibilità alle cooperative di "fare impresa"?

alla domanda pertinente di questo Blog , e ai bambini chi pensa , cosa risponde ?

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Una domanda al vice leone, ma il bando approvato dalla giunta, prima di essere modificato in corso di appalto, rispettava al legge regionale? NO!
Un'altra domanda, come mai il presidente della commissione esaminatrice è il dirigente del 2° settore ( Ragioneria) e non il dirigente del 1° ( Servizi sociali)??????
Ancora una domanda, IL PIANO SOCIO ASSISTENZIALE è LEGGE REGIONALE? SI!
ANCORA, se un comune aderisce al Piano socio assistenziale della regione e ne è capofila nell'area del basso sinni è tenuto dal punto di vista dell'etica ammnistrativa al rispetto delle norme in esso contenute?
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Come al solito chi scrive sul blog in difesa di politici, se non sono proprio i politici, è capace di spostare l'attenzione dai contenuti in discussione. In tanto il piano socioassistenziale ( il piano sociale è un'altra cosa, è una legge regionale che regolamenta tutti i servizi territoriali e quindi anche il rapporto utenza/operatori, inoltre in discussione è la legittimità del bando, basta leggerlo per capire i grossolani errori fatti per risparmiare, non è legittimo il 45% di ribasso, non si può speculare sui servizi alle persone, l'ente deve risparmiare su pubblicità, verde, ma non sui servizi.E' da questo che si legge la sensibilità di un'amministrazione comunale, finiamola di pensare il dott. Leone il paladino dei deboli, non è più così...vuole potere e gestione...sono comodi i conteitori vuoti per poterli riempire ad uso politico.

sabato 19 settembre 2009

PISTICCI UNA VICENDA CHE HA CREATO IL PANICO NELL’OPINIONE PUBBLICA MA SU CUI È CALATO UN SILENZIO TOMBALE. QUALE L’ESITO DELLE OPERAZIONI DI RICERCA


Tutte le ombre sui fusti radioattivi
Cinque anni fa un pentito ne indicava la presenza a Coste della Cretagna e a Craco

PISTICCI. Bufala o depistaggio? Sono trascorsi quasi 5 anni da quando il pentito della “ndran - gheta”, nelle sue dichiarazioni all’Espresso, indicava la presenza di un cimitero di scorie nucleari, prima nella zona di Coste della Cretagna (un nome che fino ad allora, solo in pochi conoscevano) nell’agro di Ferrandina, e successivamente nella vallata sotto Craco, una zona tra Piana del Pozzo e Isca di Piano d’Oro).
Sulla vicenda, però, che pure aveva creato panico nell’opinio - ne pubblica del basso materano, è calato un silenzio tombale e nessuno è riuscito a sapere qualcosa sull’esito delle operazioni di ricerca di quel centinaio di fusti che sarebbero stati interrati nella notte tra il 10 e l’11 gennaio del 1987. «Sono sceso a Craco - dichiarava il boss durante un sopralluogo e riportato nel servizio giornalistico del settimanale milanese - non per fare polemiche ma per aiutare la magistratura. Ora lavorino per individuare i fusti. Trovarli mi darebbe enorme soddisfazione, anche se in questi anni potrebbero essere successe molte cose (il riferimento era evidentemente al possibile mutamento morfologico della zona nel corso degli anni, ndr)».
Dopo queste dichiarazioni, il territorio indicato, per una superficie di oltre 60 ettari, sarebbe stato setacciato con idonei strumenti di verifica radiometrica, dal personale specializzato della Forestale in collaborazione con tecnici dell’Arpab. Ufficialmente, però, nessuno ha reso noto l’esito di quelle ricerche effettuate in seguito a quanto indicato dal pentito che, purtroppo, nel suo racconto un po’ inverosimile, affermò anche di non ricordare se i fusti fossero di materiale metallico o di materiale di plastica. Se fosse vera la seconda ipotesi, le ricerche sarebbero state estremamente difficoltose in quanto gli strumenti a disposizione degli operatori avrebbero avuto difficoltà a indicare ad una certa profondità la presenza di fusti non metallici per cui sarebbe occorso più tempo per la verifica (l’allora presidente della Provincia, Car - mine Nigro, informò che per le ricerche sarebbe stato interessato anche Telespazio). Da parte del Governo, fu promossa una missione della Commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti (senza peraltro che si sia mai avuta notizia che abbia visitato i luoghi indicati dal pentito) e per due giorni, nei locali della Prefettura di Potenza ascoltò oltre 50 persone in rappresentanza di 38 enti, oltre ai tecnici del Centro Trisaia di Rotondella, luogo da cui, secondo il racconto del pentito, appunto nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 87, a bordo di 40 camion, sarebbero partiti i 600 fusti, 500 dei quali diretti al porto di Livorno e i restanti 100 destinati ad essere seppelliti non si sa bene se nel territorio di Ferrandina o Craco. «Per portare a termine le operazione di verifica - aveva dichiarato il presidente della Commissione, il forzista Paolo Russo - saranno necessari tempi lunghi. Con la speranza che non cadano in prescrizione. Ma noi non molleremo la presa».
Parole esatte le sue, solo che ora, a distanza di oltre quattro anni dall’inizio delle operazioni di ricerca, è mai possibile che nessuno faccia conoscere la verità sull’attendibilità o meno di quello che il boss calabrese riferì al giornalista dell’Espresso? Insomma, i fusti che sarebbero stati interrati, in parte o tutti, sono stati ritrovati? Oppure ci troviamo di fronte ad una grossa bufala? Domande tutte, che attendono sempre una risposta, anche se resta il fatto inquietante: se le dichiarazioni rese dal boss fossero confermate sia pure solo in parte, significa che i sia pur efficienti sistemi di controllo messi in campo durante tutti questi anni, sono stati elusi o resi inefficaci da chi può essere intenzionato a trarre illecito profitto sul traffico di scorie. (tratto dalla gazz.Mezzogiorno di MICHELE SELVAGGI)

giovedì 17 settembre 2009

Leone: La gestione dell'asilo servirà alla cooperativa per "fare Impresa "......e i nostri Bambini?


La risposta al duro attacco di Labriola da parte del sindaco in Pectore Leone (Ierone permettendo) sull’appalto dell’asilo non si è fatta attendere.Anche se con toni pacati , nella sostanza l’assessore ci va duro , o tenta capziosamente di mettere in discussione la bontà dell’intervento del consigliere. A suo dire , questo interessamento è guidato più da interessi diretti del Labriola nella cooperativa , essendo stato lui , una decina di anni fa presidente della stessa e avendoci sempre er tempo fa , lavorato la moglie , oggi docente di ruolo nella scuola. Detto questo , che secondo noi è veramente un arrampicarsi sugli specchi , perché basterebbe ricordagli , che in quella cooperativa lavorano e hanno lavorato fior fior di maestre , diventando nel tempo un punto di riferimento importante per molte famiglie , è chi ha avuto i figli affidati a queste persone non può che riconoscergli gratitudine per il servizio svolto con passione, professionalità e amore. Nel merito inoltre l’assessore Leone sta ben attento a non rispondere , specie sulla denuncia circostanziata che il bando modifica il rapporto Personale – Bambini così come previsto dal piano sociale Regionale , ne tanto meno se questo rapporto non modifichi la qualità del servizio didattico pedagogico relegando il lavoro delle operatrici ad una mansione di sola sorveglianza , ne tanto meno se tale scelta comprometterebbe il contributo regionale. Certo questo poco importa al nostro assessore , perché è preoccupato così come ha dichiarato ai giornali : che la cooperativa che vincerà deve essere messa in condizioni di “fare Impresa” cioè profitti e lavoro .. e i nostri bambini ? Per noi questa scelta è una scelta scellerata che si gioca con superficialità sulla pelle dei Bambini e delle famiglie , e ci opporremmo in tutte le sedi , affinché tale operazione venga sconfitta , cominciando a chiedere al dipartimento regionale sui servizi sociali di seguire la vicenda e dando risposte alle perplesità da noi sollevate.

p.s. devo confessare così come Labriola che anche io ho un interesse personale nel difendere questo asilo.
Due anni fa era frequentato da mio figlio , lo dico prima che il buon Leone me lo ricordi……......

Veleni in mare, due navi affondate tra Scanzano e Ginosa

Adesso bisognerebbe davvero andare fino in fondo. Anzi, raggiungere il fondale.
Lì si troverebbero Anne ed Euro River, due navi battenti bandiera maltese, affondate in uno specchio di mare antistante la costa «che va da Policoro a Ginosa».
Ma nei fondali lucani ci sarebbe anche altro. Nelle acque di Metaponto si troverebbero dei «contenitori a tenuta stagna» sparati in mare come si fa con i siluri.
Non solo fusti interrati in Basilicata, ma anche due imbarcazioni, cariche di rifiuti tossici, fatte inabissare come inabissati sarebbero i siluri tossici. Tutto questo sarebbe avvenuto in periodi diversi. «Una parte nel 1989 e un'altra nel 1992».
Queste la novità che emergono dal verbale di interrogatorio - è il 24 aprile del 2004 - del pentito della 'ndrangheta, Francesco Fonti che fa anche dei nomi e dei cognomi. Di quelli che contano.
Si va dal senatore a vita «Emilio Colombo» al faccendiere «Francesco Pazienza». Da «Bettino Craxi» al generale «Ninetto Lunganesi» a «Raiola Pescantini». E poi ci sono i clan della 'ndrangheta: dai Piromalli ai Romeo ai Musitano. Più altri «personaggi della politica locale lucana» di cui «mi riservo di fare i nomi successivamente».
Dichiarazioni esplosive. In una caserma dei carabinieri del nord Italia si trovano Felicia Genovese, all'epoca sostituto procuratore antimafia della Dda di Potenza, il colonnello dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria di Potenza, Gentilini, il sovrintendente Piazzola e l'ispettore del Corpo forestale, Calciano. Davanti a loro Francesco Fonti.
Sono da poco passate le 12.30 quando l'interrogatorio ha inizio.
Il sostituto procuratore antimafia Felicia Genovese, all'epoca titolare dell'inchiesta (insieme all'allora Procuratore capo Giuseppe Galante ) sulle “fughe” di plutonio dalla Trisaia di Rotondella, è in quella caserma perché ha bisogno di capire dove esattamente sarebbero stati sotterati, nel 1987, alcuni bidoni - caricati a bordo di una decina di camion - contenenti rifiuti nucleari.
La Genovese sa esattamente quello che vuole dal pentito, che aveva cominciato a rendere dichiarazioni nel 1994 al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Enzo Macrì.
Tra l'altro questo non è il primo incontro tra la Genovese e Fonti. Si sono già parlati nel dicembre del 2003 e fra marzo e i primi di aprile del 2004.
Fonti, «organico dentro una delle più grosse famiglie - quella dei Romeo - della 'ndrangheta di Calabria», evidentemente della Genovese si fida.
Non potrebbe essere altrimenti visto quello che le ha già detto e quello che le dirà. In cambio chiede solo protezione per i suoi familiari.
Per lui ha una richiesta: potersi curare dal cancro che l'ha colpito. Arresti domiciliari o ospedalieri e poi, una volta risolto il problema di salute, tornare in carcere per finire di scontare la pena a cui è stato condannato.
Qualcun altro al posto suo, forse, avrebbe alzato il tiro e chiesto di più. Visto che in quello che racconta «c'entra sia la criminalità italiana, sia certi tipi di servizi segreti, sia la criminalità straniera. Sia la mafia russa che quella bulgara».
E poi ci sono «personaggi insospettabili» che ruotano attorno «alla grande finanza che, forse, sono più pericolosi di quelli che appartengono alla criminalità organizzata». E come se non bastasse «ci sono anche elementi della massoneria» che «conosco abbastanza bene» visto il “grado di santa” che Foti ammette di avere raggiunto all'interno dell'organizzazione criminale calabrese.
Il traffico di rifiuti tossici, che avrebbe avuto come centro nevralgico la Trisaia di Rotondella, sarebbe avvenuto, stando a quanto dichiarato da Fonti quel 24 aprile del 2004, grazie alla copertura e alla collaborazione di servizi segreti deviati, «società e banche che hanno appoggiato e gestito» lo smercio, «uomini della 'ndrangheta e politici dell'epoca».
Tutto questo con l'avallo dell'allora «responsabile del Centro della Trisaia (Tommaso Candelieri, ndr)» che sarebbe stato in stretto contatto con l'ingegnere Giorgio Comerio, l'uomo incaricato «proprio dal Governo di trovare un modo su come seppellire sul fondo del mare» i residui delle ormai dimesse centrali nucleari.
E Giorgio Comerio il modo giusto per fare sparire tutto l'aveva trovato. I rifiuti sarebbero stati inseriti in contenitori a tenuta stagna, che poi sarebbero stati inabissati in mare.
Fatti tutti i suoi studi Comerio sarebbe, poi, «stato bloccato dal Governo» e avrebbe continuato «per suo conto».
E quel «ha continuato per suo conto» ha portato, su esplicita domanda di Felicia Genovese, - all'ammissione da parte di Francesco Fonti che ben due navi sarebbero state fatte affondare nel tratto di mare compreso tra «Scanzano e Ginosa», mentre i “siluri” sarebbero stati inabissati sui fondali antistanti «Metaponto».
Quindi «se noi - domanda la Genovese - dovessimo andare in fondo al mare troveremmo qualche cosa?». La risposta è un perentorio «sì».
Fonti è un fiume in piena. Passa dall'interramento dei fusti all'affondamento delle navi, fino ai bidoni finiti in Somalia.
Il «punto di contatto - si legge nel verbale - è che tutto è partito dall'Enea».
Insomma «il Centro Trisaia era una specie di centro di raccolta» di rifiuti «che provenivano dall'Italia e anche dall'estero». E da Rotondella venivano poi smistati all'estero. Soprattutto in Somalia e Mozambico.
Rifiuti occultati «in bidoni di plastica» di colore «giallo» e trasportati in un arco di tempo che va dalla metà degli anni '80 al 1997.
Nel 1987 avviene l'interramento, in provincia di Matera, di alcuni fusti. Siamo nel mese di febbraio quando 40 camion escono dal centro Trisaia.
«Quaranta camion che hanno trasportato questi bidoni fino al porto di Livorno» E da Livorno «sono partiti per la Somalia».
Quando questi camion sono stati caricati «una parte è andata verso Pisticci», gli altri hanno proseguito verso nord.
Ma è sui rifiuti interrati in Basilicata che insiste Felicia Genovese che mostrando una cartina stradale della regione chiede a Fonti di indicarle, passo passo, il tragitto seguito fino al punto in cui i bidoni gialli di plastica sono stati seppelliti.
Un viaggio lungo la Basentana fino allo svincolo di «Bernalda».
Poi imboccata una strada secondaria «dopo dieci chilometri» c'era «una specie di silos» oltre il quale si trova «il greto del fiume». E lì «c'era una grande buca, già fatta». E in quella buca «abbiamo scaricato».
Dai fondali ai fondi agricoli, è sempre questione di andare a fondo.
Alessia Giammaria (Fonte Quotidiano della Basilicata)

mercoledì 16 settembre 2009

Navi, Procuratore Pace: "Confermate tesi anni '90 mia e di Franco Neri"

Secondo il Procuratore capo di Brescia, Nicola Pace, quanto emerso dalle indagini sulla nave Kunsky affondata al largo delle coste calabresi, ''ha tutta l'aria di essere una conferma ai risultati investigativi ottenuti dalla procura di Matera'' di cui negli anni novanta era capo ''e di Reggio Calabria, con il pm Francesco Neri''. Il procuratore Pace spiega anche che ''all'epoca risultava gia' evidente, benche' non comprovato da elementi oggettivi, l'affondamento doloso di 42 navi con carichi di rifiuti anche radioattivi. Questo nell'ambito di un'attivita' delinquenziale posta in atto durante un'altra apparentemente legale''. Nell'indagine cui prese parte il magistrato bresciano, in particolare, emersero dati interessanti sulla presenza di una di queste navi, la ''Rigel'', a circa 2.400 metri di profondita', a Capo Spartivento, nello Ionio calabrese. Le operazioni di accertamento e di recupero sarebbero state particolarmente difficoltose e onerose e, nonostante la segnalazione al ministero della Giustizia, non si riusci' a procedere. All'origine dell'affondamento di navi radioattive vi sarebbe stata un'attivita' delinquenziale posta in essere da persone che avrebbero finto di ricorrere a un metodo scientifico e legale, allora individuato, per lo smaltimento di scorie radioattive. Si sarebbe dovuto procedere alla loro incapsulazione in siluri da spedire a velocita' altissima in fondali molto profondi e soprattutto fangosi, facilmente penetrabili. Qualcuno, venuto a conoscenza del progetto, sarebbe riuscito a ottenere le scorie da smaltire e il relativo indennizzo, agendo poi senza scrupoli attraverso l'affondamento di carrette del mare nel Mediterraneo, ma anche nell'alto Adriatico e nello Ionio. Tra gli investigatori impegnati allora vi fu anche il personale del Corpo forestale in servizio a Brescia che veniva chiamato, per l'alta competenza, anche in altre province. Il procuratore capo di Brescia ricorda con particolare commozione, infine, la morte, ufficialmente per cause naturali, del capitano Natale de Grazia, allora impegnato nel censimento delle navi al centro delle indagini. (ANSA).

martedì 15 settembre 2009

Labriola: Leone e quel appalto strano dell'asilo

Oggi aprono le scuole di ogni ordine e grado con una novità che è quella di molti docenti che quest’anno rimarranno senza lavoro , di questi una parte consistente sono cittadini residenti a Policoro. Secondo i dati FLC CGIL il personale scolastico di Policoro che rimarranno senza lavoro saranno all’incirca 50 tra incarichi annuali e supplenze brevi. Una propria iattura per questa città, se si pensa che ormai anche i settori tradizionalmente trainanti della nostra economia come dell’edilizia e l’ agricoltura sono investiti da una crisi senza precedenti. Ed propria partendo da questa lettura della realtà , che è nata la proposta avanzata dal Consigliere del PD Labriola di un consiglio comunale aperto affinché si apra un dibattito che non serva solo ad solidarizzare con i precari ma anche per proporre iniziative e provvedimenti che possano contribuire alla soluzione di questo problema . Proposta che si è scontrata fino adesso con l’indifferenza sia della giunta che dell’assessore del ramo Rocco Leone.
Anzi , racconta Labriola , l’assessore ci sta mettendo del suo a complicare un quadro già di per se difficile . Dopo dieci anni di lodevole servizio , ai precari storici della scuola rischiano di aggiungersi altri 10 operatori dell’asilo nido di Policoro che rimarranno senza lavoro, e soprattutto mettendo in forse il regolare avvio dell’apertura della struttura e la qualità stessa del servizio. Il nuovo bando fatto predisporre dall’assessore , che con la scusa di una maggiore flessibilità dell’orario ( bastava per questo una semplice norma da introdurre nel regolamento) nasconde invece secondo Labriola il vero obbiettivo , che è quello di aumentare il rapporto bambini-operatrici che consentirebbe un minore esborso per le casse comunali , non tenendo conto della qualità del servizio , che non è solo sorveglianza come la vuole ridurre l’assessore ma anche un percorso didattico pedagogico , fino ad oggi garantita dall’asilo di Policoro , servizio universalmente riconosciuto come eccellente da tutta la comunità. Su tale punto pende anche un quesito posto alla regione , in quando questo rapporto non rispetta quello indicato dal piano sociale regionale , che se venisse accolto metterebe in forse il contributo regionale per l’asilo con tutte le conseguenze che questo comporterebbe. A questo potremmo già preannunciare ricorsi al Tar delle cooperative escluse , visto le macroscopiche illegittimità del bando con il reale rischio che oltre al danno di nuovi disoccupati ci sarebbero i danni ai bambini ed alle loro famiglie.
La stessa legittimità della commissione è messa in discussione perché ne farebbero parte persone senza titolo. Certo Leone non è nuovo a queste operazioni, quello di far pesare il dissesto finanziario del comune , grazie anche a viaggi viaggetti e tappetini , sulla pelle delle famiglie , basti pensare che il comune non garantisce più l’operatore sui pullman per i bambini diversamente abili del centro diurno.

E adesso ammazzateci tutti…..di tumori.


Uccidono più i tumori della mafia nella nostra sfortunata terra. Speriamo che ai più non sia sfugita la correlazione tra il ritrovamento in Calabria delle navi dei veleni e la storaia riguardante un piccolo paesino della Basilicata ai confini della Calabria, dove esiste un piccolo sito archeologico, risalente all’epoca delle colonie greche, distrutto dalla potenza militare dei locresi. Questo sito è Sibari nei pressi della Trisaia di Rotondella. Ma la notiziola non riguarda il sito archeologico, sconosciuto a tanti, ma Rotondella. Le giornate di Scanzano,a pochi chilometri da Rotondella, riguardano la nostra recente storia, dimenticata anche questa dai più. Qui si volevano portare tutte le scorie nucleari d’Italia. La forza del popolo lucano fece fare marcia indietro all’allora governo Berlusconi e su Scanzano non arrivarono più scorie. Ma a Rotondella le scorie rimasero. Difatti in questo sito esiste, da almeno trent’anni un deposito nucleare. Piccolo , ma nucleare. E come al solito ci vuole sempre un pentito di mafia perchè le storie ritornino a galla. Il pentito della 'ndrangheta aspromontana rivela di aver avuto contatti con dirigenti dell’Enea, l’ente che gestisce il sito nucleare, perché sotterrasse, per 600 milioni di vecchie lire, 600 bidoni radioattivi nelle montagne dell’Aspromonte. La tariffa forse era un milione di lire a bidone. Da queste rivelazioni le informazioni di garanzia a otto funzionari ed ex funzionari dell’ente. A ipotizzare i reati la magistratura antimafia di Potenza . Reati da far accapponare la pelle: produzione clandestina di plutonio. Il plutonio è l’elemento base per la costruzione di bombe nucleari. Una “quisquilia” direbbe Totò. Ma di queste “quisquilie” si era occupata già la magistratura potentina nel 2001 a seguito di altre rivelazioni da parte di pentiti di mafia. Addirittura si ipotizzò, e fu il Pm Montemurro ad ipotizzarlo, che la criminalità organizzata avrebbe prelevato materiale nucleare per cederlo ad acquirenti collegati all’ex raìs iracheno, Saddam Hussein. Nel mirino, ora come allora, l’impianto Itrec pensato per il trattamento del combustibile nucleare irraggiato. E se l’Enea ha sempre ribadito che non vi è mai stata presenza di plutonio e che nessun «collo» all’uranio è mai uscito dalla struttura lucana, gli inquirenti pensano che forse non è proprio così e che alcuni clan della ’ndrangheta possano aver «lavorato» su commissione. Ma su questa questione lavorò addirittura un giornalista di un giornale scozzese. Tale Nic Outterside, che l’8 marzo del 1996 denunciò la scomparsa dall’impianto di Rotondella , di circa 25 chili di ossido di uranio. Su questa storia lavorarono due magistrati , uno di questi, era il procuratore capo di Matera Nicola Maria Pace che nel 1998 , senza andare a gridarlo ai quattro venti o ad Anno Zero, portò alla condanna di ben cinque dirigenti dell’Enea due dei quali lavoravano nell’impianto della Trisaia a Rotondella. Di cosa venivano accusati i cinque ? Di non aver avvertito le autorità e la cittadinanza di uno scarico radioattivo nel mare a causa della rottura di una tubatura e di non aver denunciato che all’interno dell’impianto della Trisaia vi sono dei rifiuti radioattivi superiori al carico consentito. Dopo la denuncia , stranamente, il procuratore viene trasferito a Trieste. Per quel trasferimento non nacquero comitati . Né il procuratore gridò allo scandalo accettando silenziosamente tale trasferimento. L’inchiesta passò insieme a tutti i dubbi al procuratore di Potenza dott. Galante. Il problema in definitiva qual’era. Se è vero che si è venduto plutonio, vuol dire che all’interno dell’impianto si lavorava questo tipo di produzione in modo nascosto ed incontrollato, e di conseguenza si accumulavano rifiuti da riconvertire. La zona diventava di conseguenza ad alto rischio ambientale e sarebbe stato logico che le popolazioni venissero avvertite vicino a che tipo di impianto dormivano, vivevano, lavoravano, facevano andare i figli a scuola . Tali dubbi vennero in seguito confermati dallo stesso magistrato Nicola Pace raggiunto nella nuova sede da due giornalisti di Famiglia Cristiana, Gianni Lannes e Luciano Scalettari .

. «Era un’indagine ampia – disse ai giornalisti Nicola Pace- . Ma il primo obiettivo era di valutare in quale maniera venissero gestiti i materiali nucleari e se vi potessero derivare pericoli per la popolazione e l’ambiente. Nel corso dell’inchiesta, poi, si sono aperti altri versanti investigativi, non meno preoccupanti. Abbiamo verificato che nel centro dell’Enea c’erano materiali che non risultavano in contabilità nucleare. Una decina di Barre RB-11 non registrate provenienti dal reattore di Monte Cuccolino, nei pressi di Bologna. E l’ENEA non fornì nessuna giustificazione. Un altro importante risultato investigativo, che esulava dalle attività della Trisaia, fu che acquisimmo atti da cui risultavano attività di smaltimento di rifiuti industriali e radioattivi non solo in mare, ma anche in una zona desertica del Nord-Africa. Una multinazionale con sede nelle Isole Vergini smaltiva rifiuti proponendo luoghi sicuri da occhi indiscreti, attraverso il sistema elaborato al Centro di Ispra (Varese), denominato , progetto Dodos. Finanziato da Stati Uniti e Giappone con 200 milioni di dollari. Un progetto che successivamente viene fatto proprio, in esclusiva, da Giorgio Comerio. La sua azienda, l’Odm, propone a vari Paesi la cessione di materiale radioattivo da smaltire con quel sistema. Poi un troncone d’indagine viene sviluppato insieme a Francesco Neri: riteniamo che siano state versate in mare scorie con l’affondamento preordinato di navi. “

E qui arriviamo alle nostre navi tossiche affondate nel Tirreno cosentino e nello Jonio. Le rivelazioni dei pentiti dell’aspromonte combaciano perfettamente con le altre notizie rivelate dal pentito del tirreno sulle navi affondate davanti a Cetraro. Ma il procuratore Nicola Pace disse ancora di più e parlò direttamente della morte del capitano di corvetta Natale Di Grazia. Quel capitano coraggioso e dimenticato da tutti, che indagava con il PM Francesco Neri cella procura di Reggio Calabria, sulla Jolly Rosso ed il traffico di materiale radioattivo. Disse Nicola Pace :

“ L’inchiesta fu funestata dalla morte di un investigatore, il capitano di corvetta Natale De Grazia. L’avevo salutato al telefono proprio il giorno della sua morte, il 2 dicembre 1995. Era uno dei nostri investigatori migliori. Stava andando a fare delle verifiche sui registri nautici e accertamenti sull’affondamento di alcune di quelle navi sospette. Era in viaggio con dei colleghi. Dopo cena, si erano rimessi in macchina, diretti a La Spezia. De Grazia, improvvisamente ha reclinato il capo . Né io né il collega Neri abbiamo mai avuto informazioni precise sui dati necroscopici. La morte viene indicata per collasso cardiocircolatorio. Ma è chiaro che tutti moriamo per questa ragione. Non è nota la causa. De Grazia aveva 39 anni, e non aveva patologie. Come militare era sottoposto a costanti visite mediche. La mia intima convinzione è che l’abbiano ucciso: era un ufficiale davvero in gamba, in procinto di scovare prove sull’affondamento delle navi. Nell’arco di due settimane avvennero diversi episodi inquietanti: alcuni "avvertimenti", la morte di De Grazia, le dimissioni dal Nucleo investigativo della Forestale di Brescia del suo capo, il colonnello Martini. E, in precedenza, avevamo scoperto a Brescia un camper da dove alcuni mediorientali muniti di telecamera filmavano i nostri movimenti. Fui anche avvicinato da un israeliano che si qualificò agente del Mossad, con tanto di tesserino, che m’invitava ad andare avanti. Insomma, capimmo che l’inchiesta suscitava troppe attenzioni. D’altro canto, tra le prove acquisite, c’era anche la documentazione secondo cui l’Italia nel 1978 ha ceduto all’Irak due reattori Cirene, che servono a ricavare plutonio . Il trattato di non proliferazione nucleare lo vieta. Inoltre, a Rotondella, negli anni seguenti c’era stata la continuativa presenza di personale iracheno, per apprendere la tecnologia».

Chissà se adesso con le nuove rivelazioni , provenienti dalla Basilicata tutto questo ritornerà a galla . Certo è che sia sullo Jonio che sul Tirreno si continua a morire di tumori. Tumori provenienti dal mare intossicato e radioattivo ma anche dai rifiuti sotterrati . E’ un epidemia vera e propria. Solo nella zona di Cassano Ionio, a pochi chilometri da Rotondella, dove vi fu il sotterramento di 35 mila tonnellate di ferriti di zinco provenienti dalla Pertusola di Crotone, destinati ad un impianto i casi di tumore sono aumentati dell’82%. I casi accertati nel 2003 sono stati 62, 113 quelli fra il 2003 ed il 2006. I casi del 2007 fino ad oggi sono otto , quindi con un aumento complessivo del 92%. Com’è possibile che in una terra dove non esistono fabbriche inquinanti e l’aria dovrebbe essere pulitissima si muore di tumore piuttosto che di vecchiaia ? E non sono pochi i casi di tumore in tutta la calabria. Secondo dati forniti dal Ministero della Sanità, in Calabria nell’ultimo triennio i casi di tumore sono stati ben 6338, di cui 2154 uomini e 1324 donne. Di questi sono deceduti il 62% degli uomini ed il 46% delle donne. Ricordiamo e ce ne siamo occupati più volte in questo giornale, che i processi intentati agli autori del sotterramento delle ferriti di zinco, ben individuati e tutti a piede libero, sono in via di prescrizione, non certo per l’indulto ma per le lungaggini e le pastoie burocratiche della nostra legislazione. Comitati per questi processi non ne sono mai sorti , né si sono aperti siti tipo www.adessomoriremotuttiditumore.org.
Articolo Di Francesco Cirillo

lunedì 14 settembre 2009

Scanzano J.: Ma questo sito potrebbe essere adatto per una centrale nucleare

SCANZANO JONICO. «Scanzano non è sicuramente idoneo come deposito di superficie di scorie. Potrebbe essere adatto, però, all’ubicazione di una centrale nucleare». Il parere è di una fonte tecnica regionale che ha chiesto di mantenere l’anonimato per rispetto verso le sfere politiche «che debbono ribattere agli attacchi su questo argomento portati contro la Basilicata». E, ieri, a stretto giro dalla pubblicazione della lista con dieci località, con Scanzano, tra cui scegliere le quattro dove costruire centrali atomiche, è arrivato il «no insuperabile» del presidente Vito De Filippo ad un insediamento atomico nella nostra regione. La chiamata all’autorevole fonte, tuttavia, è stata giustificata dalla possibilità che proprio negli ambienti tecnici si sviluppino scelte che riguardino Scanzano. Se il nome di questo comune torna sempre quando si tratta di questi argomenti significa che esso circola tra gli addetti ai lavori. «No – ha risposto il nostro interlocutore –. Dopo la battaglia antiscorie del novembre 2003 il nome di Scanzano non è circolato negli ambienti interessati a queste scelte. Scanzano non è idoneo come deposito di superficie. Non è così, però, come sito per centrali nucleari che vanno fatte vicino al mare ed in luoghi poco abitati. Il problema vero è che se il Governo intendeva parlare in modo serio non doveva indicare i siti individuati come di interesse strategico militare. Una scelta preoccupante. La politica regionale deve farsi sentire». F. Mele
Centrali nucleari e depositi di scorie? «Niente di vero»
«Si allungano ombre oscure sulla scelta dei siti dove ubicare centrali nucleari nel nostro Paese». Vito De Filippo, presidente della Regione, ha fatto sentire ancora un volta la sua voce sullo stillicidio di notizie, martellanti, che riportano sempre Scanzano tra le località dove il Governo vorrebbe insediare siti nucleari. L’ultima, la pubblicazione di una lista comprendente Monfalcone (Gorizia), Palma (Agrigento), Oristano, Chioggia (Venezia), Caorso (Piacenza), Trino Vercellese (Vercelli), Montalto di Castro (Viterbo), Termini Imerese (Palermo), Termoli (Campobasso) e, appunto, Scanzano. Lista che sarebbe sotto forma di bozza elaborata dal gruppo di tecnici incaricati dal ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola (Pdl), di individuare le aree idonee alla ubicazione di quattro centrali. L’elenco ha colpito perché comprende località vicine al mare ed alcune già sedi di vecchie centrali o di impianti dismessi. Il presidente della Giunta regionale, però, ha tagliato corto su Scanzano, già indicato, nel novembre 2003 dal Governo Berlusconi allora in carica, come deposito unico delle scorie radioattive d’Italia: «Non so se considerare la cosa inquietante o ridicola. Abbiamo notificato a più riprese il nostro insuperabile “no” per qualsiasi sito nucleare in Basilicata. Abbiamo già dato molto e nel settore energetico c’é un debito grande dell’Italia verso questa regione. Pur sapendo - ha concluso De Filippo - che, da un po’ di tempo, in questo Paese tutto è possibile, confidiamo fiduciosi che dietro questa notizia non ci siano mani istituzionali». E non si sono fatte attendere le reazioni a livello parlamentare. Il sen. Roberto Della Seta (Pd), ex presidente di Legambiente, ha dato credibilità alla lista: «La bozza sui piani nucleari del Governo circola da diversi giorni e non c’è traccia di smentita di Scajola sulla sua veridicità o meno. A prescindere da come si giudichi la scelta del ritorno al nucleare è innegabile che il Governo confermi che voglia agire “manu militari”, stilando una prima lista e lasciando poi libere le imprese di proporre i siti dove costruire le centrali». Sul piano locale, inoltre, gli amministratori comunali hanno ripetuto che si opporranno «sino a lasciarsi sparare addosso» alla ubicazione a Scanzano del deposito di scorie o di una centrale atomica. Ma il ministro Scajola, ieri a Bari per l’inau - gurazione della Fiera del Levante, ha sentenziato: «Si tratta di chiacchiere, chiacchiere, chiacchiere: stiamo lavorando sui criteri che un territorio deve avere per l’ubicazione di una centrale nucleare, non sui luoghi. Lavoro che si concluderà a febbraio». F. Mele (articoli Tratti dalla Gazz. Mezzogiorno)

giovedì 10 settembre 2009

Policoro:la discarica nel centro della città.




Quasi un anno fa su questo blog abbiamo segnalato all’amministrazione l’esistenza vicino al liceo E. Fermi di una vera e propria discarica abusiva. Parte della discarica ormai è coperta dall’ erba , erba che rappresenta un altro pericolo , infatti pochi giorni fa un principio di incendio ha costretto i vigili del fuoco ad intervenire. Tra l’altro non solo si continua a scaricare il tutto e il contrario di tutto , ma si teme che vi siano anche sostanze che possono inquinare le falde e comunque sostanze potenzialmente pericolose per l’abitato circostanze. Dopo un anno nulla è cambiato , anzi la situazione è peggiorata. Chiediamo all’amministrazione di bonificare l’area , alle autorità di vigilare ritenendo vergognoso per una città che ambisce ad essere la perla del metapontino o come dice il nostro amato Lopy la Dubai dell'europa , avere una latrina nel cuore del paese.

mercoledì 9 settembre 2009

E si riaffaccia la paura nucleare. Itrec di rotondella come deposito di scorie nucleari?


FILIPPO MELE
•SCANZANO JONICO. Crescono le paure “nucleari”, soprattutto nel Metapontino. E questo man mano che il Governo va avanti nel suo programma di ritorno alla produzione di energia atomica. Così, ieri, a Rotondella, davanti ai cancelli del centro di ricerche dell’Enea (Ente nazionale per le energie alternative) e del dismesso impianto di riprocessamento di scorie Itrec, si è svolta una assemblea dei lavoratori convocata dalla Flc Cgil, mentre a Scanzano Jonico l’associazione ScanZiamo le scorie ha chiamato i suoi iscritti a “serrare i ranghi”. Andrea Feo, delegato Cgil del centro Enea, ha spiegato: “A Rotondella, tra Enea e Sogin (la spa pubblica che sta smantellando l’Itrec inattivo dal referendum del 1987, ndr), siamo in 250, di cui 190 dipendenti Enea ed Enea comandati a Sogin e 60 alle dirette dipendenze di questa società. Quattro anni fa i 190 di oggi erano 250. Abbiamo perso 60 unità lavorative. Alcuni edifici, come quello dove si studiava la robotica, sono stati chiusi. E molte attrezzature sono stati trasferite in altri centri. Siamo ad un continuo impoverimento della Trisaia”. E la cosa diventa più grave poiché l’ente è in fase di commissariamento con la legge 99 che l’ha trasformato in Agenzia per l’energia che si occuperà anche di nucleare. Sara così anche qui? La Cgil ha paventato che nella mancanza assoluta di progetti e prospettive per il centro lucano non rimangono che le scorie dello smantellamento dell’Itrec più le barre del combustibile del ciclo uranio - torio. Insomma, pare di essere di fronte al passaggio indolore, senza neanche dichiararlo, di Rotondella da centro di ricerche a deposito di scorie. Sulla vicenda, ovvio, è molto alta l’attenzione della civica amministrazione presente all’assemblea con il sindaco, Vicenzo Francomano (Pd). Intanto, a Scanzano Jonico, l’asso - ciazione ScanZiamo le scorie, che ancora occupa il campo dove nel 2003 si voleva realizzare il deposito unico delle scorie nucleari d’Italia, ha chiamato i suoi iscritti alla vigilanza. “La notizia del commissariamento della Sogin – ha sostenuto il presidente Donato Nardiello - è un salto nel buio del passato che non offre tranquillità. Si sono rianimati vecchi personaggi a noi noti come firmatari dello squallido studio Sogin per il deposito a Terzo Cavone. Tale situazione giustifica la necessità di continuare ad essere vigili e pronti ad agire affinché si possa scongiurare qualsiasi pericolo che minacci lo sviluppo sociale ed economico del nostro territorio”.

martedì 8 settembre 2009

Policoro:dopo le trivelle in mare fermiamo le estrazioni sulla costa Jonica e nell'entroterra

Saggie osservazioni presentate dalla regione Basilicata al Ministero dell'ambiente sulle trivellazoni in mare dopo aver ascoltato la voce delle associazioni ,dei sindaci e degli operatori economici dello Jonio , auspichiamo che il Ministero dell'Ambiente cancelli definitivamente la concessione petrolifera nel mar Jonio senza dover di anno in anno opporci a nuove richieste da parte di altre società petrolifere. Auspichiamo altrettanta saggezza anche sulla terraferma e proprio sulla costa jonica dove proprio a Policoro in pieno ferragosto la Regione ha autorizzato un pozzo petrolifero vicino ad abitazioni,pozzi del consorzio di bonifica e attività agricole intensive. Sono inoltre ben 5 i titoli di concessione e 2 i permessi diricerca vigenti che riguardano la costa ionica lucana ed ilsuo immediato entroterra. Alle concessioni di coltivazione già esistenti con 23 pozzi attivi che estraggono gas denominati Nova Siri Scalo (Gas Plus Italiana), San Teodoro(Medoilgas Plus Italia), Recoleta (Gas Plus Italia),Scanzano (Medoilgas Plus Italia), Policoro (Gas Plus Italia)si aggiungerebbero i due permessi di ricerca denominati Masseria Gaudella (situato tra la costa ionica el’immediatoentroterra di Bernalda, Pisticci – Società Medoilgas Plus Italia) e Montalbano (Medoilgas Civita –Vega Oil e Gas Natural Exploraction). Serve subito un confronto aperto tra popolazioni e istituzioni per scrivere regole definite sulle estrazioni petrolifere non solo in mare ma sopratutto sulla terraferma e sulla costa Jonica .In termini proprio di democrazia , le estrazioni segneranno il territorio e le economie locali per sempre per cui nelle scelte vanno coinvolte massicciamente le popolazioni e non esiste in merito il potere delle regioni o dello stato che decidono a priori sulla testa dei cittadini , qui esiste uno specifico interesse delle multinazionali del petrolio e un aleatorio interesse nazionale . In termini ambientali vanno scritte le regole su dove è possibile trivellare come avviene in altre nazioni(negli USA è proibito trivellare a 160 Km dalle coste,parchi ,centri abitati e sono proibiti i centri oli perchè ritenuti altamente inquinanti) , il liberismo petrolifero fa enormi danni all'ambiente, all'economie locali e alla salute dei cittadini (vedi trivelle lungo le coste ,vicino alle abitazioni,bacini idrici,centri nucleari ,parchi,aree agricole e turistiche) .In termini di sicurezza per la salute delle popolazioni ,occorre più trasparenza sui processi di estrazione e lavorazione del petrolio , e leggi regionali e nazionali che limitino le emissioni inquinanti riportandoli almento a quanto prevede l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) vedi il caso dell'idrogeno solforato (0,005 ppm -parti per milione secondo OMS e 30 ppm per l'industria petrolifera italiana,ossia 6000 volte superiore).Per poi terminare sulle questioni economiche collegate alle attivittà estrattive, i lucani non svendono il proprio territorio e le proprie economie per pochi centesimi di sconto sulla benzina, il gioco deve valere la candela e se qui si rinuncia all'agricoltura il gettito economico deve essere così elevato non solo da sostenere i redditi delle famiglie( così come accaduto in Alaska , dove i redditi si sono declupicati) ma deve essere tale da creare in futuro alternative economiche ( vedi il Texas dove si è rinunciato al turismo , ma sono tutti ricchi per le royalites petrolifere) .Proprio in termini di federalismo (promosso proprio dall'attuale governo) se distruggiamo le economie locali che ci sostengono non potremo in futuro pagarci nememno le scuole e gli ospedali .Nel frattempo dopo aver estratto tutto il petrolio , distrutto agricoltura e turismo e con l'emigrazione che avrà raggiunto livelli paurosi , qui in Basilicata non resterà che un arido deserto dove potranno campeggiare allegramente le lobby dei rifiuti e delle scorie nucleari .

TRIVELLAZIONI, SINDACO POLICORO: SIAMO FERMAMENTE CONTRARI

“La posizione della Regione Basilicata acettata dal ministero dell'ambiente , contraria alle trivellazioni nel mar Jonio, viene salutata positivamente dal sindaco di Policoro Nicola Lopatriello che afferma: “Siamo fermamente contrari alle perforazioni in mare perché ritengo che sia un’ulteriore violenza del territorio e un danno per tutto il turismo del comprensorio. Già in un recente Consiglio comunale ci eravamo opposti con un documento approvato all’unanimità. Oltre all’aspetto ambientale – prosegue - mi preme sottolineare la grande sinergia istituzionale: Comune, Provincia, Regione, Governo su temi che stanno a cuore a tutti i cittadini, mettendo da parte posizioni politiche divergenti e guardando all’orizzonte comune che sono appunto gli interessi collettivi e restituendo “sovranità” al territorio che troppe volte ha subito passivamente decisioni discutibili su temi di varia natura”.bas 02

domenica 6 settembre 2009

Matera:«Suina», tre casi rischio psicosi anche da noi

In Basilicata nove in tutto, di cui tre casi in provincia di Matera. «Niente panico. Ci siamo mossi per tempo per essere pronti ad affrontare l’influenza da virus A/H1N1 o suina o messicana». Giuseppe Montesano, direttore sanitario della Asm, si mostra tranquillo di fronte a quella che molti paventano come una bufera che investirà le strutture sanitarie del Paese nella massima espansione della virosi. E ciò anche in base all’impatto, sinora, con Matera e provincia della “suina”. “Sì. Abbiamo avuto tre casi con diagnosi certa ricoverati presso l’Unità operativa di malattie infettive. L’ultimo, una decina di giorni fa. I tre colpiti non avevano relazioni fra loro. I casi si sono verificati nell’arco di 10 giorni». Avete avuto anche casi probabili? «Sì. Sono stati gestiti a domicilio poichè avevano una diagnosi di probabilità ma sono guariti prima del test specifico. Si trattava di persone venute in contatto con un caso certo». A Policoro si è parlato di un paziente ricoverato a Matera ed entrato in coma. Vox populi? «I tre casi sono stati trattati in modo efficace e risolutivo. Smentisco che uno di loro sia entrato in coma per influenza da A/H1N1». Un cittadino che riterrà di aver contratto la “suina”, magari perché accuserà i sintomi dell’influenza “cla s s i c a ”, come dovrà comportarsi?«Dovrà fare riferimento al suo medico di medicina generale perché la Asm gestirà la problematica loro tramite. Con loro ci sarà un continuo rapporto informativo–formativo. Conviene avere questi medici come riferimento perché, altrimenti, si correrà il rischio di intasare gli ospedali. Che, quando si scatenerà la pandemia, debbono essere disponibili per i ricoveri». Il medico di famiglia che ha il sospetto di avere di fronte un soggetto con sospetta “suina” cosa dovrà fare? «Inviare il paziente o ai pronto soccorso degli ospedali di zona, che hanno il loro protocollo, o all’Unità di malattie infettive di Matera». A Matera avete i kit per la diagnosi di certezza? «No. La diagnosi la fanno a Bari anche se i campioni da esaminare vengono prelevati da noi».Si porrà anche il problema di pazienti che non potranno andare in giro per reparti? «L’iter dei sospetti è medico curante, pronto soccorso, malattie i n f e t t ive » . La Asm è attrezzata per affrontare la situazione? «Abbiamo strutture ospedaliere adeguate, un reparto di malattie infettive, due servizi di prevenzione per la vaccinazione. Crediamo che non ci saranno particolari difficoltà».

F.Mele (tratto dalla Gazz. Mezz.)

VIRUS, SIMONETTI (PRC): PREDISPORRE UN PIANO REGIONALE
(ACR) - Un piano regionale per affrontare in Basilicata la “nuova influenza”, attraverso una campagna di informazione, la definizione di azioni per la somministrazione del vaccino, l’istituzione di centri di stoccaggio, misure adeguate di prevenzione, è stato sollecitato dalla presidente del Gruppo Prc in Consiglio regionale Emilia Simonetti.
Nel sottolineare che “sulla base dei dati ufficiali sono state sette le persone contagiate dal virus AH1N1 in Basilicata, ma sono tutte guarite (prevalentemente ragazzi di ritorno da viaggi all'estero effettuati per studio o per vacanza) e che sono in totale 80mila le dosi di vaccino su cui può disporre sinora la sanità lucana”, Simonetti sostiene che “senza alcun allarmismo, è necessario però tenere conto degli aspetti medici del virus con circa duemila casi di nuova influenza accertati in tutta Italia. Bisogna considerare che molte persone vengono contagiate senza accorgersene, o si ammalano di una forma lieve, che viene curata con qualche semplice rimedio. Perciò i contagi sono molto più numerosi dei casi accertati”.
“Per questo – aggiunge la presidente del gruppo Prc - come è già avvenuto ad opera della Regione Toscana si tratta di preparare il piano contro la nuova influenza ipotizzando la situazione peggiore, quella che richiederebbe nella fase ipotizzata di più acuta emergenza (tra novembre 2009 e gennaio-febbraio 2010) non solo un’intensificazione della vaccinazione ma anche un aumento dei posti letto negli ospedali e comunque un numero maggiore di personale sanitario (medico ed infermieristico). Altri interventi, ai quali pensare per tempo, si riferiscono alle strumentazioni in dotazione ad ospedali e strutture sanitarie, tra i quali nuovi respiratori artificiali da aggiungere a quelli già presenti nelle unità di rianimazione degli ospedali lucani”.
“E’ evidente – dice Simonetti - che un ruolo rilevante per contrastare la pandemia e tranquillizzare i cittadini spetta ai medici di famiglia e ai pediatri mentre dal governo si attendono indicazioni precise sulla strategia per combattere la Nuova influenza, soprattutto per quanto riguarda il vaccino. Infine, visto che la malattia potrebbe essere molto diffusa ma generalmente blanda, si vuole evitare che persone senza problemi particolari finiscano ad intasare i pronto soccorso. Anche per questo sarà fondamentale il lavoro dei medici che stanno sul territorio”.